Unitalsi: da 110 anni "un soffio permanente nell'evangelizzazione della carità"

A oltre un secolo dalla nascita, l’associazione, grazie agli storici treni bianchi, porta ogni anno circa 12.000 disabili e malati nei Santuari d’Italia e del mondo

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110 anni fa un giovane romano chiamato Giovanni Battista Tomassi, vedendo aggravarsi la malattia che lo costringeva su una sedia a rotelle, pensò che l’unica soluzione alle sue sofferenze fosse porvi fine con un colpo di pistola. Decise di compiere il tragico gesto a Lourdes, davanti alla Grotta della Madonna, in segno di protesta contro una Chiesa e un Dio incapaci di guarirlo. Ma qualcosa cambiò: Giovanni Battista ricevette un colpo, ma non alla testa, bensì al cuore. La Vergine di Lourdes infuse nell’animo del giovane disabile un amore così grande da donargli la gioia di vivere e il desiderio di creare un’organizzazione che trasportasse altri malati al Santuario, in modo da donare loro la sua stessa consolazione. 

Dall’intuizione di Tomassi nacque l’Unitalsi, associazione “di vita e di pellegrinaggio” che ogni anno porta nei Santuari del mondo più di 12.000 malati e disabili e che, in questi giorni, celebra 110 anni trascorsi sempre tra sofferenti, volontari, lunghi viaggi in treno e innumerevoli esperienze di fede e umanità.

La ricorrenza è stata presentata, stamane, nella Sala Marconi della Radio Vaticana, dal presidente nazionale, Salvatore Pagliuca, insieme a Rita Coruzzi, scrittrice disabile e socia “unitalsiana”, Dante d’Elpidio, presidente Sarp, e Gianfranco Battisti, direttore Divisione Passeggeri nazionale e internazionale di Trenitalia.

Proprio sulla collaborazione con la compagnia ferroviaria si è incentrata buona parte dell’incontro. Se c’è, infatti, un mezzo di trasporto che identifica l’associazione è proprio il treno, il quale – ha detto Pagliuca – sin dai primi anni della sua nascita, è “strumento privilegiato e imprescindibile per accompagnare i malati”.

Il treno, ha affermato il Presidente, incarna pienamente lo spirito “unitalsiano” di voler porre l’attenzione sul disabile non perché “malato”, ma in quanto “persona”. E “ci fa essere una comunità in cammino”, grazie ad un viaggio “che deve essere lento” (in alcuni casi anche 48 ore), per consentire l’instaurarsi di rapporti sociali e di momenti di preghiera e condivisione.

“Scesi dal treno – ha raccontato Pagliuca – l’80% dei passeggeri già si conosce”. Questo dà valore aggiunto al pellegrinaggio che “qualsiasi altro mezzo non consentirebbe” ha sottolineato; “riusciremmo in sole due ore di viaggio in aereo a fidelizzare con le persone al nostro fianco? Per non parlare della privacy o del fatto che i disabili vengono posti in disparte per non intralciare la sicurezza”.

“Nel momento in cui non avremo più i treni, cosa saremo? Un’associazione che non ha distinzione” ha detto Pagliuca. “Non siamo un’agenzia di viaggi, vogliamo pertanto mantenere questa caratteristica del pellegrinaggio come cammino di conoscenza verso il Santuario, momento di vita e ritorno a casa con il cuore convertito”.

Dalle locomotive a vapore del 1903, ai primi esperimenti di treni-ospedali con le carrozze barellate, gli storici treni bianchi dell’Unitalsi si sono evoluti nel tempo fino a garantire al pellegrino malato, nei diversi vagoni, anche una Cappella, una farmacia, letti e spazi in cui “farsi una spaghettata alle tre di notte”. Con una serie di diapositive, Gianfranco Battisti ha mostrato le foto dei viaggi di tutte le epoche, illustrando, in particolare, gli investimenti infrastrutturali del Giubileo 2000 che hanno permesso ulteriori comfort quali: climatizzazione autonoma, montacarichi elettrico, forni a microonde e via dicendo.

Tirando le somme, sono 200 le carrozze Unitalsi dedicate al traffico religioso. L’associazione, ha ricordato D’Elpidio, è l’unica nel panorama europeo ad aver mantenuto e difeso “contro ogni logica” questo asset così mirato, perché trasportare il malato “è difficile” ed “è poco soddisfacente dal profilo del business” ha affermato. La priorità di Unitalsi e Sarp per il futuro è, quindi, proprio la creazione di una rete che si occupi nel dettaglio della mobilità dei disabili in Europa, permettendo anche ad altre associazioni di superare ogni impedimento.

Ha concluso la conferenza la delicata testimonianza di Rita Coruzzi, scrittrice disabile, che ha presentato il suo libro “L’Unitalsi mi ha cambiato la vita”. Il piccolo volume, ha spiegato l’autrice, è il racconto dell’esperienza nei diversi pellegrinaggi, soprattutto a Lourdes che – ha detto – “è il mio caricabatterie che mi fa stare bene per un anno”. Soprattutto, il libro è “un personale ringraziamento a ciò che l’associazione ha fatto per me”, che “mi ha sempre trattato come una persona, e non come ‘quella con la carrozzina gialla e rossa’”.

“Non voglio essere bugiarda” ha concluso Rita, “non posso dire di non aver sperato in una guarigione fisica”, ma “dopo il primo pellegrinaggio mi sono resa contro che la funzione che avevo dato alla gambe non era essenziale. Ciò che è importante è essere persona e riconciliarsi con Dio e Maria. E grazie all’Unitalsi si è innescata questa conversione in me”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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