Una proposta cristiana per tutti coloro che subiscono la crisi

La relazione del cardinale Erdő al III Forum Europeo Cattolico-Ortodosso su fede e crisi economica svoltosi ieri a Lisbona

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LISBONA, mercoledì, 6 giugno 2012 (ZENIT.org) – Si è svolto ieri, a Lisbona, in Portogallo, il III Forum Europeo Cattolico-Ortodosso incentrato su fede e crisi economica.

Ad aprire i lavori Sua Eminenza cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest e Presidente del CCEE, di cui riportiamo il discorso introduttivo.

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Introduzione

A modo d’introduzione cercherò di offrire alcuni spunti per la riflessione comune dal punto di vista della Chiesa cattolica. I nostri lavori comuni, quest’anno – partendo dalla nostra fede – mirano a presentare una proposta cristiana alle persone e comunità che vivono in Europa e subiscono la crisi.

La nostra Europa, dopo un periodo di grande prosperità,quando forse alcuni pensavano che la crescita economica sarebbe stata un continuo ininterrotto, adesso ha davanti a sé una crisi finanziaria ed economica dalla quale in un modo o nell’altro tutti sono colpiti. L’attuale situazione ci porta a constatare che la crisi non è esclusivamente di natura economico-finanziaria, ma anche di natura etica e morale e anzi antropologica. La Dottrina Sociale della Chiesa considera la persona umana come centro della vita sociale ed economica.

Papa Giovanni Paolo II disse già nella sua prima enciclica, e lo ribadì diverse volte, che “l’uomo è la via della Chiesa”. Prendersi cura dell’uomo, di ogni persona, e quindi anche della nozione di persona è un compito decisivo in questo momento di crisi. Nel caso contrario rischiamo di ridurre le persone a codici fiscali, come purtroppo accade spesso ai nostri tempi. Per uscire della crisi dobbiamo ripartire dalla persona.

La dignità ed il valore di ogni persona

È un fatto riconoscibile per la ragione umana, ma ancor più palese per chi ha la fede e crede in Dio di Gesù Cristo, che all’origine della vita di ogni persona umana sta Dio che la crea per amore a sua immagine e somiglianza. Alla luce di questo fatto, scopriamo il vero valore della persona e la sua altissima dignità.

L’attuale crisi deve, quindi, diventare una chiamata alla responsabilità di tutti verso ogni persona umana. La crisi ci indica che una società sottomessa ai semplici interessi economici e non abbia la persona al centro, non riesce a diventare un luogo umano per vivere. È vero che siamo ricchi di nuove tecnologie e che queste aiutano molto la nostra vita. Ma la vita non si riduce alle tecnologie, anzi, se esse non sono ben inquadrate in una cultura personalista, diventano persino occasioni di alienazione della persona che si allontana dalla sua realtà di essere spirituale.

La politica e l’economia, come pure le tecnologie, o sono al servizio della persona e del suo bene, o diventano disumane e, invece di portare la felicità e lo sviluppo, distruggono la persona. Proprio per questo la persona non può mai essere ridotta a un numero o ad un mezzo per raggiungere un altro scopo, ma deve essere vista e trattata, come scopo, come un essere pieno di dignità, qualunque sia la sua origine o condizione sociale.

La persona come essere intrinsecamente relazionale

Ogni persona umana, proprio perché è stata creata ad immagine e somiglianza di Dio che è in sé una comunione di persone, è un essere comunitario, che ha rapporti con altri e che è chiamata all’amore. Possiamo quindi riconoscere che tra le persone umane esiste già una fondamentale comunione di origine e di destino. Questo fatto rappresenta già un’indicazione etica e per questo nessuno può ignorarlo.

L’attenzione alle persone, ed in modo particolare ai poveri e ai più bisognosi, diventa, quindi, una sollecitudine per la società nella sua totalità. Non si può guarire la società senza guarire i suoi membri. Per questo ci sono sempre dei cristiani in prima fila nella difesa della persona, della famiglia e della società. O l’economia e la politica diventano promotrici della vita umana e dei rapporti solidali tra persone e comunità, o la crisi sarà sempre più profonda.

