Una questione di identità e laicità tra diritto e morale (Seconda parte)

Obiezione di coscienza 3 | Giurisprudenza e criticità

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di Antonio Palma*

ROMA, lunedì, 17 settembre 2012 (ZENIT.org).-   4. – Dalle riflessioni che precedono emerge un quadro assai vario e frastagliato in materia di «obiezioni di coscienza», e l’assenza, inoltre, non solo di una disciplina organica ed unitaria, ma, in molte occasioni, l’assenza di previsione normativa28.

Il che pone all’interprete un primo problema di ordine generale, ovvero se l’esercizio dell’obiezione di coscienza sia da considerarsi legittima anche in assenza di legittimazione normativa29.

Al quesito, come posto, potrà essere data risposta affermativa, nel senso, cioè, del potere riconosciuto al singolo di esercitare l’ «obiezione», ove questa rappresenti effettiva manifestazione di «libertà di coscienza».

Se, difatti, il fondamento dell’obiezione di coscienza è la libertà di coscienza30, è evidente che anche la relativa legittimazione normativa non possa che essere ricercata nell’ambito dei valori ordinanti dell’Ordinamento.

Ricollegare l’obiezione alla libertà individuale di coscienza vale ad affermare la precisa scelta effettuata in Costituzione circa la ferma – secondo molti, preminente – attribuzione dei «diritti fondamentali di liberta» (artt. 2 e 3 Cost.), genericamente e comunemente raggruppati e definiti in termini di «diritti di autodeterminazione».

Così intesa la libertà individuale di coscienza diventa utile strumento di espressione della dignità della persona e di bilanciamento con i doveri e le responsabilità imputabili all’individuo31.

Un bilanciamento, questo, di particolare difficoltà e complessità.

In effetti, in uno Stato democratico e multiculturale, il diritto di obiezione può svolgere una funzione di bilanciamento «il più possibile ragionevole»32.

Non pare, difatti, doversi dimenticare che l’obiezione di coscienza, in termini di diritto di obiezione, viene comunemente definita come potere del singolo di opporre il «rifiuto» di adempiere ad un obbligo o dovere giuridico, non in quanto se ne contesti la «giuridicità» o la «legittimità», bensì in quanto non si condivide, se si vuole sotto il profilo etico o morale, detto obbligo o comando giuridico33.

Comprensibili le perplessità e le opposte razioni ad una simile controversa e parziale conclusione, evocando lavexata questio   del rapporto tra diritto e morale, essendo innegabile che qualsiasi imperativo giuridico contiene in sé un che di morale. Sicuramente le norme costituzionali, in quanto precettive di valori della persona, non possono essere disgiunte dal loro contenuto «morale».

In questa direzione, il diritto di obiezione di coscienza, manifestazione del valore di liberta di coscienza, può, in effetti, essere valutato alla stregua della «costituzionalizzazione della persona»34.

Per intenderci meglio, l’obbedienza – nell’ambito di un Ordinamento effettivamente democratico – deve intendersi rivolta non al comando giuridico astrattamente adottato, bensì ai valori che quella norma intende esprimere35. Se si vuole e semplificando: obbedienza al valore e non alla norma!

In tal senso, si è subito sopra esposto di «valori condivisi» e liberamente secondo «ragionevole» coscienza.

Come accennato sopra, difatti, l’obiezione pone in sé una questione di bilanciamento, specialmente in quei casi in cui più valori possono venire in gioco, come di frequente accade quando si confrontano valori di pari rango costituzionale. Per questa ragione si è adoperata la locuzione di «ragionevole coscienza», a volere, cioè, sottolineare che l’esercizio del diritto di obiezione non deve essere «irragionevole».

Per quanto, questo della «ragionevolezza» sia un concetto di incertissimo statuto giuridico, come è ampiamente noto36.

Alla luce delle brevi riflessioni che precedono, e nella dichiarata prospettiva di un ragionevole bilanciamento tra diritti di obiezione e imperativi giuridici, oggi più che in passato si rende necessaria un’ampia «mediazione tra fedi, convinzioni, opinioni, norme e concrete situazioni»37, mettendo da parte, per quanto possibile e giusto, le proprie personali convinzioni.

5. –   Un profilo teorico ed applicativo particolarmente significativo e controverso dell’obiezione di coscienza, rimasto in ombra nell’indagine proposta, è quello dell’obiezione di coscienza all’aborto, oggetto, com’è noto, di specifica previsione legislativa.

