Uomo, dove sei?

Nel libro edito da If Press nel 2012, don Andrea Mariani pone la domanda che diventa itinerario di ricerca, cammino, percorso, via. Una prospettiva per un agire etico-antropologico

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Nel periodo estivo, in particolare, sono tanti coloro che hanno prenotato o prenoteranno le vacanze in luoghi da cartolina. Per raggiungerli si usa spesso seguire la voce elettronica del navigatore che, impostata la destinazione mostra la rotta attraverso indicazioni precise, affinché la meta sia agevolmente raggiunta.
In questo viaggio, l’uomo deve ricordarsi di portare in vacanza se stesso e non solo i suoi oggetti. Prima però, occorre sapere dove si è.
Per trovarsi è necessario rispondere alla fondamentale domanda: “Uomo, dove sei?” La stessa è anche il titolo del libro scritto da don Andrea Mariani, edito dalla If Press, nel 2012.
Lo stesso presenta la fondamentale domanda come itinerario di ricerca, percorso da intraprendere, via da seguire. La voce che funge da navigatore è quella del cuore, attraverso la “via del silenzio”, che conduce a “piazza dell’ascolto”, affinché, attraverso di essa, si raggiunga la meta precedentemente impostata, che porta ad un particolare luogo chiamato “senso”.
Il testo, introdotto da Mons. Angelo Massafra (Arcivescovo di Scutari e Metropolita), offre al lettore una prospettiva per un agire etico-antropologico. Mariani precisa che “dopo la partenza ed il percorso, occorre non distogliere lo sguardo dall’arrivo: l’uomo vive tra il già e il non ancora.
La meta non è un luogo, ma una presenza che permette di vedere in modo nuovo la realtà. Per scoprire che l’essere umano è, innanzitutto, un chiamato: è sgorgato da un sì d’amore che lo ha preceduto. È il capolavoro della creazione”. Il viaggio è la metafora che esprime meglio la vita.
Per Ulisse il viaggio vero non è l’andata, ma il ritorno, il rientro a casa; Abramo, invece, parte per non tornare. Il primo viaggio è verso la memoria, all’indietro, l’altro è verso il futuro, l’avvenire.
È necessario, in ogni caso, partire, intraprendere il viaggio. Scrive ancora don Mariani: “è la gioia di sentirsi sciolti dalla schiavitù dell’avere per scoprire il proprio essere; gioia di fare esodo: passare dalla prigionia delle cose al servizio di ciò che dà senso; gioia di ritrovare se stessi in profondità e il prossimo in disponibilità; gioia di poter constatare ed affermare il primato della verità sul compromesso; gioia di riscoprire la propria ed altrui dignità al di là di ogni considerazione utilitaristica; gioia di poter ristabilire l’unità in mezzo alla stressante frammentazione del quotidiano, di gustare e riuscire a fermarsi dopo tanta frenesia; gioia di aprirsi all’Altro e agli altri in un’autentica e sincera relazionalità”.
Trovare se stessi significa scoprirsi pienamente persona. Non si tratta di qualcosa, un oggetto, ma un soggetto, qualcuno che esige sempre e comunque stima e rispetto. Trovato se stesso, l’uomo si può accostare con responsabilità e verità anche agli altri, in generale, ed a qualcuno, in particolare.
L’uomo – prosegue l’autore – nella sua originaria solitudine, acquista una coscienza personale nel processo di “distinzione” da tutti gli essere viventi e nello stesso tempo, in questa solitudine, si apre verso un essere affine a lui e che nella Genesi definisce quale “aiuto che gli è simile”.
Nell’intrapreso viaggio si incontrerà la forza e la sapienza, ma anche la sofferenza e la fragilità. Quest’ultima non è un difetto, un handicap, ma l’espressione intrinseca della condizione umana. La fragilità genera l’amore; da questo nasce la solidarietà. Amare vale più di qualsiasi accumulo di cose.
La consapevolezza del viaggio, gli incontri, gli sguardi, le situazioni, le altezze e le profondità, aiutano l’uomo a scoprire se stesso e gli altri. Attraverso tale percorso, la persona scopre che “la vita è sempre un dono affidato all’uomo, perché lo faccia fruttificare e lo porti a compimento secondo un progetto che l’uomo stesso è chiamato a scoprire all’interno della propria esistenza”.
Ma in questo percorso di scoperta, Mariani ricorda che “occorre restare in cammino, non ritenersi mai degli arrivati”.

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Domenico De Angelis

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