Grave monument of Lea (L) and Yitzhak Rabin (R)

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Venezia: quattro film italiani in concorso

Tra le pellicole che si contenderanno il Leone d’Oro, spiccano l’ultimo lavoro di Bellocchio e la ricostruzione dell’omicidio del Premio Nobel per la Pace, Yitzhak Rabin

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Finalmente la conferma ufficiale: sono quattro i film italiani in concorso alla 72° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, che insieme ad altri 16 lungometraggi si contenderanno il Leone d’Oro, dal 2 al 12 settembre al Lido di Venezia.
Un poker italiano, di nomi noti e giovani promesse: Marco Bellocchio (Sangue del mio Sangue), Giuseppe Gaudino (Per amor vostro), Luca Guadagnino (A Bigger Splash) e l’esordiente Piero Messina (L’Attesa).
A riferirlo è il direttore del Festival, Alberto Barbera, che all’Hotel Westin Excelsior di Roma, ha presentato alla stampa il programma ufficiale dell’edizione, all’insegna dello sperimentalismo e dell’innovazione. “Fondamentale è il ruolo di ricerca e stimolo esercitato dalla Mostra, che in questo mare magnum di produzioni insegue la qualità cinematografica, al di là dei vincoli imposti dal mercato”, ha affermato Barbera. In effetti, non mancano le sorprese: in concorso 55 titoli in tutto, per la prima volta anche il Sud Africa e un ritorno del Venezuela tra “gli ufficiali”.
Per Barbera, spetta agli Stati Uniti, “il primato per la sorprendente varietà e innovazione”. C’è trepidazione, infatti, per il nuovo di Tom Hooper, The Danish Girl, definito “disturbante”. Lirico, invece, il nuovo di Laurie Anderson, Heart of a dog. Altrettanto atteso è il lungometraggio di Cary Fukunaga, regista della serie cult True detective, che in Beasts of No Nation racconta le vicende dei bambini guerrieri, in un paese africano. Di animazione, ma sconsigliato ai più piccoli è Anomalisa, la nuova pellicola del geniale Charlie Kaufman, che descrive la crisi di un uomo di mezza età. Nei fuori concorso targati USA, tanto è il clamore suscitato da Black Mass di Scott Cooper che segna il ritorno al Lido di Johnny Deep, dopo sette anni di assenza. Curiosità anche per De Palma, una docu-fiction di Jake Paltrow sulla misteriosa vita del regista Brian De Palma.
“Davvero interessante” è il commento al nuovo di Amos Gitai, il regista israeliano che in Rabin, the last day, racconta l’omicidio del Premio Nobel per la pace. “Straordinario”, invece, è il giudizio su Francofonia di Aleksander Sokurov che mette in scena la storia della Francia dall’occupazione nazista in poi, attraverso le riproduzioni del museo Louvre. Avvincente, anche, il nuovo dell’argentino pluripremiato Pablo Trapero, che in El Clan riproduce le vicende politiche del clan Puccio, negli anni ’80.
Per tornare a noi, tra i fuori concorso, targati “Italia” è il caso di annoverare Gianfranco Pannone, che nel docu-fiction L’esercito più piccolo al mondo descrive la vita delle guardie svizzere, ambientandolo all’interno della Città del Vaticano. Attesissimo è anche Non essere cattivo, terzo film dello scomparso Claudio Caligari, portato a compimento da Valerio Mastrandrea. Sempre, nel filone documentaristico si posiziona Franco Maresco con Gli uomini di questa città non li conosco, ambientato a Palermo. Nella sezione Orizzonti, dedicata agli emergenti e ai film a basso budget, si distinguono Pecore in erba di Alberto Caviglia e Italian Gangster di Renato De Maria.
È prevista, inoltre, una proiezione speciale, il 12 settembre per Human, il documentario del fotografo francese Yann Arthus Bertrand che mostra immagini della Terra ripresa dall’alto, in stridente contrasto con i volti affannati degli uomini, visti dal basso. Una prima visione in contemporanea con il Palazzo di Vetro dell’Onu, all’attenzione dei “grandi della Terra”.
“C’è di tutto, un po’”, nell’articolato programma della 72° edizione della Mostra del cinema di Venezia ma un unico comune denominatore: la ricerca di un ancoraggio alla realtà. E che il realismo sia di buon auspicio ai nostri registi, come fu negli anni migliori dei fasti del cinema italiano.

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Rita Ricci

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