In linea di prima approssimazione, come in parte accennato, il diritto di obiezione di coscienza può essere identificato nel rifiuto di adempiere ad un obbligo o dovere giuridico, non condividendosi il contenuto del comando giuridico secondo proprie convinzioni ideologiche, morali o religiose. Rifiuto che, com’è noto, non è privo di conseguenze sul piano giuridico, esponendo chi obietta a possibili conseguenze sul piano amministrativo, civile e penale. In questa direzione, quello di obiettore può essere anche considerato in termini di   status   giuridico, in quanto punto di riferimento per l’applicazione di determinate discipline.

La triste ipotesi dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) riguarda, in particolare, l’esercizio del diritto di obiezione di coscienza da parte del medico ginecologo ed è espressamente prevista, come accennato, dalla legge n. 194 del 1978, all’art. 9.

Secondo la previsione normativa, il medico può divenire obiettore in qualsiasi momento, ma a condizione che non sia parte attiva in nessuna fase   relativa ad una procedura di IVG, altrimenti lo «status» di obiettore decade.

Molte problematiche possono derivare dal legittimo esercizio del diritto di obiezione, a cominciare da quelle relative all’ «interruzione di un pubblico servizio» al quale sarebbe obbligato il S.S.N., come pure in diverse occasioni non si è mancato di rilevare, seppure in maniera non del tutto ineccepibile. E’ il caso, ad esempio, concretamente verificatosi ed in numerose ipotesi di esercizio «collettivo» da parte dell’intero personale di strutture ospedaliere a ciò deputate. In simili frequenti ipotesi è stato discutibilmente imposto al S.S.N. l’obbligo di assicurare il servizio, ad esempio, tramite trasferimenti di personale «non obiettore»38.

Altra frequente e molto problematica ipotesi è, poi, quella dell’intervento abortivo da parte del medico in caso di necessità. Nel qual caso si è rilevata l’impossibilità per il medico di rifiutarsi di intervenire, qualora la donna sia in pericolo di vita (tristemente noto è il caso della paziente che giunge in Pronto Soccorso con una grave emorragia conseguente ad un aborto clandestino.

Così, come pure, è fatto divieto al S.S.N. di selezionare il personale in fase concorsuale in base al suo   statusgiuridico in merito all’obiezione di coscienza.

Le problematiche, sinteticamente esposte, ed altre ancora, sono state oggetto di un recente convegno in materia di “obiezione di coscienza in Italia. Proposte giuridiche a garanzia della piena applicazione della legge 194 sull’aborto”39.

Anche la data scelta per il convegno appare significativa (il 22.5.2012), atteso che segna il 34° anniversario dell’entrata in vigore della legge 194/78.

Il dibattito in materia appare oggi sentito anche per effetto dell’impulso
che deriva da alcune recenti deliberazioni dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nel tentativo di assicurare un bilanciamento quanto più effettivo ed equilibrato tra il diritto di esercitare l’obiezione di coscienza, quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione, ed il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali.

In questa sede, non ci si può che limitare soltanto ad un breve cenno ad una fattispecie di obiezione di coscienza ampiamente approfondita sia in dottrina che in giurisprudenza nella direzione di assicurare al personale medico il diritto di non prendere parte, appunto, alle pratiche abortive40.

Appare significativo rilevare che proprio l’ambito sanitario, ed in particolare, quello della bioetica, è attualmente il terreno di ricerca più fecondo in materia di contenuto, limiti e conseguenze dell’esercizio del diritto di obiezione di coscienza. Ciò è ovvia conseguenza degli altissimi valori in gioco: salute e vita della donna e salute e vita dell’embrione, poi, feto41.

Così come pure appare evidente che il ricorso all’obiezione di coscienza non pare neppure potere essere considerato alla stregua di una panacea in grado di risolvere,   sic et simpliciter, ogni complessa questione di bilanciamento tra valori di pari rango costituzionale nel senso indicato.

Allora è, forse, condivisibile quella prospettiva euristica per la quale, in presenza di valori primari ed irrinunciabili, quale, il diritto alla vita, l’obiezione di coscienza potrà essere esercitata, in quanto meritevole di massima considerazione è la libertà di coscienza individuale42.

Una problematica innovativa in materia di aborto e obiezione di coscienza può, poi, essere individuata con riferimento alla possibilità di ricorrere al c.d. “aborto farmacologico”43.

