"Un cristiano, invincibilmente triste, non è un autentico cristiano!"

Il presidente del Rinnovamento nello Spirito spiega come sia necessario risorgere per vivere

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di Salvatore Martinez

ROMA, mercoledì, 28 marzo 2012 (ZENIT.org) – La risurrezione di Gesù fa la storia; la risurrezione di Gesù fa bella l’umanità, perché l’avvolge della gioia di Cristo. Una gioia che Gesù ha definito «piena» (cf Gv 16, 21-24), cioè totale e quindi completa in tutto; una gioia che basta a se stessa, che non ha bisogno di nulla per alimentarsi, per crescere e spandersi.

È la risurrezione di Gesù l’antidoto alla vecchiaia del mondo ed è al contempo la causa della continua giovinezza della Chiesa. La gioia pasquale è la prova dell’attualità di Cristo nel tempo presente: se lui è vivo, se è presente, allora non c’è spazio per i rimpianti, per le nostalgie, per le tristezze, perché esse sono state vinte!

È bene ricordarlo: un cristiano, invincibilmente triste, non è autenticamente cristiano!

Un’eco è in Blaise Pascal, quando afferma: “Nessuno è felice come un vero cristiano, né – come lui – ragionevole, virtuoso, amabile”[1].

 Il cristiano è riconoscibile solo se ha nel cuore, sulle labbra e in tutto il suo essere la gioia pasquale. Chi è di Cristo, di Cristo Risorto, fa esperienza di questa realtà ogni giorno; il cristiano, quello vero, non vive di “desideri di salvezza” (pasquali), piuttosto vive la Pasqua, attestando con la propria fede la gioia di essere salvato, sempre.

Se Gesù è proclamato Signore e invocato come Salvatore, ecco che le situazioni di morte lasciano il posto alla vita, ogni male si tramuta in bene, concorre al bene.

È questo il nostro incessante “passare” nella storia, cioè “fare Pasqua” fino al giorno in cui la «vita nuova in Cristo» (cf Rm 8; Ef 4), che ci è dato di esperimentare nel corso della nostra esistenza terrena, diventerà la “vita eterna con Cristo”, giorno ultimo e definitivo del nostro passaggio alla “vera vita”.

È la risurrezione di Cristo che genera in noi una sete inesausta di assoluto, di verità, di cattolicità: è la luce divina che illumina le intelligenze, che smaschera le menzogne, che supera ogni barriera.

Quando la Chiesa proclama, forte e chiaro, che Cristo è Risorto vive senza complessi, offre il Vangelo al mondo senza riserve, si prende cura di ogni uomo insegnandogli ad amare. Sempre: chiunque, dovunque, comunque!

La risurrezione di Cristo ha dilatato i confini del mondo così che la terra, da questo evento che ha cambiato il corso della storia, ha assunto i contorni e i colori del cielo. È la risurrezione di Cristo che non fa della Chiesa un ghetto, ma uno spazio d’amore smisurato e mai pienamente conoscibile con le nostre categorie umane.

Sant’Agostino, aprendosi alla luce di Cristo, così descrive la “sua pasqua”: “Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace”[2].

Non c’è Pasqua senza Cristo… e senza la tentazione!

La Pasqua resta un mistero che ripropone ogni anno, ogni giorno, alla nostra vita di fede il tema della fedeltà di Cristo e della nostra infedeltà; della ricchezza della sua “grazia” e della povertà delle nostre “disgrazie”; della sua dignità divina estesa anche a noi per il suo preziosissimo sangue.

A tal proposito, l’apostolo Paolo afferma: «Nel suo Figlio diletto abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia» (Ef 1, 7).

Ecco, allora, in cosa consiste la bontà divina, la sorprendente novità di Dio Padre che trova nella Pasqua cristiana il compimento dell’antica alleanza: Cristo, il Figlio, è l’amato, il diletto per eccellenza.

Il Padre ama a causa di lui e attraverso di lui ci riempie di ogni grazia. Non c’è Pasqua senza Cristo! In lui, in lui solo, la Pasqua è nuova ed eterna, perché è fatta: «nel sangue che viene versato per noi» (cf 22, 20; cf  Eb 13, 20).

Dobbiamo, allora, aderire a Cristo e per suo mezzo chiedere, sperare e meritare in special modo le cose celesti. Come sono edificanti le parole del salmista, un canto che preconizza la Pasqua storica di Gesù:

«Benedetto il Signore sempre: ha cura di noi il Dio della salvezza. Il nostro Dio è un Dio che salva; il Signore Dio libera dalla morte. Sì, Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici» (Sal 67, 20-22).

Il Padre ha condannato il diavolo, autore della morte procurata ingiustamente al Cristo;  così si esprime san Giovanni Crisostomo: “Dio ha tolto al diavolo il dominio che a causa del peccato esercitava sugli altri uomini. Non ha il potere di prevalere su chi gli resiste. Il credente è più robusto del diavolo e lo Spirito Santo rende più facile il nostro combattimento”[3].

Se partecipiamo con fede attiva alla Pasqua di Gesù, il primo segno di questa benevolenza del Padre è costituito proprio dalla distruzione delle opere del maligno, in noi e fuori di noi.

Il combattimento vittorioso di Gesù su satana continua ad attuarsi in noi se viviamo in comunione con il Signore; per mezzo nostro, poi, si estende a coloro che sono uniti nel corpo mistico di Cristo.

Per ogni approfondimento vedere il libro di Salvatore Martinez “C’è una speranza che non delude. il tempo dello Spirito” (Ed. Rinnovamento nello Spirito)

*

[1] In Pensiero n. 541

[2] In Le Confessioni, X, 27, 38.

[3] In De imbecillitate diaboli, 2, 1. Un testo originale da consultare è: Giuseppe Bentivegna S.I., Cento capitoli su Spirito Santo e Carismi. Insegnamenti di San Giovanni Crisostomo. Ed. RnS, Roma 1999.

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ZENIT Staff

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