"Un meraviglioso talento per la felicità"

Intervista con Lucia Tancredi, autrice di una recente biografia su Ildegarda di Bingen

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di Paul De Maeyer

ROMA, martedì, 9 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Domenica 7 ottobre, in occasione dell’apertura della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, papa Benedetto XVI ha proclamato due nuovi “Dottori della Chiesa”: San Giovanni d’Ávila (1499-1569) e Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179).

Nell’occasione, ZENIT ha intervistato Lucia Tancredi, che per la casa editrice Città Nuova ha scritto la recente biografia Ildegarda, la potenza e la grazia.

Lucia Tancredi, classe 1963, vive ed insegna letteratura a Macerata. Ha fondato e diretto EV – mensile di scrittura ricreativa, ed è autrice di vari libri, fra cui Io, Monica, le confessioni della madre di Agostino(2007), Coté Bach (2009) e La vita privata di Giulia Schucht (2012). 

Una prima domanda: che cosa è un “dottore della Chiesa”?

Lucia Tancredi: Un “dottore della Chiesa” deve possedere un valore aggiunto rispetto alla santità, vale a dire un alto magistero intellettuale vissuto a servizio dell’anima. E non è un’impresa facile, poichè non c’è tentazione più egotica e mondana del troppo sapere.  Nel caso di Ildegarda il Papa ha compiuto un gesto di grazia squisita: riconoscendo l’eximia doctrina, vale a dire il livello più alto della conoscenza, contemporaneamente l’ha eletta santa, scavalcando i cavilli di un processo che da ottocento anni non era stato ancora portato a termine.

In che cosa il cammino di fede di Ildegarda si distingue per diventare assieme con Giovanni d’Avila il 34° e 35° dottore della Chiesa? 

Lucia Tancredi: Il cammino di fede di Ildegarda è molto speciale, poichè corrisponde alla sua vocazione terrena e spirituale. Ildegarda ha concepito visioni mistiche di grandiosa levatura, ha lodato il Signore con la musica più ispirata, ha scritto summae teologiche capaci di stare al passo con quelle delle grandi Università, ha trattato alla pari con i papi e gli imperatori; eppure pensava che si poteva pregare erborizzando, conoscendo le infinite subtilitates della natura, preparando decotti e pozioni, nella convinzione che per arrivare a Dio bisognava essere in buona salute. Ildegarda possedeva un meraviglioso talento per la felicità. Gesù Cristo non era per lei quello della Passione, ma il Cristo risorto che ci aveva già mondati dal peccato. Ovunque per lei il creato portava il segno dell’incarnazione divina.

Il nuovo dottore – o forse meglio “dottoressa” – appartiene ai cosiddetti “mistici renani”. Chi sono e qual è la loro caratteristica?

Lucia Tancredi: Ildegarda ha dato l’avvio alla mistica renana che poi ha avuto in Meister Eckardt il più illustre esponente. In realtà non si tratta di un movimento o di un gruppo, ma di una particolare inclinazione dell’anima verso un rapporto con il divino profondamente interiorizzato e libero  da ogni mediazione. Tuttavia, se in Eckardt l’idea di Dio è anche quella del “distacco da Dio stesso”, in una sorta di svuotamento capace di accoglierlo, per Ildegarda Dio è il ricongiungimento ad una unità: homo-omnis, l’assonanza delle due parole latine dice la meraviglia del microcosmo nel macrocosmo che lo contiene e di cui ne è figura.

Lei ha appena pubblicato una biografia su Ildegarda. Cosa le ha colpito in particolare di lei?

Lucia Tancredi: La proposta dell’editore di scrivere una biografia su Ildegarda all’inizio mi era parso un impegno troppo grande dal quale volevo tagliarmi fuori. Mi piace dire che è stata Ildegarda a cercarmi, sono stata la selvaggina di una specie di caccia amorosa. La prima cosa che mi ha colpito di lei? Le sue monache vestite di verde con i capelli sciolti intrecciati di perle, poi la musica che è assolutamente lontana dal gregoriano, come si può pensare in un primo momento. Il gregoriano è aria, la musica di Ildegarda è il fuoco.

<p>Possiamo definire Ildegarda una figura “poliedrica”?

Lucia Tancredi: Ildegarda è stata un genio assolutamente poliedrico, multiforme ed originalissimo: mistica, scrittrice, veggente, musicista, naturalista e medichessa.

Che messaggio una mistica del Medioevo, definito spesso “il secolo buio”, può trasmettere a noi e ai tempi “illuminati” di oggi?

Lucia Tancredi: Il Medioevo di Ildegarda è ancora il secolo d’oro della bella cavalleria, che è quella feudale e quella spirituale. I suoi amici e protettori, Federico Barbarossa, Eleonora d’Aquitania e Bernardo di Chiaravalle appartengono tutti alla schiatta di quegli uomini capaci di vivere passioni esclusive, in cui le virtù dovevano fronteggiare i vizi ed anche l’amore era in grado di condurre oltre ogni limite.

Ildegarda è una donna, che è stata persino consigliere dell’imperatore Federico il Barbarossa. Cosa può insegnare in particolare alle donne di oggi?

Lucia Tancredi: Quello che Ildegarda e le mistiche in generale hanno da insegnare alle donne di oggi è la potenza e la grazia del corpo. Oggi si pensa di sapere tutto sul corpo perchè lo veliamo e sveliamo, lo patiniamo, lo scolpiamo col bisturi; in realtà, mai come oggi le donne soffrono e si ammalano nel corpo e gli uomini si ingegnano ad abusare di esso anche in nome della morale e della religione. Ildegarda pensa che il corpo di una donna sia fatto, a somiglianza di quello di Eva , la prima madre, dell’etere e contiene in sè tutte le stelle. Un corpo capace di rigenerarsi ogni volta, anche da una malattia e, come la Natura, pieno di viriditas, una parola da lei coniata per significare l’essere sempre verde e la verginità come fedeltà a se stesse.

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ZENIT Staff

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