Com’è noto sono utilizzati due distinti farmaci, che determinano due diverse circostanze.

Il primo, è la pillola RU 486, ed è specificamente abortivo, inducendo l’eliminazione della mucosa uterina e dell’embrione che vi sia annidato. Per tali motivi e per le competenze necessarie alla sua somministrazione e al controllo dei suoi effetti, l’uso di questo farmaco in Italia è stato “ospedalizzato”, e non ne è consentita la vendita al pubblico nelle farmacie.

Il secondo, è il   levonorgestrel   (Norlevo), meglio noto come “pillola del giorno dopo”. In questo caso il farmaco viene assunto dopo rapporti sessuali “non protetti”, e può provocare alternativamente o il semplice blocco dell’ovulazione, inibendo così la fecondazione ed agendo più propriamente come contraccettivo, se somministrato nella fase preovulatoria; oppure può agire sulla cellula uovo fecondata, impedendone l’impianto nell’utero, se l’ovulazione è già avvenuta al momento dell’assunzione44. In questo caso, «l’effetto, in quest’ultimo caso, è quello di sopprimere l’embrione»45.

A tal riguardo, si rilevi, difatti, che «da un lato, infatti, il farmacista, come ogni altro professionista, deve sempre agire secondo scienza e coscienza; dall’altro egli ha l’obbligo di “spedire” qualsiasi ricetta medica regolarmente compilata. Lo stesso va detto per il medico che si trovi a doverlo prescrivere.»46. A tal proposito, secondo parere del Comitato Nazionale per la Bioetica al medico va sempre riconosciuto “il diritto di appellarsi alla “clausola di coscienza”, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l’astensione”47.

Né in contrario sembra poter valere la circostanza che «l’effetto abortivo rappresenti (nel caso del   Norlevo) solo un’eventualità nell’azione del farmaco può esimere la coscienza di chi si trovi a dover fornire la “spedizione” della relativa ricetta: colui che assume il principio di inviolabilità della vita come valore esigente ed essenziale non può ammettere neppure l’eventualità (pur sempre in concreto verificabile) di partecipare alla eliminazione di un essere umano». Difatti, «nell’ipotesi descritta, paiono pertanto ricorrere certamente i presupposti atti a legittimare anche l’ obiezione di coscienza del farmacista, quantomeno in virtù di un’estensione analogica delle disposizioni sull’ obiezione di coscienza all’aborto, ed in applicazione dei principi di rispetto della coscienza e di tutela della vita umana “dal suo inizio”»48, come, peraltro, espressamente afferma l’art. 1 della legge sull’interruzione della gravidanza (la 194 del 1978).

Non può neppure non considerarsi, difatti, che «l’obiezione all’aborto non può essere ritenuta norma eccezionale del sistema giuridico, costituendo invece l’ aborto eccezione rispetto al principio di tutela della vita: perciò la normativa sull’ obiezione di coscienza rappresenta un’eccezione all’eccezione (l’aborto) e quindi un ritorno alla regola (il diritto alla vita)»49.

Nessun dubbio, difatti, pare sussistere in relazione al natura di diritto costituzionalmente riconosciuto dell’obiezione di coscienza, secondo i dettami anche della Corte costituzionale, di cui si è ampiamente riferito nelle pagine che precedono.

Infine, si osservi che è, invece, «da porre, invece, in dubbio la legittimità di aver introdotto, con la commercializzazione del   Norlevo, una forma abortiva non prevista dalla legge, in contrasto con il principio di stretto controllo pubblico circa le condizioni necessarie per ammettere l’aborto, stabilite dalla legge 194/1978, la quale prevede anche tutta una serie di attività doverose in favore della vita del concepito, a tutela della maternità e dissuasive   dell’ aborto che vengono omesse nel caso di somministrazione di tale farmaco»50.

Appare evidente come le problematiche in materia di obiezione di coscienza e aborto siano solo state accennate in questa sede, necessitando di ben altro approfondimento, a cominciare dai legami con quelle derivanti dal fenomeno assai discusso della procreazione medicalmente assistita, in particolare da quella   in vitro, per continuare con la «mappatura del codice genetico», con la clonazione, la sperimentazione ed al trattamento degli embrioni.

