Un lettura bioetica dell'Enciclica “Caritas in Veritate”

Intervista al professor Dalton Ramos

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di Alexandre Ribeiro

SAN PAOLO, giovedì, 3 settembre 2009 (ZENIT.org).- La recente Enciclica sociale di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, apporta una serie di riflessioni che coinvolgono il campo della bioetica. Per offrire alcune chiavi di lettura in questo ambito, ZENIT ha parlato con il professor Dalton Ramos.

Professore titolare dell’Università di San Paolo (USP), Ramos insegna Bioetica nei corsi della Facoltà di Odontologia (FOUSP) e offre discipline di bioetica per i programmi post-lauream dell’USP.

E’ membro della Pontificia Accademia per la Vita, della Commissione di Bioetica della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) e dell’équipe del Settore Vita del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM).

Di recente ha coordinato la pubblicazione di due libri: “Bioetica, Persona e Vita” (Edizioni Difusão) e “Bioetica & Documento di Aparecida” (Edizioni PUCSP in collaborazione con le Edizioni Difusão”.

Quali indicazioni o punti di partenza sottolineerebbe per le persone che vogliono leggere e studiare l’Enciclica?

Dalton Ramos: Questa Enciclica non può essere letta, come del resto ogni documento del Magistero della Chiesa, solo nei suoi aspetti specifici. Ad esempio, il tema della bioetica, quello della difesa della vita e varie altre tematiche dell’Enciclica, come la questione economica, non possono essere considerati in modo distaccato. Il fulcro dell’Enciclica, qualsiasi lettura desideriamo fare, è il volto di Cristo.

Il punto centrale è proprio nelle prime righe del testo: “La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”. Questa frase non è solo un’apertura. Esprime tutto il senso in cui si possono leggere le questioni seguenti.

Il Papa segnala che la Dottrina Sociale della Chiesa ha come via maestra la carità. Quando si parla di questa Enciclica, è sempre importante riprendere la Dottrina Sociale della Chiesa, visto che il testo viene a consolidare questa via.

Al punto 8 si parla dello sviluppo umano integrale, riprendendo ciò che il Magistero della Chiesa sosteneva già nel 1967, nella Populorum Progressio di Papa Paolo VI. Benedetto XVI riprende questo aspetto. Quando si pensa alle questioni che coinvolgono la dignità umana e la difesa della vita, è necessario considerare questa premessa e ogni sforzo per lo sviluppo umano integrale. In particolare, ritengo che le azioni educative favoriscano il fatto di poter aiutare la persona a vedersi in modo completo.

E il tema della difesa della vita?

Dalton Ramos: Già al punto 15, il Papa tocca in modo più diretto le questioni che coinvolgono la difesa della vita. Riprende le Encicliche Humanae Vitae ed Evangelium Vitae. Il Pontefice viene quindi a sommare a questi riferimenti così importanti il costante lavoro pedagogico della Chiesa di riprendere quello che è il nostro senso, quali ragioni ci portano a comprendere più profondamente cosa sono la dignità e il valore della persona umana.

Approfondendo ulteriormente questi aspetti, il punto 28 afferma esplicitamente: “Uno degli aspetti più evidenti dello sviluppo odierno è l’importanza del tema del rispetto per la vita, che non può in alcun modo essere disgiunto dalle questioni relative allo sviluppo dei popoli”.

La base dello sviluppo dei popoli è Cristo, come si è detto all’inizio del testo. Non possiamo tuttavia separare la questione dello sviluppo da quella del rispetto per la vita.

“L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (n.28).

Quando si nega che l’apertura alla vita sia al centro del vero sviluppo, iniziano ad essere evidenti i segnali che questa società si sta degradando. Ciò aiuta a capire se una società prende effettivamente in considerazione lo sviluppo a favore della propria umanità.

Si parla anche della ricerca scientifica e tecnologica.

Dalton Ramos: La questione della ricerca scientifica appare al punto 31. Qui Benedetto XVI riprende alcune categorie che hanno caratterizzato il suo Magistero, richiamando l’attenzione su un aspetto culturale del nostro tempo: “L”allargamento del nostro concetto di ragione e dell’uso di essa’ è indispensabile per riuscire a pesare adeguatamente tutti i termini della questione dello sviluppo e della soluzione dei problemi socio-economici” (n. 31).

Questo è un aspetto molto forte di questa Enciclica, e qui si entra nella questione della tecnologia, di uno sviluppo che si basa su di essa. E’ un insegnamento che ci ricorda che la tecnologia è un bene che l’intelligenza umana può offrire per lo sviluppo dell’umanità come un tutt’uno, chiedendo che ciò si faccia attraverso l’uso della ragione. Ragione che significa considerare la realtà nel suo insieme.

Qui si parla già della questione relativa all’uso adeguato della ragione, che il Papa sottolinea sempre.

