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Utero in affitto vietato in Italia, ma consentito all'estero (dai giudici)

La Cassazione ha assolto una coppia cinquantenne che ha ottenuto il bambino con questa pratica in Ucraina

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La Corte di Cassazione ha assolto ieri una coppia di italiani che ha commissionato un bambino all’estero per mezzo dell’utero in affitto. Si tratta di una coppia di cinquantenni di Napoli, infertile, che è andata in Ucraina ed ha ottenuto il piccolo, nato nell’agosto 2014 a Kiev, grazie al seme del marito, agli ovociti di una donna esterna alla coppia e all’utero di un’altra donna ancora, con la quale la coppia ha siglato un contratto.
L’utero in affitto è vietato in Italia dalla legge 40. Accade tuttavia che alcune coppie vadano all’estero, ottengano il bambino mediante questa pratica e, una volta tornati in patria, si vedano riconoscere come genitori da parte della magistratura. Di frequente la sentenza è motivata dalle toghe con “il supremo interesse del minore” e con il fatto che, attualmente, nessuna legge vieti in modo esplicito la maternità surrogata all’estero.
Nel caso in questione, è stato respinto il ricorso della Procura di Napoli, che voleva condannare moglie e marito non solo per violazione della legge 40 sulla maternità surrogata, ma anche per falsità in atto pubblico e false dichiarazioni per quanto riguarda le generalità del bambino.
Sul tema è intervenuta Eugenia Roccella, deputata di Idea, la quale ha osservato che “se si stabilisce che quello che è reato in Italia, se fatto all’estero, non solo non è punibile, ma va legittimato purché fatto seguendo le leggi del paese dove è consentito, – dice Roccella – allora ci aspettiamo che la magistratura, con gli identici criteri, ammetta per esempio il riconoscimento del matrimonio poligamico per gli immigrati di religione islamica, in nome del legittimo ricongiungimento familiare in Italia”.

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ZENIT Staff

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