(Fine)

* Professore Ordinario  
Istituzioni di Diritto Romano,
Facoltà di Giurisprudenza,
Università di Napoli “Federico II”;
Avvocato;
Presidente Scienza & Vita Napoli

(Per consultare la newsletter di Scienza & Vita, si può cliccare sul seguente link:
http://www.scienzaevita.org/materiale/Newslettern59.pdf)   

(La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 16 settembre)

*

NOTE

28   Il tema è destinato ad assumere proporzioni ancora maggiori, investendo, più in generale, anche la tematica della portata del principio di legalità nell’ambito del diritto civile. In argomento, cfr. P. PERLINGIERI,   Il principio di legalità nel diritto civile, in   Rass. dir. civ., 2010, 1, p. 164 ss. L’a. pone in significativa evidenza «la crisi della statualità del diritto, ricollegabile, tra l’altro, al contributo normativo del diritto comunitario e, a livello nazionale, al decentramento dell’attività legislativa», che «si traduce in una nuova sovrani
tà diffusa». Prosegue, poi, l’a. (p. 192), «in tema di legalità costituzionale, sarebbe di estremo interesse valutare ruolo e funzione della riserva di legge, alla quale i civilisti prestano da sempre scarsa considerazione. Sarebbe utile, in particolare, passare in rassegna quelle con rilevanza civilistica contenute nella prima parte della Costituzione per verificarne la funzione e la rispondenza con la tradizionale distinzione tra riserve assolute, relative e rinforzate, oramai acquisita dalla dottrina pubblicistica».

29   In questi termini, seppure con specifico riferimento alla complessa tematica delle «vaccinazioni obbligatorie», v., più di recente, ALPINI,   «Vaccinazioni obbligatorie» e «obiezione di coscienza», cit., p. 1047.

30   Cfr. Corte Cost., 18.7.1989, n. 409, in Giur. Cost., 1990, p. 1711; Corte Cost., 24.4.1986, n. 113, in   Foro it., 1986, I, c. 1489; In dottrina, in aggiunta agli autori citati in precedenza, cfr. V. TURCHI,   Obiezione di coscienza, in   Dig. disc. priv.,   Sez. civ., XII, Torino, 1995 (rist. 2002), p. 519 ss.; R. BERTOLINO,   Obiezione di coscienza I) Profili teorici, in   Enc. giur., XXI, Roma, 1990, p. 1 ss.; P. MONETA,   Obiezione di coscienza II) Profili pratici, ivi, p. 1 ss.; G. BAGNETTI,   Obiezione di coscienza III) Profili comparativi, ivi, p. 1 ss.; F.C. PALAZZO,Obiezione di coscienza, in   Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 539 ss; A. PUGIOTTO,   Obiezione di coscienza nel diritto costituzionale, in   Dig. disc. pubbl., X, Torino, 1995 (rist.), p. 240 ss.

31   Cfr. Corte Cost., n. 467 del 1991, in   Quad. dir. pol. eccl., 1991-1992, p. 51 ss.; Corte Cost., 8.10.1996, n. 334, in   Giur. Cost., 1996, p. 2919. In dottrina, in particolare, G. DALLA TORRE,   Il primato della coscienza. Laicità e libertà nell’esperienza giuridica contemporanea, Roma, 1992, p. 101 ss.; R. BERTOLINO,L’obiezione di coscienza moderna. Per una fondazione costituzionale del diritto di obiezione, Torino 1994, pp. 16 e ss.; TURCHI,   op. ult. cit., p. 60 ss.

32   A. ALPINI,  «Vaccinazioni obbligatorie» e «obiezione di coscienza», cit., p. 1048.

33   Cfr., F. VIOLA, L’obiezione di coscienza come diritto, inPers. der., 2009, n. 61, p. 53 ss.

34   In tal senso, G. CAPOGRASSI, Obbedienza e coscienza   (1950), in   Opere, V, Milano, 1959, p. 197 ss.; in termini, F. D’AGOSTINO, L’obiezione di coscienza come diritto, in   Iustitia, n. 62, 2009, p. 177 ss.

35   Cfr. VIOLA, op. cit., p. 175; nonché A.E. GALEOTTI,   Tolleranza, neutralità e obiezione di coscienza, in G. PAGANINI e E. TORTAROLO, Pluralismo e religione civile, Milano, 2004, p. 230 ss.

