Un dolore da best-seller

Un’analisi su un filone dell’editoria che ha avuto grande successo negli ultimi mesi

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di Francesca Pica

ROMA, sabato, 30 giugno 2012 (ZENIT.org) – Il dolore e il suo dannato fascino e quell’urgenza di raccontarne. A quanto pare il tema autobiografico si impone nella narrativa contemporanea, infatti il racconto di sé e la narrazione della sofferenza sono la caratteristica che accomuna molti fra i libri, tra cui veri best-seller, usciti in questa prima metà del 2012.

Una lunga serie di storie che da un po’ piacciono agli editori ed ovviamente piacciono ai lettori. Autobiografie o romanzi che mettono in pagina la morte di un congiunto, o il dramma che porta verso la fine. La tendenza è evidente, le vendite premiano il racconto della pene sofferte.

Primo tra tutti il libro di Massimo Gramellini, il giornalista della Stampa che in Fai bei sogni (Longanesi) narra della propria infanzia segnata dalla morte della madre e dalla pietosa menzogna che gli raccontarono per poi arrivare alla scoperta della verità a quarant’anni di distanza. C’è poi il caso di due attori e showman sulla scena in ruoli brillanti se non comici: Flavio Insinna e Enrico Brignano che hanno scritto della loro famiglia. Per entrambi la volontà di fare autobiografia è scaturita dopo la scomparsa dei rispettivi padri.

È uscito così, di Brignano, Tutto suo padre (Rizzoli). E di Insinna Neanche con un morso all’orecchio (Mondadori) nel quale il senso forte della mancanza si risolve proprio in un corpo a corpo col genitore, una lotta interiore dall’esito infine salutare per l’animo.

A questi si aggiungono quei libri che si tuffano con evidente nostalgia nella soffitta dei ricordi, soprattutto familiari: da La casa sopra i portici  (Bompiani) di Carlo Verdone, anche qui lo spunto è a dipartita del papà, il grande intellettuale e storico del cinema Mario Verdone.

Al Dizionario delle cose perdute (Mondadori) di Francesco Guccini, un’analisi divertente e poetica del nostro vivere quotidiano di ieri perché tutto ciò che è stato non venga dimenticato. Libri diversi, ma con storie sincere, dolorose e autentiche, vissute intensamente e raccontate con delicatezza.

 Ma come spiegarci questa vene editoriale che esibisce i propri lutti? Che infila la penna nei ricordi più laceranti e nei sentimenti più intimi? Probabilmente non esiste una risposta unica, tuttavia è possibile che in un momento della propria vita si senta il bisogno di “dare un senso” a tutta quella sofferenza, a quegli spazi di solitudine estrema e di abbandoni inspiegabili che nessuno riusciva a capire.

Trovare le parole per dirlo e le frasi per scriverlo, (soprattutto per chi, come gli autori citati, scrittore non è) può essere un modo per nominare quel dolore, prenderne congedo e condividerlo con i lettori. Il successo di vendita di questi libri conferma poi una volontà diffusa di confrontarsi con i momenti più drammatici della vita, rovesciando l’abitudine a considerarli i nuovi tabù da nascondere e di cui vergognarsi. Argomenti da non trattare per “buona educazione” o per la condanna ad una eterna allegria di facciata.

È bello invece, trovare in quei momenti compagni di viaggio, che siano autori o lettori. Comprendere che non si è i soli ai quali un dolore ha disordinato un’intera esistenza e con quale fatica si è ritrovato il modo di reggere il ritmo della quotidianità. E così, via via che le pagine scorrono si scopre che parlando di quanto c’è di più intimo e riposto, si riesce a esprimere la parte  più autentica e universale, che tutti ci accomuna.

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ZENIT Staff

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