Una fede "senza complessi"

Francesco riceve i vescovi del Messico in visita “ad limina” e li incoraggia a non far andar perduto quel seme di cristianità innato nel popolo latinoamericano. Magari chiedendo aiuto alla Madonna che risolve anche i problemi più dolorosi

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Droga, violenze, narcotraffico, morti continue, spesso anche di bambini. Tutto questo sembra condensarsi in Messico, paese latinoamericano il cui tessuto sociale è ridotto a brandelli da certe problematiche gravi. Eppure non sono solo i crimini a rappresentare l’identità del Messico: c’è soprattutto la fede, innata e radicata, c’è la preghiera, c’è la devozione popolare. Tutto a identificare un paese “intimamente cristiano”.

Ne è sicuro Papa Francesco, tanto che ai vescovi messicani, ricevuti stamane in udienza in occasione della loro visita ad Limina, ha affermato chenon si può capire”la storia della penisola “senza i valori cristiani che sostengono lo spirito del suo popolo”.

Questa ‘cristianità’, tuttavia, da sola non basta: sono troppe le ferite sociali che hanno soffocato il seme della fede nel territorio e nella popolazione messicani. Pertanto la Chiesa locale – ha ricordato il Pontefice ai vescovi – è chiamata in prima battuta a compiere enormi sforzi per non far sì che tale seme vada completamente perduto. Innanzitutto vivendo essa stessa la fede “con coerenza e senza complessi”.

Nelle parole di Bergoglio riecheggia quindi l’invito di Benedetto XVI, pronunciato il 26 marzo all’aeroporto di Guanajuato, durante il suo ultimo viaggio in Messico del 2012: “Non bisogna lasciarsi intimorire dalle forze del male, ma si deve restare con coraggio accanto al popolo che soffre”. Soprattutto il Papa emerito esortava i presuli della Conferenza episcopale a preoccuparsi “per le vittime del narcotraffico e per i gruppi sociali più vulnerabili”, e a farsi paladini dei diritti umani e dello sviluppo integrale della persona umana.

Francesco ribadisce l’invito del suo predecessore, anche perché “tutto ciò – spiega – senza dubbio contribuisce a dare credibilità alla Chiesa e rilevanza alla voce dei suoi pastori”. I quali, prosegue, di fronte ad uno scenario segnato da diverse forme di violenza che coinvolgono soprattutto i giovani, devono avere la forza di promuovere un vero spirito di concordia nazionale attraverso “la cultura dell’incontro, del dialogo e della pace”.

“Conosco le vostre fatiche per i bisognosi, per quelli senza risorse, i disoccupati, coloro che lavorano in condizioni subumane, senza accesso ai servizi sociali, immigrati in cerca di migliori condizioni di vita, gli agricoltori…”, dice Papa Francesco ai vescovi. E ammette di sapere anche “della vostra preoccupazione per le vittime del narcotraffico e per i gruppi sociali più vulnerabili, e dell’impegno per i diritti umani e lo sviluppo integrale della persona”.

Bisogna però fare di più, aggrappati sempre a Gesù Cristo. E “quando non ci riuscite a risolvere le cose con il figlio – suggerisce a braccio – andate dalla Madre, che risolverà le cose…”. “Credo che Maria non vi lascerà soli di fronte a tanti problemi, così dolorosi”, afferma il Pontefice. L’abbraccio della Madonna toccherà anche “parte dei figli” del Messico “che attraversano la frontiera”, “tutti i problemi delle migrazioni, quelli che non arrivano dall’altra parte…”. “Ci sono figli che muoiono, figli che sono morti per la mano di sicari ingaggiati… – prosegue il Santo Padre – Tutti questi problemi seri… E poi la droga che è una cosa che soffrite molto seriamente”.

Nel discorso consegnato ai vescovi, Bergoglio getta uno sguardo anche alle realtà interne della Chiesa messicana. In primo luogo affronta la questione del ruolo dei laici nell’ambito ecclesiale: “La missione della Chiesa – afferma – non può prescindere dai laici, che, traendo forza dalla Parola di Dio, dai sacramenti e dalla preghiera, devono vivere la fede nel cuore della famiglia, della scuola, del lavoro, del movimento popolare, del sindacato, del partito e anche del Governo, rendendo testimonianza della gioia del Vangelo”. In tal senso, è necessario che vengano “formati”, in modo che anche grazie a loro diventi “visibile la dimensione pubblica della fede”.

Ancor più fragile la posizione delle famiglie, cellule fondamentali per la trasmissione della fede sempre più indebolite, “sicuramente il valore più caro per i nostri popoli”, rimarca il Papa. Incoraggia pertanto i presuli “a intensificare la pastorale familiare” perché, “di fronte alla cultura disumanizzante della morte, sia sostenitrice della cultura del rispetto per la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale”.

Nella comunità cristiana – osserva infine il Vescovo di Roma – un ruolo fondamentale è ricoperto dalla parrocchia: è lì che si insegna a vivere la fede “con coerenza e senza complessi nella società attuale”, appunto. La parrocchia è “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”, diceva Giovanni Paolo II nella Christifideles laici. In questo compito, soggiunge Bergoglio, “i sacerdoti sono i suoi primi e più preziosi collaboratori per portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio”.

Il Papa incita quindi a promuovere spazi di formazione e di preparazione permanente, e non stancarsi “di sostenere e di accompagnare nel loro cammino i consacrati e le consacrate”, che – afferma – “con la ricchezza della loro spiritualità specifica e a partire dalla comune tensione verso la perfetta carità, appartengono ‘inseparabilmente alla vita e alla santità’ della Chiesa’”.

L’ultimo pensiero “di speranza” è per i giovani che sentono la chiamata di Dio. “Curate soprattutto la promozione, la selezione e la formazione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”, insiste Francesco. “Esse sono espressione della fecondità della Chiesa e della sua capacità di generare discepoli e missionari che piantino in tutto il mondo il buon seme del Regno di Dio”.

Prima di congedarsi, il Pontefice lascia infine ai vescovi messicani un’ultima raccomandazione “fatta di cuore”: la doppia trascendenza. La prima – spiega – è “non dimenticate la preghiera”, quindi il “‘negoziare’ dei Vescovi con Dio per il proprio popolo”. La seconda, appunto, “la vicinanza al proprio popolo”. Sempre e ovunque.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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