36   In argomento, basti rinviare a S. PATTI, La ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2012, p. 7 ss. L’insigne a. così introduce la Sua   Lectio magistralis   tenuta presso l’Università Suor Orsola di Napoli: «il tema della ragionevolezza è molto attuale tra i giuristi e un attento civilista, dopo avere ricordato che il criterio di ragionevolezza «sta oramai diventando la bussola interpretativa di orientamento per qualsiasi operazione applicativa, posto che vengono dichiarate costituzionalmente illegittime norme che appaino intrinsecamente irragionevoli», si è chiesto se lo stesso criterio non possa servire a negare in radice una limitazione, in materia di inadempimento (e di alternativa tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale) che non ha più ragione di essere»; prosegue l’a., «la ragionevolezza viene quindi invocata quale strumento per individuare la soluzione più adatta ai tempi e alle circostanze, più logica e rispondente alle esigenze economico-sociali del momento, senza eccessive preoccupazioni di conformità della soluzione incentrata sul dato positivo e di obbedienza alle regole di interpretazione della legge». All’a. si rinvia anche per ogni ulteriore opportuno riferimento giurisprudenziale e bibliografico.

37   Si cfr. ZAGREBELSKI, Contro l’etica della verità, Roma-Bari, 2008, p. 3 e ss., che non manca di denunciare, il pericolo di una «forza anti-democratica della verità».

38   In argomento, v. T.A.R.  Bari Puglia sez. II, 14 settembre 2010, n. 3477, in Giur. cost.    2011, 2,  1995, secondo cui “la presenza o meno di medici obiettori nei Consultori è assolutamente irrilevante, posto che all’interno di tali strutture non si pratica materialmente l’interruzione volontaria della gravidanza per la quale unicamente opera l’obiezione ai sensi dell’art. 9 comma 3 l. n. 194 del 1978, bensì soltanto attività istruttorie e consultive che esulano dall’iter abortivo e che, pertanto, anche il medico obiettore è tenuto ad espletare”. Inoltre, pure significativa è, Pretura     Bari 07 maggio 1990,    in Giur. it.    1993,    I,2, 548, secondo cui “l’ obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 della legge n. 194 del 1978 in materia di interruzione volontaria di maternità attiene alla persona nel ruolo di operatore sanitario e non limita una eventuale volontà abortiva del medico obiettore nella sua vita privata”.

39   Promosso dall’AIED (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica) e dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, ha come obiettivo quello di presentare al governo e alle regioni delle proposte giuridiche per far sì che il diritto dei medici ad obiettare e il diritto delle donne ad interrompere la gravidanza possano essere equamente garantiti. Il Convegno si è tenuto presso il Palazzo del Senato, il 22.5.2012.

40   Cfr. G. Dalla Torre, Diritti dell’uomo e ordinamenti sanitari contemporanei: obiezione di coscienza   oopzione di coscienza?, in B. Perrone,   Realtà e prospettive dell’obiezione di coscienza.   I conflitti degli ordinamenti, Milano,   Vita e Pensiero, 1992, p. 290 e ss.; V. Turchi,   Obiezione di coscienza, cit., p. 538 ss. Per un esame comparativo delle legislazioni in materia di obiezione di coscienza all’aborto, cfr. R.Botta, Manuale di diritto ecclesiastico. Valori religiosi e società civile, Torino, Giappichelli, 19982, 247 ss.;R. Navarro Valls-J. Martínez Torrón, Le obiezioni di coscienza. Profili di diritto comparato, con la collaborazione di R.Palomino e V.Turchi, Torino, Giappichelli, 1995, 101 ss.; cfr. pure, ancorché di più antica data,F. Stella, L’obiezione di coscienza del sanitario nellelegislazioni europee, in Rivista italiana di medicina legale, VII, 1985, 444 ss.

41   Si considerino, a titolo esemplificativo, i diversi orientamenti etici rappresentati dagli approcci   pro choice   opro life, in relazione ai quali v. F. Freni,   Biogiuridica e pluralismo etico-religioso. Questioni di bioetica, codici di comportamento e comitati etici, Milano, 2000, p. 153 ss.

42   In argomento v., in maniera particolarmente significativa, V. Turchi, L’obiezione di coscienza nell’Evangelium vitae, in   Iustitia, XLIX, 1996, 355.