Dalton Ramos: Sì. Come si può affrontare in modo adeguato il tema dell’aborto, dell’eutanasia? Facendo un uso adeguato della ragione e dell’esperienza umana. In una società sviluppata, non solo dal punto di vista del reddito pro capite, ma in cui esistono politiche pubbliche effettivamente accessibili a tutti, il tema dell’aborto e quello dell’eutanasia passano ad essere secondari, perché quando ci sono condizioni efficaci per la vita si può affrontare in modo adatto il tema della morte e questa non è al centro del dibattito. Non è proprio della natura umana parlare di morte quando ci sono condizioni di vita. La questione dello sviluppo economico, quella dello sviluppo sociale e quella della difesa della vita sono interconnesse proprio per questo.

Al punto 44 il Papa dice che “l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica”. Sottolinea anche come questione centrale la famiglia: “Gli Stati sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della sua natura relazionale”.

Ricordando qui le caratteristiche che promuovono la centralità, richiamerei l’attenzione su un altro punto che l’Enciclica sottolinea, perché è un elemento essenziale della Dottrina Sociale della Chiesa: la questione della sussidiarietà. Nella questione della difesa della vita, ciò significa che quegli organismi sociali che stanno promuovendo la vita, qualunque sia la loro origine, devono ricevere sussidi dagli organismi governativi per svolgere questo compito.

Al punto 51, Benedetto XVI segnala poi che “il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale”.

Questa è un’altra diagnosi compiuta dal Papa
, che sottolinea anche la necessità che la gente riprenda la questione della solidità morale. In particolare insisterei sulle azioni educative.

Nel corso dell’Enciclica si amplia l’orizzonte della comprensione dei temi di bioetica.

Dalton Ramos: Il VI capitolo, che parla dello sviluppo dei popoli e della tecnica, è impressionante per chi vuole comprendere ciò che il Magistero della Chiesa dice riguardo alla difesa della vita. In poche pagine si riprende la Dottrina Sociale in questo campo, e Benedetto XVI aggiunge la preoccupazione che riferivamo sull’uso della ragione. Al punto 70 si legge: “Lo sviluppo tecnologico può indurre l’idea dell’autosufficienza della tecnica stessa quando l’uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire”.

Quando l’uomo è chiamato nella sua vocazione, creatività e intelligenza allo sviluppo della tecnica, deve interrogarsi non solo sul come, ma anche sui perché, cercare il significato delle azioni umane anche per quanto riguarda il progresso tecnologico. Qui si arriva specificamente alla questione dell’opportunità di una migliore preparazione degli scienziati per ciò che concerne la questione morale.

Al punto 74, poi, il Papa esplicita la questione della bioetica: “Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio”.

“Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda. Solo assieme salveranno l’uomo. Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza. La fede senza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone”.

Lo sviluppo integrale è un sogno lontano?

Dalton Ramos: No, anzi. Questo sviluppo integrale non può essere confuso con il sapere scolastico, con i titoli. Quando la gente parla di sviluppo integrale, ed è proprio questo l’equivoco che ha a che vedere con l’uso ridotto della ragione, non si può concepire come se si potesse acquisire solo con il sapere scientifico. In verità stiamo parlando della conoscenza di ciò che è la persona umana.

Non è con la scienza che interpreto ciò che è la persona umana, cioè il suo significato più profondo. Con la scienza studio un determinato aspetto di questa realtà chiamata persona umana, ad esempio come funziona il suo organismo. Se vogliamo conoscere la persona umana, dobbiamo avvalerci di altri metodi oltre a quello scientifico, come quello che ci viene offerto guardando all’esperienza che ciascuno può fare su ciò che è essere una persona, nell’insieme delle sue dimensioni fisica, psicologica, spirituale, sociale o morale.

In questo senso, quindi, lo sviluppo integrale della persona umana è un guardare alla propria persona. Non è un insieme di informazioni come si cerca di fare all’università, nel senso di fare un grande compendio della conoscenza umana. Guardare alla propria esperienza significa guardare alle esperienze che faccio nella mia vita. Non sono semplicemente fatti, è più di questo. E’ guardare a questi fatti della mia vita e avere un giudizio su ciò che questo significa.

E’ questo il lavoro che la Chiesa ci aiuta a fare. L’esperienza implica sempre un giudizio. E’ questo che garantisce lo sviluppo integrale delle persone. Per questo è qualcosa di accessibile a tutti. Entrano in scena le azioni educative e anche una compagnia, che è ciò che la Chiesa ci offre; una compagnia che è l’essenza di questo percorso educativo, e questo percorso consolida le coscienze. E’ aiutare a far sì che l’uomo possa guardare alla realtà della vita in tutti i campi – sociale, economico, ambientale – e dire: questo è giusto, questo è costruttivo, oppure questo non è costruttivo.

[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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