The Latin Patriarch of Jerusalem

ANSA - FADI AROURI/POOL

Twal: “La misericordia non è segno di debolezza ma del perdono di Dio”

Durante la messa di mezzanotte, il patriarca di Gerusalemme stigmatizza la strumentalizzazione violenta delle religioni

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Riportiamo di seguito l’omelia di monsignor Fouad Twal , patriarca latino di Gerusalemme, pronunciata nella messa di Natale di mezzanotte , nella chiesa di Santa Caterina a Betlemme.

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Sua Eccellenza Signor Mahmoud Abbas, Presidente dello Stato di Palestina

Signor Primo Ministro Rami al Hamdallah

Onorevoli Ministri ed Eccellenze, ambasciatori, consoli, rappresentanti diplomatici

Cari consacrati e consacrate, cari pellegrini e fedeli,

Anche quest’anno siamo venuti a Betlemme per rivivere con gioia e speranza la memoria della nascita del Verbo Incarnato. Colui che, a causa della Sua grandezza e del Suo potere, il mondo non può contenere, ha preso dimora nel grembo di una Vergine ed è nato in una piccola grotta. Egli è venuto a mostrarci il Volto misericordioso di Dio, raccomandandoci più volte “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36). Recentemente sono accaduti nel mondo intero fatti terribili. Possiamo dire con tristezza che abbiamo perso la nostra umanità e i nostri valori spirituali, e la religione è diventata un motivo per uccidere in nome di Dio, invece di invitare alla fratellanza. Quello di cui soffriamo dunque oggi è l’assenza di misericordia, come se l’evento di Cristo e il messaggio del suo Natale fossero vani.

Papa Francesco ha dedicato l’anno 2016 alla misericordia divina in tutti i suoi aspetti. L’inizio dell’anno della Misericordia è stato segnato da un’azione simbolica: l’apertura delle Porte Sante nelle cattedrali e nei santuari, con il nome di “Porta della Misericordia”. Chiunque bussa ad essa con il cuore contrito, ed entra nella chiesa, accostandosi al sacramento della riconciliazione, non fa che bussare alla Porta della Misericordia divina, per ottenere da questa fonte ciò che è necessario al perdono dei propri peccati e delle loro conseguenze. È quello che abbiamo fatto all’inizio di questa Celebrazione, proclamando che la porta della Basilica della Natività è una delle porte della Misericordia, nella speranza che l’attraversino molti fedeli e pellegrini durante quest’anno di Giubileo.

Il Vangelo ci offre due parabole che descrivono la relazione che c’è tra la misericordia divina e la nostra, quella del Padre misericordioso appunto, un tempo detta anche del “Figliol prodigo”, di cui il padre attende impaziente il ritorno (Lc 15,11-32) e quella del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37) Il Samaritano non si accontenta di avere pietà di quello straniero ferito, ma si adopera per aiutarlo e farlo guarire. Le due parabole sono strettamente legate. Senza sperimentare la misericordia di Dio nella nostra vita, sarà difficile avere misericordia degli altri. E il Maestro stesso ci invita: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36).

La misericordia deve comprendere tutti, vicini e lontani, coloro che amiamo e coloro che detestiamo. È facile dare prova di misericordia verso coloro che ci sono vicini per parentela religione o etnia. Ma è difficile estenderla ai poveri, agli emarginati, ai rifugiati, ai prigionieri e alle vittime della violenza e del terrorismo. Il nostro cuore è con i milioni di rifugiati sparsi nei campi e nelle baracche, in preda a un freddo pungente. È con coloro che fuggono dalle zone di conflitto, traversando il mare con mezzi di fortuna, e trasformandolo in un gigantesco cimitero. Nelle nostre preghiere, il nostro pensiero va alle case demolite a Gerusalemme e in Palestina, ai terreni espropriati e a coloro che sono stati colpiti da una punizione collettiva. Il nostro pensiero va alle vittime del terrorismo, dovunque siano e a qualunque popolo appartengano. Sono tutti nostri fratelli in Umanità. Che il loro grido divenga il nostro, abbattiamo insieme il muro dell’indifferenza. Ringraziamo gli Stati che hanno aperto le loro porte ai profughi: la Giordania, il Libano, la Turchia e numerosi Paesi europei. Incoraggiamo i Paesi incerti a superare la paura nei confronti di coloro che chiedono asilo, e ad accoglierli in attesa che la situazione migliori e che possano rientrare nelle loro case. Sì, esiste ancora la misericordia e anche la bontà a questo mondo. Non tutti hanno perso la loro umanità.

