Un giorno devi andare

La storia di Augusta che dopo essere stata lasciata del marito e aver perso un bambino, va alla ricerca di Dio, cercandolo nelle terre di missioni e nelle favelas

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Lasciata dal marito dopo aver perso un bambino e la possibilità di fare figli, la trentenne Augusta decide di raggiungere Suor Franca, un’amica di sua madre, in una missione cattolica in Brasile. Collaborando con la missione, nel soccorso disinteressato al prossimo, Augusta è convinta di poter dare un significato alla sua esistenza ma questo volontarismo sembra essere sterile perché non confortato dalla voce di Dio. Alla ricerca del senso della vita, di Dio e di se stessa, Augusta si sposta in periferie sempre più lontane dalla civiltà, nelle favelas più povere, per assegnare un luogo di appartenenza alla sua anima tribolata che, forse, troverà su una spiaggia lontana, “alla fine del mondo”.

Giorgio Diritti è regista abile nel rendere – attraverso soprattutto il lavoro con gli attori ma anche grazie a un senso molto ampio, “cinematografico”, dello spazio – la sproporzione fra la natura vasta, incontaminata, che si estende sulle rive del Rio delle Amazzoni, e la città trentina irrigidita dal freddo e sepolta dalla neve.

Un giorno devi andare è la chiamata che alcune persone sentono dentro di sé, inequivocabile, perché hanno lasciato germogliare quel seme che Dio ha messo dentro la loro anima. È questo che spiega Suor Franca, missionaria cattolica in Brasile, alla tormentata Augusta, che l’ha seguita nelle zone più povere del pianeta, spinta non dalla risposta a una vocazione ma da uno sforzo e da una domanda. Almeno una volta nella vita – dice sempre la suora – Dio si fa incontrare in maniera chiara per consentirci, liberamente, di seguire la sua strada oppure no. Augusta vorrebbe credere a questa visione del mondo ma è frustrata dal mancato incontro con quel Dio, che a lei sembra ignori la ferita lancinante che si porta nel corpo e nell’anima.

In Trentino, intanto, la mamma e la nonna di Augusta penano per lei. L’unico contatto con la ragazza lontana è, per la sua famiglia, il convento di San Romedio, in Val di Non, dove vive la comunità di suore di cui fa parte Suor Franca. Anna, la mamma di Augusta, di fatto appartiene a questa comunità (il contatto più vivo che ha con il mondo), che la ama e la conforta, ma – esattamente come sua figlia – è in attesa che Dio faccia il primo passo verso di lei. Antonia, la nonna, è molto invecchiata, forse sta per morire, e non può che interrogarsi sul senso di una vita che si sta concludendo.

Augusta torna a respirare quando lascia la missione cattolica – dove le sembra che gli sforzi di preti e suore di evangelizzare siano inutili – per inoltrarsi nella vita delle favelas: aiuta le famiglie a modo suo, senza parlare di sacramenti e di conversione ma cercando prima di tutto di trovare un linguaggio comune per accorciare quella distanza antropologica che sembra davvero abissale tra modi diversissimi di concepire se stessi, il mondo, la società, il lavoro. Anche quest’approccio, però, non sembra portare risultati: Augusta s’illude di poter cambiare le cose in meglio ma si scontra con una mentalità talmente radicata da rendere vani tutti i suoi sforzi. Il senso di comunità che hanno gli uomini della favela è già diverso da quello che hanno le donne, sottomesse da una cultura maschilista e assistenzialista (che solo il messaggio di Cristo, viene da dire, potrebbe superare e salvare).

Sconfitta ma non disperata, Augusta si spinge ancora più in là, verso le propaggini del mondo, conducendo in solitaria la sua ostinata ricerca di un valore da dare alle cose della vita, lasciando sempre aperta la porta per Dio. Forse quell’incontro di cui parlava Suor Franca non è ancora avvenuto. Forse, avverrà.

Un giorno devi andare è un film sulla distanza: tra il Nord e il Sud del mondo; tra la povertà e la ricchezza; tra due mentalità diverse di concepire l’appartenenza a una comunità; tra una madre e una figlia (anzi, tra due madri e due figlie, giacché anche tra la mamma e la nonna di Augusta c’è uno strappo da ricucire); tra l’uomo e Dio.

Giorgio Diritti è regista abile nel rendere – attraverso soprattutto il lavoro con gli attori ma anche grazie a un senso molto ampio, “cinematografico”, dello spazio – la sproporzione di queste distanze. La natura vasta, incontaminata, perfino spaventosa, che si estende sulle rive del Rio delle Amazzoni, si contrappone alla città trentina irrigidita dal freddo e sepolta dalla neve. Quella di Dio è da tutti una presenza invocata, attesa, mendicata (benché, come si ascolta durante il film in una citazione di Simone Weil, anche Dio mendica l’amore dell’uomo). Nessuno dei personaggi, infatti, esclude a priori il divino dalla propria esperienza, anche se lo sguardo del film – se non proprio scettico – è abbastanza cauto sul giudizio dell’opera e dei metodi della chiesa missionaria.

Sacerdoti e suore presenti nel film sono descritti positivamente e non è mai e minimamente messa in dubbio la loro buona fede, la gratuità e l’onestà del loro operato. Nella loro descrizione, tuttavia, emerge un dato dubbioso circa l’efficacia dei loro fini. Quando Augusta rimprovera a Suor Franca: “A te basta che si battezzino e non t’importa che loro non ne capiscano il senso”, la suora risponde: “Non ho mai pensato a queste cose in questi termini”. Neanche la suora riesce a dare ragione della sua convinzione che Dio, comunque, sia al loro fianco. Questo scambio racconta la fiducia che la donna consacrata ripone nella vicinanza di Dio ma denuncia una certa difficoltà, da parte dei religiosi cattolici, a uscire da uno sguardo “missionario” un po’ avulso.

“Nella mia tensione – ha spiegato il regista – c’è la volontà d’interrogarsi su come certe volte uno schema che si segue diventi più forte dell’autenticità. In alcuni casi forse anche la Chiesa ha assecondato la mentalità dell’uomo bianco portatore di verità. Invece uno sguardo più aperto fa scorgere meglio quanto alcune comunità siano in maniera naturale molto vicine al cristianesimo e incarnino parte del messaggio di Cristo. Spero che il film nel suo piccolo muova dibattiti, faccia interrogare su come ciascuno, a partire dall’incontro con l’altro, possa dare un contributo perché la società sia più uguale. Più santa, in un certo senso”. Speriamo che sia così.

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Titolo Originale: Un giorno devi andare
Paese: ITALIA
Anno: 2012
Regia: Giorgio Diritti
Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Fredo Valla, Tania Pedroni
Produzione: ARANCIAFILM, LUMIÈRE & CO., RAI CINEMA, IN ASSOCIAZIONE CON WILD BUNCH
Durata: 110
Interpreti: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it

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Raffaele Chiarulli

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