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Vegliò: "Accogliere profughi significa affermare il diritto alla vita"

Il Cardinale traccia un bilancio degli interventi pontifici e della Santa Sede sul tema migratorio

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“Una piaga aperta sul fianco dell’umanità, una piaga che non cessa di allargarsi”. Così il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, definisce il fenomeno delle migrazioni forzate.
In attesa che dal primo gennaio il suo dicastero venga assorbito dal Pontificio consiglio per il servizio dello sviluppo umano integrale, il porporato traccia un bilancio dei principali interventi pontifici e della Santa Sede sul tema migratorio.
Fin dalla Pontificia commissione d’assistenza voluta nel 1944 da Pio XII, passando nel 1952 per la costituzione apostolica Exsul familia, “considerata ancora oggi la magna charta della pastorale migratoria”, la Chiesa – sottolinea il Cardinale – “riaffermò il diritto fondamentale della persona ad emigrare e propose, sotto molti aspetti, l’Italia come modello di riferimento”.
Maggiormente incisiva l’azione della Chiesa divenne dopo il Concilio Vaticano II. Vegliò rammenta che a Paolo VI si deve, nel 1970, l’istituzione della “Pontificia commissio de spirituali migratorum atque itinerantium cura”, elevata poi a Pontificio Consiglio nel 1988, con la promulgazione della costituzione apostolica Pastor bonus durante il pontificato di Giovanni Paolo II.
Il porporato ricorda che sia Papa Wojtyla sia Benedetto XVI mantennero alta l’attenzione su questo tema, rilevando la comune appartenenza dei popoli “all’unica famiglia umana, qualunque siano le differenze etniche, economiche e ideologiche”.
Con il pontificato di Francesco, rileva infine Vegliò, si è avuta una convergenza tra la sensibilità di Bergoglio e la nuova configurazione assunta dal fenomeno migratorio, divenuto oltremodo massicio. Secondo il porporato, non è casuale che il primo viaggio fuori dal Vaticano di Francesco sia avvenuto a Lampedusa, tra gli sfollati, e che successivamente abbia visitato l’isola di Lesbo, in Grecia, primo approdo europeo dei migranti provenienti da oriente.
I gesti del Papa argentino, secondo Vegliò, hanno “scosso le coscienze delle persone e degli Stati”, incoraggiando “lo studio di soluzioni, senza sottovalutare l’obbligo di tutti di condividere gli oneri e di elaborare una politica migratoria globale finalizzata all’accoglienza, attenta al problema delle famiglie forzatamente separate nella fuga e alla protezione di categorie vulnerabili, come bambini, donne, anziani e disabili”.
L’auspicio di Vegliò per il nuovo anno è che tutti seguiamo la “rivoluzione della tenerezza” di Papa Francesco, “in cui raccomanda di non avere paura di globalizzare la solidarietà per accogliere i profughi e i migranti, ricordando che essi sono — come disse visitando la mensa del centro Astalli — la carne di Cristo”.

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ZENIT Staff

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