Un "gioco di mani" di Antoniazzo Romano

La Madonna di papa Leone I della National Gallery of Ireland

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«Con questo articolo dello storico e critico d’arte Tommaso Evangelista, nasce una nuova fase della mia rubrica “Letture Iconologiche”. Ho infatti invitato alcuni valenti giovani studiosi a collaborare con loro propri contributi, dedicati in modo particolare ad opere d’arte provenienti o conservate in molte aree geografiche, di diverse epoche storiche, in modo da offrire al pubblico di ZENIT un panorama più ampio dell’arte cristiana di tutte di tutti i tempi.»

Prof. Rodolfo Papa

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La National Gallery of Ireland ha aperto le sue porte al pubblico nel 1864 in Leinster Lawn a Dublino. Nel 2014 la galleria compie 150 anni e per l’occasione la repubblica irlandese ha intrapreso una campagna di lavori che dovrebbero finire nel 2015 e che cambieranno il volto dell’edificio con nuovi spazi espositivi. La galleria, quindi, è in fase di ristrutturazione e sono fruibili dal pubblico solamente i capolavori, divisi in due bracci: Irish Masterpieces e European Masterpieces. Le opere esposte sono realmente di eccelsa qualità, un vero e proprio tesoro nel cuore della Dublino georgiana, e permettono uno sguardo complessivo su buona parte dei più importanti artisti dell’arte moderna europea. Escludendo la celebre Cattura di Cristo del Caravaggio ci si può soffermare su altri lavori parimenti significativi: è il caso della Madonna di Antoniazzo Romano.

La Madonna di papa Leone I, chiamata anche Leo Madonna, una tempera su tavola con fondo oro, è di sicuro tra le realizzazioni più brillanti e meno conosciute dell’artista, testimonianza della sua fase matura. Realizzata per la chiesa di Santa Maria Maggiore di Roma intorno al 1475 (Zeri, nella sua fototeca, indica la data del 1490), rappresenta una versione artisticamente modernizzata dell’icona dell’Avvocata. Raffigura la Madonna che intercede presso Dio Padre per la guarigione del papa: tale miracolo, riportato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, riferisce di come il santo, per vincere le tentazioni suscitate dal bacio di una ragazza sul palmo, si fosse amputato da solo una mano e di come per intercessione della Vergine un angelo l’avesse riattaccata. Papa Leone, in effetti, aveva seguito alla lettera un celebre passo del Vangelo di Marco che recita «Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile».

La tavola è divisa in due settori. La Vergine, ammantata di un vestito verde scuro, con risvolti verdi smeraldo e un sole dorato sulla spalla destra, e con una sottoveste rossa, occupa con la sua figura quasi tutta la composizione e apre le mani in segno di invocazione mentre in alto a sinistra Dio Padre, di dimensioni più piccole, benedice guardando il santo posto in basso al centro. Una cornice modanata dipinta separa la sacra conversazione dalla scena del miracolo con un angelo paludato nell’atto di riattaccare la mano destra di un Leone Magno orante, raffigurato col triregno e l’aureola mentre osserva, quasi in estasi, la figura divina. Benché l’opera si possa inserire in una serie di tavole in cui Antoniazzo, il più fecondo pittore mariano nell’Urbe del Quattrocento, seguendo i modelli conservati nelle chiese romane, si ispira a schemi iconografici bizantini, vi si possono rinvenire tracce della grafia del Ghirlandaio e del Pinturicchio, artisti conosciuti nelle stanze Vaticane.

Interessante la ripresa dell’iconografia dell’Avvocata. Esisteva un originale proveniente da Gerusalemme, custodito nel santuario di Chalcoprateia, arrivato dalla capitale bizantina a Roma nel V secolo. Era attribuito a San Luca. A Roma vi sono sei icone molto simili a questa immagine, si trovano a Santa Maria in via Lata, in Sant’Alessio, in San Lorenzo in Damaso, in Santa Maria in Campo Marzio e in Santa Maria del Rosario a Monte Mario, ma la più importante è quella conservata all’Aracoeli datata XI secolo e alla quale il popolo romano attribuiva la cessazione della peste nel 1348. Vi è raffigurata la Madonna a mezzo busto, vestita di tunica, con mani strette al polso e mantello sollevato all’altezza delle braccia rivolte in un’invisibile supplica. Antoniazzo riprende sostanzialmente questo gesto della Vergine ma lo armonizza nello spazio della tavola, inserendo le mani in una sorta di spirale aurea ascendente verso la figura del Padre. E poiché l’oggetto del miracolo è una mano, quella del papa, e tutta la tavola gioca su dei gesti “parlanti”, il pittore fa emergere in maniera incredibilmente moderna la mano sinistra della Vergine dallo sfondo verde scuro del mantello, uno sfondo dal colore tanto intenso, tendente quasi al nero, capace di far pulsare la superficie dipinta. Dimenticate le figure più piccole, quindi, tutta l’attenzione è rivolta alla figura della Madonna, agli splendidi lineamenti del volto e alle mani dalle pose tanto misurate quanto eleganti.

Lo sfondo dorato non fa che esaltare le linee armoniose delle vesti dove cuciture, parimenti dorate, sottolineano i panneggi. L’accordo tra il verde intenso, il verde smeraldo e il rosso rubino è di rara maestria mentre l’alterazione dimensionale delle figure e l’inserimento di una falsa cornice dipinta non fa che creare sostanzialmente un’illusione: papa Leone, in uno spazio quasi piranesiano e metafisico, sta pregando un enorme quadro della Vergine Avvocata quando un angelo appare per compiere il miracolo. La tavola, infatti, era collocata nel preciso punto in cui il papa soleva pregare un’icona della Vergine in Santa Maria Maggiore.

Tommaso Evangelista è storico e critico dell’arte.

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Tommaso Evangelista

Tommaso Evangelista è Storico dell’arte

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