Vietato a vescovo messicano di celebrare una Messa per i migranti

Mons. Rojas Lopez, vescovo di Tabasco, è stato fermato alla frontiera del Guatemala dal Servizio della Dogana e dell’Istituto nazionale della Migrazione messicani a causa di “presunto intralcio al traffico”

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“Avete cinque minuti per andarvene”. Gli agenti del Servizio della Dogana e dell’Istituto nazionale della Migrazione messicani non hanno dato molte alternative a mons. Gerardo Jesús Rojas Lopez, vescovo della diocesi di Tabasco. Il presule si apprestava a celebrare una Messa dedicata ai migranti alla frontiera con il Guatemala, insieme a una decina di religiose e religiosi, fra cui frate Fray Tomás González, francescano, direttore della Casa del Migrante “La 72” di Tenosique.

Come riferito dall’agenzia Misna, il gruppo voleva officiare una Messa in memoria del massacro di 72 migranti centro e sudamericani perpetrato nell’agosto 2010 a San Fernando dal cartello della droga degli Zetas. Gli agenti però lo hanno impedito, a causa di “presunto intralcio al traffico”, come riferisce la stampa messicana.

Davanti al divieto, i religiosi hanno quindi chiesto il permesso di potersi spostare dall’altro lato della frontiera e sono riusciti così a realizzare la celebrazione in Guatemala. Nella sua omelia, il vescovo ha colto l’occasione per sottolineare un avvicinamento fra le diocesi di Tabasco e quella confinante del Petén.

E mentre il presule parlava, un gruppo di migranti sventolava uno striscione che recava questa scritta: “Dal 2009 al 2011 più di 20.000 persone migranti sono state sequestrate, con ricavi annui di 50 miliardi di dollari per il crimine organizzato. Tutto si racchiude in queste parole: abuso di autorità, violazione, estorsione, fame, rapina, furto, morte, mutilazione, dolore. Frenate questo olocausto”. Al termine della celebrazione, mons. Rojas Lopez ha benedetto la Casa del Migrante “La 72” e le centinaia di suoi ospiti.

Tempestiva la reazione della Santa Sede. Il vescovo ha subito ricevuto una lettera di solidarietà e incoraggiamento da parte del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Nel testo, il porporato, come collaboratore del Papa, ha espresso la sua vicinanza al presule messicano, approfittando della vicenda per sottolineare la comunanza delle problematiche pastorali e umanitarie legate ai flussi migratori in varie parti del globo.

L’episodio di ieri – osserva ancora Misna – giunge dopo la denuncia del Movimento migrante mesoamericano (Imm) che ha accusato Humberto Mayans Canabal, senatore del Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri) e coordinatore de “Attenzione integrale alla migrazione della Frontiera Sud del Messico”, di aver inasprito la politica migratoria innescando un clima di “terrore” contro i centroamericani privi di permesso, principalmente nella regione di Tenosique e Arriaga, in Chiapas.

“Da quando è arrivato Humberto Mayans è esplosa la violenza contro i migranti” ha dichiarato il portavoce del Movimento, Rubén Figueroa, aggiungendo che, da quando Mayans Canabal ha inaugurato il suo nuovo incarico, agenti dell’Inm e della polizia federale hanno intensificato le operazioni per impedire che i migranti centroamericani salissero sul treno merci conosciuto come ‘La Bestia’, obbligandoli di fatto a scegliere percorsi alternativi e più a rischio per raggiungere gli Stati Uniti. Frate Tomás ha denunciato che gli stessi agenti federali insultano e percuotono i migranti per impedirgli di prendere il treno; chi ci riesce viene violentemente costretto a scendere. 

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ZENIT Staff

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