Violenze sulle Sentinelle in Piedi: lo sdegno di mons. Negri

L’arcivescovo di Ferrara-Comacchio commenta gli attacchi di domenica 5 ottobre: “Vicenda triste ma anticipata. Da 50 anni questi facinorosi percuotono gli altri accusandoli di fascismo”

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Anche mons. Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara–Comacchio, ha voluto esprimere il suo sdegno per gli attacchi e le percosse subite dalle Sentinelle in Piedi mentre, il 5 ottobre, in molte città italiane, “manifestavano silenziosamente e dignitosamente per il grande valore della vita e della libertà umana”.

In un comunicato il presule definisce la vicenda “triste ma largamente anticipata”. “Per oltre cinquant’anni – sottolinea Negri – questi facinorosi, che percuotono gli altri accusandoli di essere fascisti, me li sono visti davanti in tutti gli ambiti in cui la vita professionale e pastorale mi ha posto, soprattutto le scuole e le università, dove ho tentato – credo in modo positivo – di aiutare migliaia di giovani a recuperare la propria identità cattolica e a vivere una presenza cristiana nell’ambiente animata dalla verità della fede e da una grande capacità di carità e di incontro con gli uomini”.

L’arcivescovo spiega di essersi sempre riconosciuto nel brano della Centesimus Annus    in cui San Giovanni Paolo II afferma che “quando la chiesa lavora per la libertà non lo fa solo per se stessa ma per tutti gli uomini, i popoli e le nazioni”. “Questi margini di libertà sono evidentemente in progressiva riduzione nel nostro Paese, contrariamente al dettato costituzionale che mette la libertà personale e sociale a fondamento dell’intero ordinamento democratico”, aggiunge mons. Negri.

E rimarca che “molti, a partire dalle Istituzioni, devono riflettere su questo degrado che oggi vede una sempre maggiore difficoltà della libertà ad essere praticata sull’intero territorio nazionale”. Lo stesso devono fare gli organi di stampa, perché “questa notizia è stata evidentemente e volutamente eliminata. Quella stessa stampa che ci satura di informazioni sulle partite di calcio e di dettagli sulle effusioni dei personaggi dello spettacolo e della politica”.

L’arcivescovo di Ferrara-Comacchia ritiene quindi “che il popolo cattolico debba restare saldo nella sua adesione ai principi della dottrina sociale della Chiesa e disponibile ad una presenza nella vita della società che dimostri come l’amore alla propria libertà può divenire lavoro, fatica e sofferenza affinché questa stessa libertà non venga tolta o ridotta a nessuno”.

“Chi – conclude il presule – sta lavorando, nel mondo cattolico, ad una progressiva riduzione dell’esperienza cristiana a spiritualismo soggettivista e privato, eliminando ogni tensione alla presenza dei cattolici nella vita culturale e sociale, forse dovrebbe sapere che sta assumendosi una gravissima responsabilità di collusione nei confronti di questa situazione. Si tratta di una responsabilità che ciascuno porterà davanti alla propria coscienza e davanti al Signore Gesù Cristo”.

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ZENIT Staff

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