Person in a wheelchair

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Un “miracolo” della robotica per far camminare i paraplegici

L’ospedalità cattolica in prima linea nella sperimentazione dell’esoscheletro: avanzato strumento tecnologico per aiutare i pazienti con disabilità motoria

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“Phoenix”: l’esoscheletro made in Italy per la vita quotidiana e la riabilitazione. Questo il titolo dell’evento svoltosi a Roma il 1 dicembre, presso il Museo dell’Ara Pacis, alla presenza di un qualificato pubblico di medici, operatori sanitari e rappresentanti delle istituzioni.

Scopo dell’evento era la presentazione di un innovativo strumento tecnologico che potrà avere un positivo impatto sulla vita delle oltre 100mila persone (dato riferito all’Italia) condannate a trascorrere la loro vita sulla sedia a rotelle a causa di una paraplegia conseguente a incidente o malattia.

Giova subito sottolineare che questo strumento tecnologico – Phoenix è il nome – è prodotto da un’azienda italiana d’eccellenza, la MES – Meccanica per l’Elettronica e Servomeccanismi, ubicata a Roma sulla via Tiburtina.

Dopo il saluto iniziale dell’on. Domenico Rossi, sottosegretario alla Difesa, ha preso la parola l’ing. Carlo Piscitelli, amministratore delegato della MES, per illustrare le tappe progettuali che hanno portato alla realizzazione dell’esoscheletro (questa la dizione tecnica con cui viene definito il nuovo strumento dell’ingegneria robotica).

“Esistevano due precedenti prototipi – ha spiegato Piscitelli – realizzati l’uno in Israele e l’altro negli USA: soluzioni ingegneristiche brillanti ma caratterizzate da un alto costo e da un peso elevato. Ciò limitava il loro utilizzo alle cliniche di riabilitazione. Noi invece ci siamo posti l’obiettivo di realizzare un esoscheletro che potesse aiutare il paziente anche nella vita quotidiana, dandogli la possibilità di migliorare la propria condizione. È stata una sfida complessa che abbiamo portato a compimento nel giro di soli tre anni, grazie anche ad un finanziamento della Regione Lazio”.

L’ing. Piscitelli ha poi illustrato la caratteristiche dell’esoscheletro Phoenix: una struttura di sostegno di soli 13 chili, che poggia sulla schiena e sulle gambe del paziente, e che viene comandata da motori elettrici, azionati dagli impulsi di un computer. “Un know how – ha concluso l’ingegnere – che potrà consentire importanti sviluppi futuri”.

È stata poi la volta di una dimostrazione pratica dell’esoscheletro: un giovane paziente di nome Eugenio, studente in medicina, si è alzato dalla carrozzina con l’aiuto delle stampelle ed ha camminato sul palco (sempre con l’aiuto delle stampelle), rimanendo in piedi per un certo tempo accanto al medico che l’ha avuto in cura: il dott. Franco Molteni, direttore del dipartimento di riabilitazione “Villa Beretta” dell’ospedale Valduce di Como.

Il dott. Molteni ha spiegato che l’aumentata mobilità consentita dall’esoscheletro costituisce essa stessa un farmaco, perché migliora il controllo dell’intestino e della funzione urinaria, che presentano aspetti problematici nei paraplegici. “L’esoscheletro – ha sottolineato Molteni – viene gradualmente avvertito come una parte della persona, come una estensione delle sue capacità. L’umanizzazione della tecnologia è cruciale, perché c’è una componente etica che va al di là degli aspetti tecnologici”.

Il dott. Enrico Castelli, direttore della neuroriabilitazione pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù, III Padiglione Palidoro, ha spiegato che la finalità dell’esoscheletro è il raggiungimento della massima autonomia possibile. Le applicazioni riguardano attualmente i pazienti paraplegici, ma in futuro questo strumento potrà essere utile anche per coloro che hanno subito un danno cerebrale. E a tale proposito, ha citato il caso dei bambini che hanno avuto una paralisi cerebrale al momento della nascita: “I bambini saranno particolarmente adatti ad ottimizzare l’uso dell’esoscheletro per il recupero motorio, perché il cervello ha la capacità di cambiare la sua organizzazione funzionale in base all’esperienza: e questo è tanto più vero per un cervello ancora in via di sviluppo. In tal senso – ha sottolineato Castelli – un dispositivo come Phoenix potrà aprire scenari inediti”.

A questo punto è intervenuto il dott. Stefano Maccagnani, azionista della MES, che l’Ateneo di Camerino ha recentemente insignito della laurea honoris causa per la creazione dell’esoscheletro. La MES – ha anticipato Maccagnani – intende promuovere un progetto finalizzato proprio alla creazione di un esoscheletro pediatrico: un fronte avanzato della ricerca scientifica che trova un autorevole referente nella ospedalità cattolica, alla quale appartengono tanto l’ospedale pediatrico Bambino Gesù quanto l’ospedale Valduce di Como.

L’ultimo intervento in programma – quello del prof. Carlo Jovine, primario neurologo dell’ospedale S. Giovanni Battista dell’Ordine di Malta (Roma) e perito ufficiale della Congregazione delle Cause dei Santi – ha riguardato un aspetto particolarmente importante nei pazienti che subiscono una limitazione motoria: l’aspetto psicologico.

“Le lesioni vertebro-midollari – ha spiegato il prof. Jovine – sono sempre gravate da complicanze psicologiche dovute all’incapacità di movimento, al dolore, alla perdita dello stato lavorativo e sociale, alla diminuzione delle aspettative future. In un recente studio su pazienti affetti da paraplegia post traumatica si è riscontrata una altissima incidenza dei disturbi di depressione e di ansia”.

Jovine ha quindi illustrato le fasi graduali con cui avviene il recupero. “Nella fase iniziale il paraplegico, come ogni disabile, vive un senso di smarrimento e abbandono. Nella fase intermedia il contenuto della depressione si traduce in idee conflittuali, come ad esempio il desiderio di avere vicino la famiglia, il partner o gli amici, oppure il rifiuto degli stessi. Il paziente esprime questi conflitti attraverso lunghi silenzi, crisi di pianto, sguardo fisso nel vuoto. Poi iniziano i primi cenni di reazione: l’obiettivo diventa quello di raggiungere la massima autonomia possibile e di recuperare l’attitudine lavorativa. Attraverso il processo riabilitativo e l’importante ruolo della famiglia, il paziente cerca lentamente di integrarsi in una nuova vita”.

“Il punto cruciale – ha concluso Jovine – è che il paraplegico mantiene quasi sempre un fondo di umore depresso, sente di dover rinunciare alle sue opportunità personali e sociali. Ma oggi, grazie allo sviluppo della tecnologia e all’invenzione dell’esoscheletro Phoenix (così chiamato con riferimento al noto uccello mitologico, capace di rinascere dalle sue ceneri), siamo di fronte ad una rivoluzione. La possibilità, per il paraplegico, di camminare di nuovo rappresenta un eccezionale risvolto positivo nella qualità della sua vita. Il fatto di stare in piedi e riconquistare una quotidianità autodeterminata migliora fortemente il suo stato psichico ed emotivo, consentendogli anche un miglioramento nell’incidenza delle complicanze legate al prolungato stazionamento in carrozzina”.

La produzione ufficiale dell’esoscheletro avrà inizio a partire da gennaio 2016.

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Le persone e/o le associazioni interessate a conoscere maggiori dettagli sulle funzioni riabilitative dell’esoscheletro, possono scrivere alla redazione di ZENIT.

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Massimo Nardi

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