Viaggio nella Russia del risorgimento cristiano

Patria dell’ateismo di regime durante il XX secolo, la Russia è oggi un propulsore di fede cristiana, ed è destinata a maturare solide relazioni con la Santa Sede

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Ci separano pochi giorni alla ricorrenza del 9 novembre. In quella data, nell’anno 1989, tra gente festante fu abbattuto il muro di Berlino. Fu una liberazione non solo per i tedeschi: insieme ad esso, iniziò a smantellarsi quell’ideologia atea e materialista che troppo a lungo soggiogò quasi l’intera Europa orientale. In ventiquattro anni di storia, l’Est Europa ha cambiato pelle. Di acqua ne è passata parecchia soprattutto nel Volga, il lunghissimo fiume di quella che all’epoca si chiamava ancora Unione Sovietica e che oggi, a seguito di rapidi mutamenti geopolitici, è tornata a chiamarsi con il suo nome tradizionale: la Russia.

Ma non solo nel nome la Russia ha riallacciato i fili con il suo passato. La caduta del comunismo, infatti, ha fatto riemergere quella continuità nazionale che durante l’impero sovieticosi era preservata soltanto sottotraccia, celata e talvolta apparentemente sopraffatta dall’ateismo di regime. Sistematicamente le Chiese cristiane venivano discriminate e represse a causa delle violente campagne antireligiose che perdurarono in Russia sino al 1990. Sino, per intenderci, all’attuazione di quel complesso di riforme che vengono indicate con il termine perestrojka.

Questo il commento di papa Giovanni Paolo II a questa fase cruciale della storia: «Non dobbiamo dimenticare una cosa importante: non c’è stata solo una crisi del comunismo, c’è stata anche una perestrojka. E perestrojka, tra le tante cose, vuol dire anche conversione. Vuol dire che nella crisi e nella rottura, nel sommovimento che è avvenuto ed è in corso, c’è un elemento spirituale, un cambiamento interiore».

Oggi, a distanza di un paio di decenni da queste considerazioni, basta volgere uno sguardo approfondito verso la Russia per cogliere distintamente quell’elemento spirituale cui faceva riferimento il Beato Papa polacco. In quella che è stata, nel secolo scorso, la patria dell’ateismo, si assiste ormai a una dirompente rinascita della fede cristiana. Secondo un recente sondaggio, l’88% dei russi dichiara di credere in Dio e circa l’80% della popolazione è battezzata nella Chiesa Ortodossa: percentuali persino maggiori di quelle antecedenti alla rivoluzione bolscevica del 1917. Aumenta esponenzialmente anche il numero di vocazioni religiose e di popi, che nel 1940 erano rimasti appena in 500, in gran parte uccisi o internati nei gulag. Viceversa, risulta in forte calo il numero degli agnostici e degli atei. I “senza Dio” dichiarati non arrivano a raggiungere il 5%.

Numeri, questi, che testimoniano una controtendenza russa rispetto a ciò che sta avvenendo nel resto dell’Europa, dove la secolarizzazione avanza. Nella sola capitale Mosca, laddove vent’anni fa si contavano forse una dozzina di chiese aperte, oggi ve ne sono a centinaia (400/500) e tante altre sono in costruzione nell’ambito del progetto edilizio del 2011 chiamato “200 chiese”. Significativa la vicenda della chiesa di Cristo Salvatore, nel centro di Mosca, fatta saltare in aria da Stalin e sostituita da una piscina. Nel 1990 Gorbaciov autorizzò il Patriarcato di Mosca a ricostruire l’edificio che è stato terminato nel 2000, presentandosi oggi come una delle chiese più imponenti del Paese. Nel novembre 2011, più di 3milioni di fedeli (una cifra esorbitante) hanno sfidato temperature polari per venerare il Sacro Cingolo della Vergine giunto dal Monte Athos alla Cattedrale di Cristo Salvatore.