Fratelli e sorelle, la misericordia non si limita alle relazioni individuali ma riguarda anche tutti i settori della vita pubblica: politico, economico, culturale, sociale…., a tutti i livelli: internazionale, regionale e locale, e in tutte le direzioni: tra Stati, popoli, etnie, religioni e confessioni religiose. Quando la misericordia diventa una componente dell’azione pubblica, allora riesce a condurre il mondo dalla sfera degli interessi egoistici a quella dei valori umani. Questo contribuisce alla costruzione di un mondo migliore. La misericordia è atto politico per eccellenza, a condizione di considerare la politica nel suo senso più nobile, cioè la presa in carico della famiglia umana a partire dai valori etici, dei quali la misericordia è una componente principale, che si oppone alla violenza, all’oppressione, all’ingiustizia, all’autoritarismo e allo spirito di dominio. In un mondo intriso di brutalità, la vocazione del credente è quella di testimone della misericordia divina, in collaborazione con gli uomini e le donne di buona volontà. Semi di misericordia sono presenti in tutte le religioni, soprattutto nella religione ebraica e nell’Islam, che la considerano una caratteristica eminente di Dio. Prima di essere l’Onnipotente e il Creatore, Dio è il Misericordioso.

Spetta a noi curare questi semi perché possano crescere nella nostra vita pubblica e privata.

In tal modo potremo contribuire a costruire un mondo migliore, dove regneranno l’equità, la pace, la carità e il rispetto reciproco. Chiediamo a tutti i fedeli di far crescere nel loro cuore il sentimento della Misericordia, perché divenga patrimonio comune della vita pubblica e privata.

L’appello alla misericordia è rivolto non solo alle persone oneste, ma anche a coloro che compiono il male, perché si ravvedano e cambino strada. È un appello a tutti coloro che hanno in mano il destino dei popoli, a coloro che fanno scelte politiche portatrici di morte, perché si pentano e facciano prevalere la dignità dell’uomo sui loro interessi materiali. È un appello ai fabbricanti e ai trafficanti di armi letali, che traggono la loro fortuna dalle sofferenze degli altri: fino a questo punto ci ha portato una politica cieca e ottusa!

L’appello alla misericordia riguarda anche tutti coloro che sono coinvolti nella corruzione. Questo vizio ignobile è un grande peccato che grida vendetta al cospetto di Dio, perché mina le fondamenta stesse della società. Il corrotto, con la sua avidità, opprime il debole e schiaccia i più vulnerabili. Nessuno può pensare di essere immune da questa tentazione. E, per poterla estirpare dalla vita personale e sociale, occorre molta vigilanza e vicinanza a Dio. Preghiamo per i corrotti, sperando che la loro coscienza si risvegli, e che odano questo richiamo prima che sia troppo tardi.

Fratelli e sorelle, la misericordia non è un segno di debolezza, ma un’espressione dell’onnipotenza divina, che si esprime nel suo massimo grado nella misericordia e nel perdono. Non esiste contraddizione tra la misericordia di Dio e la sua giustizia, perché Egli è giusto e misericordioso nello stesso tempo. Chiunque si rifiuti di ricorrere alla Sua misericordia, finirà per cadere sotto la sua rigorosa giustizia. Questo è ciò che permette ai popoli e agli individui vittime dell’ingiustizia di non perdere la speranza. Gesù Cristo ha detto: “Con la misura con cui misurate, sarà misurato anche a voi” (Lc 6,38), e “Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia” (Mt 5,7).

In questa notte, in cui celebriamo la nascita del Principe della Pace e della Misericordia, siamo venuti a pregare perché si trasformi la faccia della Terra, perché il mondo divenga un luogo
accogliente e sicuro, dove regnino la pace al posto della rivalità, la misericordia al posto della vendetta e la carità al posto dell’odio.

A tutti voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, o che siete in collegamento attraverso la televisione, a Lei, Signor Presidente, a tutti i fedeli di questa città benedetta di Betlemme, a tutti voi abitanti della Terra Santa, Cristiani, Mussulmani, Ebrei e Samaritani, auguriamo sinceramente un anno nuovo ricco di gioia, benedizione e salute.

“Ricordati, Signore, della tua misericordia, della tua fedeltà che è da sempre” (cfr Sl 25, 6). Amen.

 

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ZENIT Staff

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