Una vita da terzino

La vicenda di Eric Abidal che con un cancro al fegato e dopo aver subito il trapianto ha trovato il coraggio di correre e mettersi in gioco

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La vita di un terzino non è certo ciò che di più semplice si possa immaginare. La vita di un terzino è tutta cuore e gambe, sacrificio e dedizione. Una corsa continua sulle fasce, un continuo viaggio andata e ritorno senza scendere mai dall’aereo e, soprattutto, un volo senza il grande vantaggio delle ali. No, la vita di un terzino non è per niente facile: galoppate con e senza palla, un’intera partita ad attendere quel minimo spazio che ti consenta un’incursione, un’intera partita col fiato sul collo. E già, perché se una partita va male spesso è ai terzini che occorre guardare: “non copre abbastanza”, “non torna mai, è troppo avanzato”, “quello me lo chiamate un cross? Lo pagano milioni e ha pure i piedi storti!”. Fino ad arrivare alla più bizzarra delle affermazioni, usata e abusata da tanti aedi televisivi del calcio, un efficace mantra da veri intenditori: “non attacca la profondità”.

Eric Abidal la profondità l’ha attaccata eccome, vincendo tutto nel gioco e nella vita. Ora, a 34 anni, quando tutto sembrava andare in fumo, ha trovato ancora una volta il coraggio di vincere, di correre, di mettersi in gioco. La proposta di allenare una delle squadre giovanili del Barcellona è arrivata a coronamento di una carriera impeccabile: due Champions League, due intercontinentali e quattro campionati spagnoli, una finale di Coppa del Mondo (persa contro l’Italia nel 2006), non capitano di certo a tutti. Eric decide di rifiutare l’offerta del Barcellona, squadra ormai orfana del grande amico Pep Guardiola, e si trasferisce al Monaco di Claudio Ranieri per continuare a giocare: la pensione è ancora lontana. Fin qui solo materiale per amanti del calcio e pillole di calciomercato. Eric Abidal, francese originario di Martinica, non è famoso solo per le sue doti calcistiche. Nel marzo 2011 gli viene diagnosticato un tumore al fegato, immediatamente rimosso. Chi conosce la vita di uno sportivo professionista, sa bene quanto certe situazioni possano compromettere la sua esistenza, a prescindere dal buon esito dell’intervento: c’è la riabilitazione da affrontare e, soprattutto, il recupero della giusta forma fisica. Abidal scende in campo due mesi dopo l’intervento; non è solo, lo accompagnano i boati di festa del Camp Nou, uno stadio-gabbia dall’effetto scenico impressionante. Risultato? Rinnovo del contratto fino al 2014.

L’appuntamento con l’addio al calcio è solo rimandato e, a marzo 2012, Eric è costretto a sottoporsi a un trapianto di fegato (donato dal cugino). I medici escludono un suo ritorno in campo, ed è facile capire perché: superati i trent’anni un giocatore professionista, normalmente, comincia a intravedere la fine della propria carriera, figuriamoci dopo un tumore e un trapianto. Un anno dopo l’intervento, il 6 aprile 2013, Abidal è in campo, ancora una volta. Barcellona-Maiorca, partita di campionato, finisce 5-0, ma Eric ha vinto molto di più: non ha mai mollato, neanche quando i medici si chiedevano come facesse a sopportare il dolore. Dopo un calvario infinito, in cui è arrivato a perdere più di 20 chili e in un momento di dolore eccessivo ha chiesto ai medici di metterlo in coma, Abidal è tornato, ma la sua amata squadra ha pensato bene di invitarlo a chiudere in anticipo la carriera. Nonostante il suo amore per il Barca le frecciatine non sono mancate e a chi lo accusava di essersi recato a Monaco solo per soldi, ha ammesso di non essere stato pagato dal club durante la malattia. A Eric il carattere non manca, si capisce. Del resto, è un terzino.

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L’articolo è stato originariamente pubblicato da Cogito et volo. Per ogni approfondimento http://cogitoetvolo.it/una-vita-da-terzino/

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Fabrizio Margiotta

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