Una rinascita religiosa di siffatte dimensioni non poteva non coinvolgere anche chi detiene il potere. Ebbene, i leader politici russi appaiono oggi assolutamente coscienti del fatto che la resurrezione del proprio popolo, prima ancora che economica, è morale e spirituale. Da qualche anno, pertanto, si registra un’ascesa di gesti e atti concreti da parte del presidente russo Vladimir Putin di chiara impronta cristiana. Ve n’è traccia finanche nel linguaggio. Un esempio in tal senso è costituito dal telegramma d’auguri che Putin ha inviato a papa Francesco lo scorso marzo, all’indomani della sua elezione. «Ho fiducia – ha scritto il presidente russo – che una cooperazione costruttiva fra la Russia e la Santa Sede continuerà a svilupparsi sulla base dei valori cristiani che ci uniscono». Un riferimento concreto alla specificità cristiana che risulta ancora più eloquente al cospetto dei telegrammi, privi di richiami religiosi e tiepidamente filantropici, inviati da altri capi di Stato di nazioni europee.

Lo scorso 11 settembre, lo stesso Putin ha scritto un articolo indirizzato al popolo americano, pubblicato sul New York Times, il quale si concludeva con queste esplicite parole: «Ci sono nazioni grandi e piccole, ricche e povere, ci sono Paesi di antiche tradizioni democratiche e Stati che cercano ancora una propria strada verso la democrazia […] Siamo tutti differenti, ma quando invochiamo la benedizione del Signore non dobbiamo scordarci che Dio ci ha creati tutti uguali».

Al linguaggio politico si uniscono anche atti concreti che dimostrano il nuovo corso intrapreso dalla Russia e dai suoi governanti. Nel 2009, per esempio, furono i vertici della Federazione Russa ad appoggiare l’Italia nell’appello rivolto alla Corte europea dei diritti umani dopo che la stessa aveva sancito il divieto di esporre il crocifisso nelle scuole pubbliche italiane. Non un gesto di sostegno arrivò invece dai governi di Stati dell’Europa occidentale. Quegli stessi Stati, d’altronde, che hanno protestato formalmente con la Russia per l’arresto delle arcinote Pussy Riot, condannate in ottemperanza a una legge russa che sanziona bestemmie ed atti sacrileghi.

Quella vicenda ha dimostrato che anche su questioni di carattere morale, la Russia sta agendo in base a principi ben radicati. È d’uopo ricordare la nuova legge di tutela dell’infanzia, che vieta la propaganda omosessuale rivolta ai minori (in Occidente non si ha traccia di una legge simile dai tempi di governo di Margaret Thatcher e John Major, in Gran Bretagna). Si collocano in questa linea anche i 1.500miliardi di rubli che la Duma ha deciso di investire, nel 2011, in progetti demografici volti a incrementare il tasso di natalità dal 25 al 30% entro la fine del 2014. Parimenti, il parlamento russo ha inoltre votato dei provvedimenti che limitano gli aborti. Tuttavia, non c’è legislazione che tenga senza un piano di educazione sociale. È per questo che dal primo settembre scorso, dopo un lungo esilio di quasi cent’anni, la materia della religione è tornata d’obbligo nelle scuole elementari e medie di tutta la Russia.

La realtà appare dunque evidente. Quella potenza mondiale che nel XX secolo sembrava affermarsi per sempre come un enorme laboratorio di una “nuova umanità”, collettivizzata e priva di legami trascendenti, rappresenta agli inizi del Terzo millennio il propulsore di una rinascita della fede. Un asse tra Santa Sede e Russia finalizzato allo sviluppo culturale e religioso dell’Europa è oggi qualcosa di più concreto di una semplice ipotesi. La visita dell’ex presidente russo Dmitrij Medvedev a Benedetto XVI, avvenuta in Vaticano nel 2011, è solo il primo tassello di una relazione destinata a maturare. Nuovi importanti gesti sono attesi nel futuro prossimo.

Stando a un sondaggio, circa il 71% dei russi sarebbe favorevole a una visita di papa Francesco nella loro patria. E al di là del pur importante parere popolare, sembra che chi di dovere stia effettivamente lavorando per realizzare questa speranza, forse già prima o in contemporanea della Giornata Mondiale della Gioventù prevista a Cracovia nel 2016.

Del resto, lo disse Giovanni Paolo II: «Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna aver due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale».

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Federico Cenci

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