Usa. Lettera di 30 leader religiosi su sentenza Corte Suprema per nozze gay

La decisione legalizzerebbe i matrimoni omosessuali in tutti i 50 Stati americani. I capi religiosi: “Rischio per la libertà religiosa e per interessi dei bambini”

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Gli Stati Uniti sono in fermento in attesa della sentenza della Corte Suprema sulla ridefinizione legale del matrimonio. Ieri, infatti, i giudici supremi hanno cominciato ad ascoltare gli argomenti riguardo alla costituzionalità delle leggi con cui alcuni Stati dell’Unione vietano le unioni matrimoniali tra persone dello stesso sesso.

In particolare – spiega la Radio Vaticana – essi dovranno decidere se il 14° emendamento della Costituzione, che protegge l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, preveda anche che ogni Stato debba fornire una licenza matrimoniale alle coppie omosessuali che la richiedano e se lo stesso imponga ad uno Stato di riconoscere un’unione gay celebrata in un altro Stato.

Dalla decisione dipende la possibile legalizzazione dei matrimoni omosessuali in tutti i 50 Stati americani. In questo senso si muove la sentenza del 2013 che ha abolito il divieto federale  a tale riconoscimento. Attualmente sono quattro gli Stati che vietano espressamente i matrimoni omosessuali. Sono: l’Ohio, il Michigan, il Kentucky e il Tennessee.

Il pronunciamento è atteso per la fine di giugno; intanto una trentina di leader di diverse confessioni religiose, tra cui diversi vescovi della Conferenza Episcopale, hanno sottoscritto una lettera aperta per riaffermare il loro comune impegno in difesa del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna e della libertà religiosa.

Oltre a ribadire le loro ragioni contro la ridefinizione legale del matrimonio, segnatamente la tutela dell’interesse del bambino e della società, i leader esprimono preoccupazione per le implicazioni che essa rischia di avere per la libertà religiosa. 

“Il Governo – si legge nella lettera – dovrebbe proteggere i diritti di chi ha punti di vista diversi di esprimere le sue opinioni senza subire intimidazioni, essere emarginato o accusato di ostilità, animosità e odio verso altri”. Per molte persone, infatti, “accettare questa ridefinizione significherebbe andare contro la propria coscienza e le proprie credenze e convinzioni religiose”.

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ZENIT Staff

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