Una pillola che fa male alle mamme ed ai bambini

L’Associazione Ginecologi e Ostetrici Cattolici: “L’aborto farmacologico con la RU 486 non è naturale, non è sicuro, non è né facile né indolore”

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In un comunicato diffuso nel pomeriggio di ieri, l’Associazione Ginecologi e Ostetrici Cattolici (A.I.G.O.C.) ha affermato che la pillola RU 486 inverte e contraddice le motivazioni storiche e psicosociali che hanno motivato fortemente i fautori della legge 194: un’aborto privato per quanto precoce che sia, aggiunge solitudine a solitudine.

Nell’aborto chirurgico l’interruzione di gravidanza viene delegata tecnicamente a una terza persona. Nell’aborto chimico, praticato con la RU 486, è la stessa madre che si autosomministra il veleno che ucciderà il proprio figlio.

Gli effetti fisici sono gli stessi di un aborto chirurgico eseguito in anestesia: contrazioni, espulsione, emorragia, ma, con la RU 486, la donna vive tutto questo in diretta senza neanche l’assistenza medica.

La pillola trasforma l’attesa della gravidanza, cioè del figlio, nell’attesa della sua morte che può durare fino a 10 penosissimi giorni: e in quel tempo si può pure cambiare idea ma non si può più tornare indietro.

Per l’A.I.G.O.C. è tutta da dimostrare l’argomentazione secondo cui, con la RU 486, il decorso post abortivo sia meno traumatico, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti psicologici, poiché la donna va incontro a un vero e proprio lutto, indipendentemente dall’epoca in cui l’aborto viene eseguito e dalla tecnica usata.

Sono tanti coloro che, senza alcun supporto scientifico e senza considerare le conseguenze psicologiche sulla vita della donna, accusano chi si schiera contro l’introduzione della RU 486 di voler privare le donne di uno strumento utile per abortire con minor sofferenza e maggior sicurezza. A questi l’A.I.G.O.C risponde: “Tali affermazioni non possono che derivare da ignoranza scientifica e da malafede ideologica, qualità entrambe che non servono la verità, né possono recare beneficio alle donne”.

“Comunque si cerchi di ammantare di naturalezza questa pratica dell’aborto farmacologico – si legge nel comunicato –  esso non è naturale, non è sicuro, e non è né facile né indolore”. “Tutta la letteratura scientifica – è ribadito – evidenzia la devastante conflittualità psicologica post-abortiva, le depressioni profonde determinate dall’elaborazione del lutto (anche di aborti precoci e spontanei), con effetti quali la perdita della libido, l’infertilità, la maggiore tendenza al parto pre termine e altre problematiche più complesse come gravi sepsi che possono portare a morte dopo l’uso della RU 486 ( già accertate 35 morti)”.

Conclude il comunicato dell’A.I.G.O.C.: “Cosa hanno detto le donne quando hanno perduto per un difetto meccanico i loro embrioni congelati al S. Filippo Neri di Roma? Hanno gridato: ‘Ho perso mio figlio!’. Le donne ci gridano che la perdita di un figlio non è proporzionale al suo peso in grammi o alla sua lunghezza, bensì alla sofferenza della perdita della sua presenza”. (A.G.)

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ZENIT Staff

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