Un documento da riscoprire, un materno invito alla preghiera

Meditando la lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” (Prima parte)

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di padre Mario Piatti icms,
direttore del mensile “Maria di Fatima” 

ROMA, giovedì, 4 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Ricordiamo, in questo mese di ottobre, il decimo anniversario della lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae e l’indizione dell’Anno del Rosario (ottobre 2002-ottobre 2003), con il quale Giovanni Paolo II intese “rilanciare” e promuovere questa pia pratica –sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio, al soffio dello Spirito di Dio– in tutta la Chiesa.

Nell’ampia introduzione del documento, il Papa accennava alla semplicità e profondità di tale preghiera –da lui prediletta, fin dalla sua giovinezza- strumento efficace di progresso personale ed ecclesiale, sempre amata dai Santi e favorita, in diverse occasioni, dal Magistero. Essa, pur caratterizzata dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio (RVM 1). La diffidenza, talora manifestatasi verso questa devozione, non ha in realtà alcun valido fondamento: anzi, spesso, è nata da una evidente ignoranza della sua articolata struttura spirituale, della sua ricchezza evangelica e della sua innegabile carica “carismatica”. Preghiera del cuore, che riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat, essa ha la capacità di commuovere e di muovere l’affetto alla meditazione e alla contemplazione delle “cose di Dio” attraverso il Cuore della Vergine, introducendoci alla scuola di Maria e a una vera contemplazione della bellezza del volto di Cristo.

L’enciclica Supremi apostolatus officio, di Leone XIII, nel 1883 aprì una felice stagione di autorevoli pronunciamenti, attraverso i quali i Pontefici, via via, attestarono la loro stima nei confronti del Rosario e ne sollecitarono la diffusione e la fervorosa pratica. “Io stesso –confessava Giovanni Paolo II- non ho tralasciato occasione per esortare alla frequente recita del Rosario. Fin dai miei anni giovanili questa preghiera ha avuto un posto importante nella mia vita spirituale… Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. Ad esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto” (RVM 2).

Già diversi anni prima, nel 1978, a sole due settimane dalla sua elezione, si era così favorevolmente espresso: «Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. […] Si può dire che il Rosario è, in un certo modo, un commento-preghiera dell’ultimo capitolo della Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa» (ibidem).

Recitare il Rosario –proseguiva la lettera- non è altro che  contemplare con Maria il volto di Cristo e offrire una ordinaria e feconda opportunità per la contemplazione personale, per la formazione del Popolo di Dio, in vista della “nuova evangelizzazione”, che tanto stava a cuore al Santo Padre: «Mi piace ribadirlo anche nel ricordo gioioso di un altro anniversario: i 40 anni dall’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962), la grande grazia predisposta dallo spirito di Dio per la Chiesa del nostro tempo» (cfr. RVM 3).

Queste parole, a un decennio di distanza –e prossimi alla celebrazione solenne del 50° anniversario del Vaticano II- risuonano ancora più attuali e impegnative che mai. Di fronte alle innegabili difficoltà della nostra epoca, alla scristianizzazione in corso ormai da tempo, alla profonda crisi morale che investe tutte le componenti della società, siamo chiamati non ad abbassare la guardia, ma, anzi, ad alzare il cuore e la mente a Dio, a chiedere luce e forza per rinnovare la nostra Fede e proporla generosamente agli uomini del nostro tempo. Il mondo, oggi, sembra possedere tutto, promette facili ricette di felicità, ma è costretto ad ammettere la sua radicale insufficienza. La devastante situazione economica, che stiamo attraversando, non è che il risvolto, tangibile e concreto, di un malessere ben più profondo e inquietante: di quella radicale povertà dell’uomo che Dio solo sa colmare e sanare. Ti si crede vivo e invece sei morto, dice l’Apocalisse … Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo (Ap. 3,1.17).

L’umile corona del Rosario, nella sua apparente fragilità e inconsistenza, è arma potente di salvezza, posta da Dio nelle nostre mani. È dono di Cielo, che riporta il cuore in alto; è consolazione dello spirito; luce e conforto nella prova, “catena di amore”, come dicono i Santi, che riconduce l’anima a Cristo, alla pratica della Fede, alla carità viva e fraterna. È supplica e intercessione che “muove” e ottiene la misericordia di Dio sulle nostre famiglie; è preghiera dei piccoli, dei semplici, che sa però illuminare le menti più eccelse, in quella mirabile fusione di “Fides et Ratio” che da duemila anni rende affascinante la proposta cristiana, perché essa sa parlare alla intelligenza e al cuore. Il Rosario non si oppone alla Liturgia, ma le fa da supporto, giacché ben la introduce e la riecheggia, consentendo di viverla con pienezza di partecipazione interiore, raccogliendone frutti nella vita quotidiana (RVM 4).

La “nuova evangelizzazione” passa necessariamente attraverso il Cuore Immacolato di Maria. Lei sola conosce pienamente “i segreti di Dio” e desidera ardentemente comunicarli alla Chiesa e a ogni credente. Riscopriamo il Rosario, quale tenerissima e materna via, che dispone alla Grazia e accompagna il nostro cammino, quale luce di speranza tra le insidie di questa difficile epoca.

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ZENIT Staff

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