43   In argomento, v. V. Turchi, in Dir. famiglia 2008, 03, 1436

44   Cfr. G. Boni, Il dibattito sull’immissione in commercio della c.d. pillola del giorno dopo: annotazioni su alcuni profili giuridici della questione, in particolare s
ull’ obiezione di coscienza, in questaRivista, XXX (2001), 680-681; M. Casini, M.L. Di Pietro,   La commercializzazione del Norlevo: dal decreto n. 510/2000 del 26 settembre 2000 del Ministro della sanità alla sentenza n. 8465/2001 – 12 ottobre 2001 del Tar Lazio,ibidem, XXXI (2002), 429-434; M.L. Di Pietro, M. Casini, A. Fiori, R. Minacori, L. Romano, A. Bompiani,Norlevo e obiezione di coscienza, in   Medicina e morale, LIII (2003), 411 ss.

45   Così, il Comitato Nazionale per la bioetica, Identità e statuto dell’embrione umano, documento approvato il 27.6.1996 e presentato al Parlamento il 12.7.1996, in   Il Regno. Documenti, XLI (1996), punto 3, 476. Cfr., inoltre, il successivo parere del medesimo Comitato su   Ricerche utilizzanti embrioni umani e cellule staminali, dell’11.4.2003, nel sito   http://www.governo.it/bioetica/testi/110403.html, il quale al punto 2 dichiara che “gli embrioni umani sono vite umane a pieno titolo”.

46   TURCHI,   op. ult. cit.; nonché, Manfrini, L’ obiezione farmaceutica, in B. Perrone, a cura di,   Realtà e prospettive dell’ obiezione di coscienza. I conflitti degli ordinamenti, cit., 375; cfr. pure G. Dalla Torre,   Diritti dell’uomo e ordinamenti sanitari contemporanei: obiezione di coscienza o opzione di coscienza ?, cit., 298 ss.; C. Casini,   Parere su: Norlevo. L’obiezione di coscienza dei farmacisti, in   Medicina e morale, LI (2001), 973 ss.

47   Comitato Nazionale per la bioetica, Nota sulla contraccezione d’emergenza, 28.5.2004, inhttp://www.governo.it/bioetica/testi/contraccezione_emergenza.pdf

48   TURCHI, op. cit.

49   Cfr. TURCHI, op. cit., che fa, altresì, riferimento a L. Lombardi Vallauri, Bioetica, potere, diritto, cit., 76-77; G. Boni,   Il dibattito sull’immissione in commercio della c.d. pillola del giorno dopo: annotazioni su alcuni profili giuridici della questione, in particolare sull’obiezione di coscienza, cit., 705-706;   contra, G. Di Cosimo,I farmacisti e la “pillola del giorno dopo”, cit., 143; V. Pacillo,   Contributo allo studio del diritto di libertà religiosa nel rapporto di lavoro subordinato, cit., 213-214 e 217.

50   TURCHI, cit. Di diverso avviso il T.A.R. del Lazio, Sez. I   bis, 12.10.2001 n. 8465, in   I Tribunali Amministrativi Regionali, XXVII (2001), 3117 ss., ha invece ritenuto che il decreto ministeriale 26.9.2000 n. 510, di autorizzazione alla commercializzazione della specialità medicinale “Norlevo” non contrasta con la legge n. 194 del 1978, “poiché il farmaco autorizzato agisce con effetti contraccettivi in un momento anteriore all’innesto dell’ovulo fecondato nell’utero materno. Detta evenienza resta sottratta alla regolamentazione dettata dalla legge richiamata” (ivi, 3120; manifesta, peraltro, la contraddittorietà tra gli asseriti effetti “contraccettivi” ed il successivo richiamo all’entità “ovulo fecondato”). Lo stesso giudice ha, d’altronde, ritenuto illegittimo il medesimo decreto di autorizzazione nella parte in cui il foglio illustrativo del farmaco, “pur in presenza di differenziati orientamenti etici e religiosi circa il momento iniziale della vita umana, omette di informare adeguatamente la donna sull’idoneità del farmaco ad impedire l’impianto dell’ovulo fecondato, meccanismo d’azione che va considerato abortivo per chi ritiene che la gravidanza abbia inizio a partire dalla fecondazione” (ivi, 3118, dalla massima). Su tale pronuncia, cfr. M. Casini, M.L. Di Pietro,   La commercializzazione del Norlevo: dal decreto n. 510/2000 del 26 settembre 2000 del Ministro della sanità alla sentenza n. 8465/2001 – 12 ottobre 2001 del Tar Lazio, cit., 428 ss.

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ZENIT Staff

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