Un figlio non è solo un irresistibile fagottino, ma una persona che necessita di un padre e una madre

Editoriale dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace sul caso della coppia sterile di Milano espatriata in Ucraina per ricorrere alla maternità surrogata, nonostante il divieto italiano

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«Avere figli fa di un uomo e una donna dei genitori non più di quanto avere un pianoforte faccia di essi un pianista».  Non fosse cosa tremendamente seria, e per molti aspetti dolorosa, sarebbe da commentare con l’ironia dello scrittore americano Michael Levine la sentenza con cui, nei giorni scorsi, il Tribunale di Milano ha giudicato il caso di una coppia che, non potendo avere figli, era espatriata in Ucraina nell’intento di ricorrere alla maternità surrogata, nonostante il divieto italiano. Una volta nato il bimbo, i due avevano chiesto che il certificato di nascita stilato a Kiev fosse trascritto all’anagrafe meneghina.

Una condotta per cui la procura di Milano li aveva messi sotto processo con l’accusa di aver alterato lo stato civile del neonato con false dichiarazioni. Ma secondo il magistrato che ha valutato la questione, nessun addebito poteva essere mosso alla mamma ed al papà del pargolo, per avere essi agito nel nome d’un giuridicamente inedito «diritto alla genitorialità: il concetto dell’essere genitori oramai è incentrato sull’assunzione di responsabilità nei confronti del nascituro». Per cui, a detta del Tribunale ambrosiano, quel che vale sarebbe l’intenzione di diventare genitore di chi ancora deve nascere – magari anche quando la natura e le leggi non lo consentono – e non il fatto tangibile di generare un figlio.

Non è, a dire il vero, la prima pronuncia giudiziaria che in Italia si muove in questa direzione. Essa è tuttavia ugualmente significativa poiché sta ad indicare il consolidarsi di un orientamento nell’ambito del quale va delineandosi un drammatico progetto di erosione, e cancellazione, dei diritti dei bambini e dei genitori. Così, a volte con leggi che lacerano il tessuto dei rapporti più belli che la realtà naturale consegna a ciascuno, altre volte in modo del tutto illegittimo, si viola il nucleo più riservato del rapporto tra padre, madre, figlio, inquinando l’intimità più preziosa dell’esperienza familiare.

È comprensibile, e certo da sostenere, l’aspirazione di una coppia ad avere figli, ma l’egoismo sembra il più delle volte prevalere: esistono altre vie, ad esempio l’adozione, per far incontrare virtuosamente il desiderio di maternità e paternità con il futuro di un bambino che attende una famiglia in cui crescere protetto ed amato. Assecondare e incoraggiare la gravidanza per conto terzi promuove invece quello che è a tutti gli effetti un business sulla sofferenza che non tiene conto delle gravissime implicazioni sociali e dei costi umani che  comporta.

Un figlio non è solo un irresistibile fagottino che sorride e ciuccia il latte e riempie di gioia la casa: un figlio è una persona, che ha il diritto di avere un padre e una madre, possibilmente stabili, e conoscibili. O, se adottato, ha il diritto comunque di conoscere la sua storia, e di farci i conti. È importante, allora impegnarsi, lavorare insieme, senza steccati di fede, cultura e tradizione, per difendere i bambini da chi vuole colpirne l’innocenza, la fantasia, addirittura la vita, talvolta. Sono loro, ricordava Georges Bernanos, «il sale della terra: ne perda il sapore, e il mondo sarà in poco tempo solo putrefazione e cancrena».

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Vincenzo Bertolone

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