Una sanità che curi la persona e poi la malattia

Inaugurato ieri a Roma il XIV Convegno di pastorale della sanità promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana. Tra i relatori: monsignor Mariano Crociata, segretario generale CEI, e il cardinale Caffarra, Arcivescovo di Bologna

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, martedì, 19 giugno 2012 (ZENIT.org) – Un nuovo paradigma per la Sanità in Italia che, coadiuvato dalla Chiesa, si basi sull’insegnamento evangelico dell’“ama il prossimo tuo come te stesso”, e che superi l’approccio tecnicistico odierno di una sanità che “rincorre” prima la malattia e poi la persona umana.

È questa la proposta del XIV Convegno di pastorale della sanità, dal titolo appunto Un nuovo paradigma per la sanità in Italia. La Chiesa a servizio del cambiamento, promosso dall’Ufficio per la pastorale della sanità della Conferenza Episcopale Italiana, inaugurato ieri, a Roma, presso il Centro Congressi CEI.

L’incontro, che termina domani mercoledì 20 giugno, si rivolge a tutti coloro che svolgono i loro compiti nel delicato ambito della sanità nel nostro Paese.

Delicato perché rivolto alla cosa più preziosa che Dio ha donato all’uomo: la vita, “che ha un valore inquantificabile” come ha ricordato Rocco Bellantone, preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Illustri ospiti hanno dato il via ieri al primo appuntamento del Convegno, presieduto dal vescovo di Lodi, mons. Giuseppe Merisi: il cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna; il ministro della Salute, Renato Balduzzi; Silvio Brusaferro, del dipartimento di Patologia e Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università degli Studi di Udine e mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della Conferenza Episcopale.

Quest’ultimo, ha esordito soffermandosi sul cambiamento che sta avvenendo nel mondo socio-sanitario in Italia e sul ruolo che la Chiesa può giocare nell’accompagnarlo. “Oggi – ha detto – di fronte allo scenario di grave crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando, in un mondo che cambia velocemente, anche la sanità deve cambiare, e la formazione, l’organizzazione e il lavoro dei professionisti sanitari devono evolversi”.

In tale situazione, mons. Crociata ha sottolineato che le preoccupazioni maggiori provengono dalla “diversa quantità e qualità dei servizi offerti da regione a regione, dalla rottura dell’alleanza medico-paziente, e dalle conseguenze di ulteriori tagli alla spesa sanitaria”.

In particolare, ha proseguito, ciò che desta maggiore apprensione è “il futuro delle numerose opere sanitarie ecclesiali, che svolgono un servizio totalmente equiparato a quello pubblico”. Tali opere, molto apprezzate dai cittadini, “spesso spendono meno degli ospedali pubblici”, ma, a differenza di questi, “in molte regioni non sono rimborsate adeguatamente per il loro servizio”. Pagate quindi in ritardo, “sono costrette a indebitarsi con le banche”.

Si rende urgente, dunque, secondo il vescovo, l’esigenza di un nuovo paradigma, che possa guidare queste trasformazioni in atto. È chiamata in causa, perciò, la Chiesa, da sempre attenta e sensibile ai problemi del suo popolo, ed “esperta in umanità”.

“I temi della salute e del welfare socio-sanitario – ha proseguito mons. Crociata – costituiscono un banco di prova per l’antropologia e la morale cristiana, oltre che un terreno decisivo per la nuova evangelizzazione”.

La malattia e la cura dei più fragili è, infatti, per la Chiesa “un ambito privilegiato per l’annuncio del Vangelo e la testimonianza della carità”. Proprio lì, nella sofferenza della malattia, ha soggiunto il prelato, “si tocca con mano il Mistero pasquale di Cristo Crocifisso e Risorto, e nella domanda di salute è racchiuso il bisogno di salvezza”.

Ha fatto seguito al discorso di mons. Crociata, la lectio magistralis del cardinale Caffarra, sul tema L’evangelizzazione sorgente dell’autentica innovazione.

Di innovazione ha infatti parlato il porporato, o meglio di un rinnovamento vissuto nel realismo della proposta cristiana, “avvenimento che riguarda l’essere stesso della persona umana”.

Tale cambiamento, ha proseguito il cardinale, deve portare alla costruzione di un “nuovo paradigma antropologico” che permetta di “uscire da quella crisi di fede in cui versa oggi la Chiesa”. Secondo l’Arcivescovo di Bologna, infatti, dopo un processo storico plurisecolare, “può dirsi compiuta la scristianizzazione della coscienza europea”, per cui “un paradigma anti-cristiano ha sostituito quello cristiano”.

L’uomo di oggi ha incarnato, quindi, la visione individualistica che lo vuole “un soggetto asociale che diventa sociale per contrazione” e che, secondo una visione utilitaristica, è “mosso ad agire solo dal proprio bene individuale”.

In base a tali criteri, ha proseguito Caffarra, è totalmente “cambiato il modo di vivere ogni esperienza umana”. Anche “il vocabolario medico è andato progressivamente cambiando”, ha evidenziato il porporato, citando un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine, secondo cui: i pazienti sono diventati ‘clienti o consumatori’; i medici e gli infermieri dei ‘provider o fornitori’, ed i posti letto vengono considerati la ‘capacità produttiva’ di un ospedale”.

Un cambiamento di vocabolario del genere – ha spiegato il presule – non è altro che la “coniugazione dell’interpretazione ‘antropologica utilitaristica’ con la fondamentale esperienza umana che è l’infermità”.

L’esortazione finale del cardinale è, dunque, che, in questi tre giorni di Convegno, i partecipanti possano riflettere su un aspetto fondamentale: “Custodire o reintrodurre il paradigma antropologico personalista per gestire l’infermità umana”. Una finalità che si può realizzare solo attraverso una “profonda opera di pensiero e di impegno educativo che riconduca la persona a comprendere se stessa e il suo destino in verità”.

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ZENIT Staff

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