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Ucraina: un dramma dimenticato. Ma non dal Papa

Una panoramica della tragica situazione che il paese vive dall’inizio del conflitto armato, in vista della colletta lanciata dal Papa in tutte le Chiese europee domenica 24 aprile

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Tragedia umanitaria. Un’espressione che subito rimanda il pensiero al Medio Oriente e al genocidio dei cristiani, al Nord Africa e alle violenze estremiste, all’Europa e ai migranti di ogni età ammassati al confine. Difficilmente si pensa alla situazione che dall’inizio della primavera del 2014 si vive in Ucraina orientale, dove il conflitto armato ha sconquassato un paese e, nonostante il cessate-il-fuoco del settembre 2015, ancora perdura.

Circa 9mila i morti accertati in quasi due anni, con vittime causate ancora oggi dall’enorme quantità di mine non rimosse e dagli spari incessanti dell’artiglieria. A questi si aggiungono dispersi e prigionieri, spesso illegalmente detenuti.

Un vero dramma, dunque, ad est del Vecchio Continente. Papa Francesco è stato tra i pochi ad aver rotto il silenzio sulla situazione di questo paese che “soffre per le conseguenze di un conflitto armato, dimenticato da tempo”, come ha detto nell’ultimo – l’ennesimo – appello nell’udienza generale di mercoledì.

Parole, quelle del Papa, che diventano azioni concrete domenica 24 aprile con la colletta per l’Ucraina che coinvolge le Chiese cattoliche d’Europa. Tutto il raccolto sarà distribuito alla popolazione grazie al coordinamento del Pontificio Consiglio Cor Unum attraverso la rete delle Chiese greco-cattolica e latina e altri organismi.

L’iniziativa rappresenterà dunque una carezza del Papa e della Chiesa di Roma a questa gente ferita, nel corpo e nell’anima. “La vicinanza di molti – scrive infatti in un comunicato la Congregazione per le Chiese orientali in vista di domenica – sia come piccola lampada che riaccende la speranza nei cuori feriti, aiuti tutti i Pastori delle Chiese cristiane a consolare e a guarire il dolore dei propri fedeli, sproni coloro che reggono le sorti dei popoli a promuovere il rispetto del diritto e la pace”.

“La Santa Sede – riferisce invece un comunicato vaticano – sta predisponendo al riguardo interventi specifici che vadano a beneficio dell’intera popolazione, senza distinzione di appartenenza religiosa o confessionale, allo scopo di venire incontro all’emergenza umanitaria, specialmente nelle aree più critiche”. Per questo, si legge, “è in allestimento un meccanismo per la raccolta e la scelta dei progetti da finanziare, mediante un’apposita Commissione in loco, incaricata di vagliarli”. Cor Unum si occuperà quindi “di approvare e valutare la gestione tecnica dei fondi, cui sarà data opportuna rendicontazione”.

I danni da riparare non sono pochi, e riguardano ogni ambito. A cominciare dalla situazione economica generale nettamente peggiorata negli ultimi mesi, in preda ad una pesante inflazione che riduce drasticamente il potere di acquisto. Vigono pure limitazioni all’importazione di beni commerciali, compresi i medicinali, nonché ingenti difficoltà per l’arrivo di aiuti internazionali nei territori più martoriati. In questi risiedono oltre 500mila persone che hanno urgente necessità di cibo e si contano oltre un milione e mezzo di sfollati interni.

La situazione del settore sanitario appare ancora più disagiata, specie nelle zone più direttamente interessate dalla guerra: oltre 120 centri sanitari sono stati danneggiati o distrutti e sono a rischio le donne incinte e partorienti, mentre continua a crescere il pericolo di diffusione di Aids e tubercolosi. Inoltre, mancano anestetici e le operazioni vengono spesso eseguite senza anestesia. Molte farmacie sono state chiuse o distrutte e quei pochi farmaci ancora in circolazione hanno raggiunto prezzi proibitivi.

Si vive poi un clima generale di instabilità, che impedisce la ricerca serena di una soluzione alla crisi umanitaria. Esso è causato soprattutto dall’incessante minaccia armata e dal dilagare di bande armate incontrollate che mettono a repentaglio l’incolumità di tutte le persone che continuano a vivere nelle regioni maggiormente colpite dal conflitto.

Circa 3 milioni – secondo stime della Santa Sede – quelli che attualmente, con gravissimi disagi, risiedono in questi territori; la maggior parte sono anziani che non hanno potuto, o forse voluto, lasciare la zona dei combattimenti. Molti abitano in case quasi completamente danneggiate: se ne contano dalle 12 alle 15mila in queste condizioni. Più di mille sono state rese invece un cumulo di macerie. E la situazione si preannuncia drammatica in previsione delle rigide temperature autunnali e invernali.

Che dire poi dei bambini impossibilitati a frequentare la scuola? Questo è il minimo di fronte al fatto che sono oltre 200mila i minori che hanno trovato rifugio nelle regioni ucraine fuori le aree colpite; un bambino su quattro è quindi uno sfollato. Molti risentono di gravi forme di trauma psicologico, a causa delle violenze di cui sono stati testimoni o che anno provato. Alcuni hanno addirittura perso la capacità di leggere e scrivere.

Quello che però tanti bambini e tanti adulti in Ucraina non hanno mai perso è la capacità di resistenza, alimentata dalla speranza e sostenuta da una rete di aiuto funzionante costituita principalmente dalle confessioni religiose. Tra queste anche i cattolici – in Ucraina solo il 10% della popolazione (quindi una piccola minoranza nell’area più colpita) – che sono pienamente mobilitati per l’assistenza ai bisognosi, anche se a fatica riescono a fronteggiare la vastità delle emergenze.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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