La via di uscita da questa crisi, come è sempre stato nella Storia, non si apre per la semplice scoperta di un nuovo meccanismo economico o finanziario, o per l’applicazione di un insieme di idee forgiate da un idealismo teorico. Non molto tempo fa i Paesi dell’est europeo vivevano sotto un regime che pensava di poter risolvere i problemi economici imponendo una ideologia e in questo modo credevano costruire una umanità senza crisi. Invece di ideologie dobbiamo riconoscere la vera realtà della persona e della società, in tutte le sue dimensioni.

In base a questi fatti, dobbiamo trovare il modo di sostenere gli sforzi che portano ad una società più giusta e più umana. La rivelazione di Cristo ci insegna che solo l’amore, e quindi la gratuità, sono capaci di generare rapporti di fiducia e opere solidali, senza i qualil’economia e la società entrano in collasso. Eppure il nostro Signore non ci ha insegnato un metodo per migliorare l’economia. Dobbiamo essere misericordiosi per imitare il nostro Padre celeste. L’ideale e lo scopo finale del nostro comportamento umano e cristiano si trovano nell’aldilà, non tra i limiti della vita in questa terra.

Rimane sempre possibile il crollo di una civiltà malgrado il giusto comportamento dei suoi membri. Sono stati peggiori degli altri che sono rimasti morti sotto le rovine della torre di Siloe? O come siamo con le vittime dei terremoti che hanno colpito questa bella città? Eppure dobbiamo convertirci.

La famiglia – cellula fondamentale

La società umana che Dio ha voluto non è un grappolo di individui ma una comunità di persone, che non sono oggetti da usare, ma fratelli da amare. Per insegnarci questa dinamica sociale il nostro Creatore ci ha voluto fare nascere dentro una famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta alla vita. La famiglia,dove si fa la prima esperienza dell’essere amati e si impara a amare, è veramente il luogo dove ognuno può scoprire un senso per la vita e impara a vivere in società.

Attraverso la famiglia siamo, inoltre, introdotti in una storia più grande che ci precede e che ci apre al futuro. La tradizione e l’appartenenza a una nazione, intese come realtà dinamica per mezzo della quale una persona si collega alla storia dei suoi antenati, ma anche si sente chiamata a contribuire al presente e al futuro della sua famiglia e del suo paese, sono fattori fondamentali della vita umana e devono essere rafforzati e non distrutti. Le proposte di soluzione alla crisi che vogliono rompere i legami con il passato, oltre ad essere utopiche, e quindi irrealizzabili, generano anche sogni e delusioni.

D’altra parte il decidere di non avere figli per godere edonisticamente dei piaceri dell’istante presente o per paura del futuro sono segni della mancanza di una gioia vera e duratura e dell’assenza di una responsabilità verso gli altri. Non avranno la crisi economica e la crisi demografica di cui soffre l’Europa una radice comune? E non sarà forse la famiglia una risorsa fondamentale per uscirne?

La persona come protagonista creativa

Se alla base della crisi c’è una perdita del senso della persona e della famiglia, anche la soluzione deve venire da queste realtà. Non solo la persona e la famiglia devono essere al centro degli interessi economici e della politica, ma esse sono anche chiamate ad essere protagonisti di tutta la vita sociale. La persona che vive intensamente riesce a dare vita a una famiglia, e le famiglie vive sono le cellule di un popolo il quale a sua volta genera opere, idee, proposte potenzialmente in grado di cambiare la società e di dare speranza ai nostri tempi.

La Chiesa è convinta che oggi, come in altri tempi di crisi, non si può rimanere fermi e aspettare che siano soltanto i potenti a fare qualcosa. I nostri sono tempi in cui tutti sono chiamati a coll
aborare. Proprio per questo il lavoro, in quanto partecipazione all’opera di Dio, è necessario per ricostruire un popolo unito e che abbia con un futuro davanti a sé. Così, la piaga della disoccupazione deve essere, soprattutto per chi ha responsabilità all’interno della società, oggetto di un’attenzione fondamentale.

La capacità creativa della persona, quando è mossa dall’amore, agisce per il bene di tutti e diventa anche ispiratrice di risposte originali alle sfide del suo tempo. Quando la cultura dominante dimentica o cerca di annullare i legami comunitari e si accentua l’individualismo o la massificazione, che fanno prevalere una logica matematica astratta nelle finanze, allora si nega anche la libertà della persona e la società si sgretola.

