"Un Pastore radicato nella roccia di Cristo". Il ritratto di Papa Francesco del patriarca armeno Bédros

Ieri i funerali nella cattedrale di San Gregorio e Sant’Elia a Beirut, presieduti dal cardinale Leonardo Sandri 

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Un pastore “profondamente radicato nella roccia che è Cristo”, che “riteneva che il tesoro più prezioso che il vescovo è chiamato ad amministrare fosse la fede proveniente dalla predicazione apostolica”. È un ritratto appassionato quello che delinea Papa Francesco della figura del patriarca di Cilicia degli Armeni, Nersès Bédros XIX Tarmouni.

Il presule è scomparso il 25 giugno a 75 anni per alcune complicazioni cardiache. Ieri, martedì 30 giugno, ne sono stati celebrati i funerali nella cattedrale patriarcale di San Gregorio e Sant’Elia a Beirut, presieduti dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il quale ha letto ai numerosi fedeli il messaggio di cordoglio del Santo Padre.

Un messaggio lungo, in francese, indirizzato a mons. Grégoire Ghabroyan, amministratore della Chiesa patriarcale durante la sede vacante, in cui il Pontefice esprime tutta la sua “profonda tristezza” per la notizia del ritorno alla casa del Padre di questo “benamato fratello in Cristo”. Nel cuore del Papa, soprattutto, c’è il ricordo dell’incontro avvenuto il 12 aprile, nella Basilica di San Pietro, dove, accompagnato dai vescovi del Sinodo e dai fedeli armeni, egli era venuto per commemorare le migliaia di vittime del tremendo Metz Yegern e per celebrare la proclamazione di San Gregorio di Narek a Dottore della Chiesa Universale.

“Questi eventi vissuti presso le reliquie dell’Apostolo San Pietro è come se avessero compiuto il lungo e fedele percorso dal vostro Caput et Pater“, osserva il Santo Padre, e ne permettono di sottolineare alcuni aspetti caratteristici della sua persona. A cominciare dall’assillo di predicare la fede, che “Sua Beatitudine – ricorda Bergoglio – si è prodigato generosamente per la sua diffusione, in particolare favorendo la formazione permanente del clero affinché, persino in contesti difficili, i ministri di Dio rinnovassero la loro adesione a Cristo, unica speranza e consolazione dell’umanità”.

Soprattutto, rileva Bergoglio, Nersès XIX “si è adoperato per far sì che la giusta commemorazione delle sofferenze vissute dal popolo armeno nel corso della sua storia divenisse un’azione di rendimento di grazie a Dio”, sull’esempio dei martiri e dei testimoni, e che “ottenesse allo stesso tempo da Lui il balsamo della consolazione e della riconciliazione, il solo a poter guarire le ferite più profonde delle anime e dei popoli”.

Oltre al ricordo sofferto del genocidio passato, il patriarca ha condiviso con tutto il popolo armeno la gioia per l’elevazione di san Gregorio di Narek al titolo luminoso di Dottore della Chiesa. Spesso egli “ha auspicato che l’irraggiamento spirituale di questo grande santo divenisse un esempio per i pastori e per i fedeli – ha detto Francesco -, certo che in san Gregorio di Narek ognuno potesse conoscere le meraviglie che il Signore è capace di compiere nel cuore che si apre a Lui, nella semplicità e nell’abbassamento quotidiani, divenendo così solidale con il dramma dell’umanità attraverso un’intercessione continua”.

Dunque è una “triplice eredità” quella che il patriarca Nersès ci ha lasciato: “Imploriamo lo Spirito Santo di continuare a rinnovare il volto della Chiesa Armeno-Cattolica, grazie all’impegno dei pastori e dei fedeli, e affidiamo anche al Padre di ogni Misericordia le fatiche legate ai limiti e alle fragilità della condizione di pellegrino in cammino verso l’eterna Patria”, è la preghiera conclusiva del Pontefice.

Al termine del messaggio, invia quindi alla famiglia di Sua Beatitudine e a tutti coloro che partecipano alla cerimonia esequiale la sua Benedizione Apostolica, “invocando la protezione della Madre di Dio e presentando al Signore l’anima del nostro fratello Nersès Bédros con le parole di san Gregorio di Narek: «Noi ti preghiamo, ti imploriamo, con sospiri pieni di lacrime, con tutta la nostra anima, o gloriosa potenza creatrice, Spirito compassionevole, indistruttibile, increato, eterno, che intercedi per noi presso il Padre misericordioso con gemiti ineffabili. Tu proteggi i santi, purifichi i peccatori e li trasformi in templi vivi e vivificanti, come piace al Padre tuo Altissimo»“. 

Parole colme di ammirazione e, al contempo di commozione, per la figura del patriarca sono state espresse poi dal vescovo Grégoire Ghabroyan, che, nell’omelia durante la funzione, ha parlato di “un uomo di preghiera, un uomo di servizio, un uomo del popolo”; “una guida coraggiosa e coscienziosa, un padre devoto e un prete esemplare”.

Ai funerali erano presenti, fra gli altri, il nunzio apostolico in Libano, arcivescovo Gabriele Caccia, e l’assemblea dei patriarchi cattolici del Paese, guidata dal presidente, il cardinale maronita Bechara Raï, riferisce L’Osservatore Romano. Significativa a livello ecumenico la presenza anche del patriarca siro-ortodosso Ignazio Efrem e del catholicos armeno di Cilicia, Aram i, che ha recitato una preghiera e impartito la benedizione. Da parte sua Karekin ii, patriarca supremo e catholicos di tutti gli armeni, ha fatto pervenire un messaggio di cordoglio.

Tra le autorità politiche intervenute, il presidente emerito della Repubblica libanese Suleiman, con un rappresentante del Governo e uno del presidente del Parlamento del Libano. Il presidente della Repubblica armena era rappresentato da un ministro. Al termine del rito il patriarca Tarmouni è stato sepolto nella sede patriarcale della capitale libanese.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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