Un ecumenismo della sofferenza

Al termine della Divina liturgia, Francesco e Bartolomeo firmano una Dichiarazione congiunta in cui ribadiscono l’impegno per l’unità e lanciano un appello di pace per Medio Oriente e Ucraina

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È il ricordo degli Apostoli Pietro e Andrea, i due fratelli nella carne e nello spirito “che proclamarono la buona novella del Vangelo al mondo”, a muovere la penna di Francesco e Bartolomeo. Il Papa e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli firmano una “Dichiarazione congiunta” nella Sala del Trono del Fanar, dopo aver celebrato insieme una Divina Liturgia nella Chiesa patriarcale di San Giorgio e benedetto i fedeli raccolti nel cortile sottostante il balcone del Palazzo patriarcale.

Nel testo, i Successori degli Apostoli abbracciano i cristiani del mondo, soprattutto quelli sofferenti, ed auspicano “di continuare a camminare insieme al fine di superare, con amore e fiducia, gli ostacoli che ci dividono”.

Vengono quindi riaffermate le intenzioni e preoccupazioni già espresse nella Dichiarazione congiunta firmata a Gerusalemme, il maggio scorso, durante l’incontro fraterno con cui si celebrava lo storico abbraccio di Paolo VI ed o Atenagora. Quindi la “sincera e ferma intenzione” di intensificare gli sforzi “per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi”.

In particolare, si rimarca il pieno sostegno al dialogo teologico promosso dalla Commissione Mista Internazionale, che, istituita esattamente 35 anni fa dal Patriarca ecumenico Dimitrios e da Giovanni Paolo II al Fanar, “sta trattando attualmente le questioni più difficili che hanno segnato la storia della nostra divisione”.

A tal fine, Francesco e Bartolomeo assicurano “la nostra fervente preghiera come Pastori della Chiesa, chiedendo ai fedeli di unirsi a noi nella comune invocazione che «tutti siano una sola cosa … perché il mondo creda»”.

Nella Dichiarazione non manca naturalmente uno sguardo alle tragedie che ormai da mesi si consumano in Medio Oriente, specialmente in Siria e in Iraq. I due Pastori manifestano tutto il loro rammarico e si dicono “uniti nel desiderio di pace e di stabilità e nella volontà di promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione”.

Rivolgono quindi un vigoroso appello “a coloro che hanno la responsabilità del destino dei popoli” affinché “intensifichino il loro impegno per le comunità che soffrono e consentano loro, comprese quelle cristiane, di rimanere nella loro terra natia”.

Perché “non possiamo rassegnarci a un Medio Oriente senza i cristiani, che lì hanno professato il nome di Gesù per duemila anni”, rimarcano Francesco e Bartolomeo. “Molti nostri fratelli e sorelle – proseguono – sono perseguitati e sono stati costretti con la violenza a lasciare le loro case. Sembra addirittura che si sia perduto il valore della vita umana e che la persona umana non abbia più importanza e possa essere sacrificata ad altri interessi”.

E tutto questo “incontra tragicamente l’indifferenza di molti”, non teenendo conto di quel fondamentale “ecumenismo della sofferenza”, ovvero che “come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così anche la condivisione delle sofferenze quotidiane può essere uno strumento efficace di unità”.

Pertanto “la terribile situazione dei cristiani e di tutti coloro che soffrono in Medio Oriente” – ribadiscono i due firmatari – richiede non solo “una costante preghiera,” ma anche “una risposta appropriata” da parte della comunità internazionale, come pure “la solidarietà di tutte le persone di buona volontà”.

In tal senso, il Papa e il Patriarca riconoscono l’importanza della promozione di un dialogo con l’Islam, “costruttivo” e “basato sul mutuo rispetto e sull’amicizia”. “Ispirati da comuni valori e rafforzati da un genuino sentimento fraterno – scrivono -musulmani e cristiani sono chiamati a lavorare insieme per amore della giustizia, della pace e del rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona”. Specialmente, “in quelle regioni dove essi, un tempo, vissero per secoli in una coesistenza pacifica e adesso soffrono insieme tragicamente per gli orrori della guerra”.

Un appello va dunque anche ai leader religiosi perché proseguano e rafforzino il dialogo interreligioso e compiano ogni sforzo “per costruire una cultura di pace e di solidarietà fra le persone e fra i popoli”.

Le ultime righe sono infine una dichiarazione di affetto e vicinanza a tutti i popoli che soffrono a causa della guerra. Non solo il Medio Oriente ma anche l’Ucraina, “un Paese con un’antica tradizione cristiana”, per cui Francesco e Bartolomeo fanno appello alle parti coinvolte nel conflitto “a ricercare il cammino del dialogo e del rispetto del diritto internazionale per mettere fine al conflitto e permettere a tutti gli Ucraini di vivere in armonia”.

Un pensiero va anche “ai fedeli delle nostre Chiese nel mondo” che “possano essere testimoni instancabili dell’amore di Dio”. E una supplica a Dio affinché conceda “il dono della pace, nell’amore e nell’unità, a tutta la famiglia umana”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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