Così può accadere che anche la democrazia, chiamata occidentale, diventa illusoria. Se indipendentemente dalla scelta dei cittadini, tutti i governi devono seguire la stessa logica delle finanze e sottrarre i beni necessari proprio ai più bisognosi, che cosa significa conoscere la parola “libertà” in questo campo? A non pochi nei paesi ex-comunisti viene in mente la definizione di Lenin, secondo la quale la libertà è il riconoscimento della necessità.  

Proprio per questo, alla creatività e alla libertà si deve collegare la carità intesa, come creatrice di legami forti a partire del riconoscimento del valore di tutti gli esseri umani. E’ quindi più attuale che mai l’insegnamento di Papa Benedetto XVI che dice: “la «città dell’uomo» non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancora più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia, di comunione. La carità manifesta sempre anche nelle relazioni umane l’amore di Dio, essa dà valore teologale e salvifico a ogni impegno di giustizia nel mondo.” (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 6).

Sappiamo che la libertà comporta anche la possibilità di decidere contro l’uomo e contro Dio e siamo consapevoli della gravità del peccato. Sappiamo come dalle origini il peccato è presente nel cuore dell’uomo come il seme di un amore di sé miope che genera divisione e porta ad una società di persone egoiste e violente. Quando uno vive nel peccato, guarda l’altro come un potenziale nemico, e non come l’amico con il quale si è chiamati a continuare l’opera della Creazione.

Il vero umanesimo, che abbiamo trovato nella Persona di Gesù Cristo, è anche marcato da questo realismo e, quindi, non solo indica il valore della persona per cui Gesù ha dato la vita, ma mostra anche il suo bisogno di misericordia e di redenzione per sviluppare tutte le sue capacità e alzarsi dalle sue cadute. La Chiesa, parlando della Nuova Evangelizzazione, sente l’urgenza della sua missione di ricordare l’uomo del suo bisogno di redenzione e di portare a tutti il Redentore: Gesù Cristo.

La naturale e necessaria apertura all’Assoluto

Questo ci porta all’ultima e sintetica considerazione sulla persona senza la quale la natura umana rimane incomprensibile. Si tratta della sua apertura a quella realtà che la trascende, che è la sua origine ed il suo destino. In altre parole, la natura dell’uomo è rapporto non solo con le altre creature ma anche con l’infinito. Ogni persona, che ne sia consapevole o meno, è capace di Dio e solo in Dio trova la sua piena realizzazione.

Il cuore di ogni uomo è sempre mendicanti di Giustizia, di Bellezza, di Verità e di Amore, proprio perché ha sete di Dio. A queste esigenze la persona ha bisogno di una risposta che dovrà arrivarci da Dio stesso, e che non può essere effimera o sentimentale, ma permanente e ben radicata nella ragione e nel cuore.

La Chiesa, seguendo gli insegnamenti di Gesù, sia sempre cosciente della sua vocazione di andare incontro ai sofferenti, ai più poveri e a tutte le persone bisognose per portare un aiuto concreto. Molte sono le opere cristiane che ne sono la testimonianza. Anche per questo crediamo giusto e necessario che i cristiani apportino al mondo della politica alcune chiamate di attenzione. Tuttavia se dimentichiamo le esigenze più profonde iscritte nel cuore umano, e riduciamo i desideri dell’uomo alle cose materiali, tutta la vita umana, e quindi anche la società entrano in crisi.

Come dice Benedetto XVI: “La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso. Al contrario, la chiusura ideologica a Dio e l’ateismo dell’indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra i maggiori ostacoli allo sviluppo. L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano. Solo un umanesimo aperto all’Assoluto può guidarci nella promozione e realizzazione di forme di vita sociale e civile salvaguardandoci dal rischio di cadere prigionieri delle mode del momento.” (Benedetto XVI Caritas in Veritate 78).

Conclusione

Sono certo che questi giorni che trascorreremo insieme per riflettere sulla realtà attuale e la crisi del nostro continente, e per cercare di capire la responsabilità dei cristiani, potranno non soltanto confermare quello che già si sapeva della crisi, ma ancora di più aiutarci a riconoscere con più evidenza la nostra responsabilità e a trovare i segni di Dio che ci indicano il compito. Chiedo alla Madonna di Fatima e a Sant’Antonio da Lisbona di benedire queste giornate di lavoro.

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ZENIT Staff

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