"Verità e bontà della coniugalità" (Seconda parte)

La Lectio magistralis del cardinale Caffarra nell’ambito dell’incontro “La Famiglia grembo dell’io”

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Riprendiamo oggi la seconda e ultima parte della Lectio magistralis tenuta giovedì 12 settembre al Teatro Auditorium Manzoni di Bologna dal cardinale Carlo Caffarra nell’ambito dell’incontro “La Famiglia grembo dell’io”, che ha aperto l’anno formativo 2013-2014 dell’Itinerario di Educazione Cattolica per Insegnanti promosso dall’Istituto Veritatis Splendor, in collaborazione con AIMC, DIESSE, FIDAE, FISM, FOE, UCIIM.

La prima parte è stata pubblicata ieri, venerdì 13 settembre.

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2. Il bene della coniugalità

Visto che cosa è la coniugalità, ora ci chiediamo quale è il suo valore, la sua propria e specifica preziosità. In una parola: la sua bontà

Prima di addentrarci nella seconda parte della nostra riflessione, devo fare una premessa assai importante. Esiste una verità sul bene della persona, che è condivisibile da ogni persona ragionevole. Che sa cosa significa “verità sul bene”? Non significa in primo luogo ciò che devi/non devi fare. E’ la percezione del valore proprio di una realtà [nel nostro caso la coniugalità].

Faccio un esempio. Vedendo la Pietà di Michelangelo, noi “vediamo” una bellezza sublime, la quale fa sì che quel pezzo di marmo sia unico: ha in sé un suo proprio valore. In questo caso: un valore estetico.

Alla domanda che cosa è il bene/che cosa è il male, la risposta non è semplicisticamente: ciò che ciascuno pensa sia bene/sia male, senza possibilità di una condivisione ragionevole di una stessa risposta da parte di più persone. Esiste invece una verità sul bene, che può essere scoperta e condivisa da ogni persona ragionevole. Noi ci chiediamo quale è il valore proprio della coniugalità, la sua preziosità specifica, la sua bellezza inconfondibile. Il bene che è la coniugalità ha due aspetti fondamentali.

Il primo. La coniugalità è una communio personarum (una comunione di persone). La bontà propria della coniugalità è una bontà comunionale. Vorrei ora farvi notare alcune dimensioni.

(a) Una tale relazione può darsi solo tra persone, e la base è la percezione della bontà, della preziosità propria della persona. I coniugi sono l’uno per l’altro persone.

(b) La comunione di persone che costituisce il bene della coniugalità non è basata su emozioni, su mera attrazione psico-fisica: di legami basati su questi fatti sono capaci anche gli animali. Solo le persone sono capaci della seguente promessa: «prometto di esserti fedele sempre, … tutti i giorni della mia vita». Solo le persone sono capaci di vivere in comunione, perché sono capaci di scegliersi in modo libero e consapevole.

(c) Solo la persona è capace di fare dono di se stessa e solo la persona è capace di accogliere il dono. La persona – e solo la persona – è capace di autodonazione, perché è capace di auto-possesso, in forza della sua libertà. E’ evidente che non puoi donare ciò che non possiedi, e la persona può possedere se stessa in forza della sua libertà. Ma la persona può anche rinunciare alla sua libertà, e mantenersi al livello di chi ultimamente si lascia condurre o dal mainstream sociale o dalle proprie pulsioni. La coniugalità è particolarmente esposta a questa insidia.

(d) La comunione di persone coniugale – autodonazione ed accoglienza reciproca – scende fino all’intimità della persona: al proprio Io. E’ la persona come tale che viene donata/accolta. Si ha qui forse il mistero più profondo della coniugalità. Voi sapete bene che la S. Scrittura indica il rapporto sessuale uomo-donna col verbo “conoscere”. Si vive una rivelazione di uno all’altro nella loro intima identità.

E’ in questo evento che può introdursi una sorta di indolenza, di pigrizia spirituale che impedisce ai coniugi di compiere quell’atto che può nascere solo dal loro centro spirituale e libero. A questo punto la comunione della persona si intorpidisce.

Il secondo aspetto della preziosità etica che è propria della coniugalità, è la capacità intrinseca ad essa di dare origine ad una nuova persona umana.

La possibilità di dare inizio alla vita di una nuova persona è inscritta nella natura stessa della coniugalità. E’ questa, nell’universo creato, la più alta capacità e responsabilità che l’uomo e la donna hanno. E’ uno dei “punti” dove l’azione creatrice di Dio entra nel nostro universo creato. Il tempo a disposizione non mi consente di prolungare la riflessione su questo tema sublime.

Conclusione

Due semplici riflessioni conclusive. La prima. Avete notato che mi sono ben guardato dall’usare la parola amore. Come mai? Perché è avvenuto come… uno scippo. Una delle parole chiavi della proposta cristiana, appunto amore, è stata presa dalla cultura moderna ed è diventata un termine vuoto, una specie di recipiente dove ciascuno vi mette ciò che sente. La verità dell’amore è oggi difficilmente condivisibile. «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. E’ il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità» [Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate 3].

La seconda. I testimoni della verità della coniugalità avranno vita difficile, come non raramente accade ai testimoni della verità. Ma questo è il più urgente compito dell’educatore.

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ZENIT Staff

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