Tra Austerity e Shutdown

Avanza il neofeudalesimo e decresce la democrazia, perde il bene comune e cresce la diseguaglianza

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Democrazia e Feudalesimo sono due termini antitetici. Democrazia indica un sistema basato sulla libertà individuale, sulla divisione dei poteri, sul consenso dei cittadini, sulla sussidiarietà verticale, orizzontale e circolare. Feudale è un sistema basato su un rapporto gerarchico tra superiore e inferiore, feudatario e vassallo, padrone e sottoposto. Il sistema democratico, inoltre, si fonda sul diritto e il rispetto della legge uguale per tutti, quello feudale sulla “ fedeltà” dei sottoposti.

I due termini, però, possono anche fondersi e dar vita ad un “ircocervo”, come sta accadendo nelle democrazie ed economie avanzate negli ultimi tempi. Analizzando le storie politiche ed economiche di questi ultimi anni troviamo diversi fatti che lo testimoniano.

Le politiche di austerity imposte dalla Germania a tutta l’Europa e lo shutdown (1) degli Stati Uniti (che rischia di provocare una nuova crisi economica e finanziaria mondiale ancora maggiore di quella del 2007) raccontano in fondo la stessa storia: quella dello scontro tra gli interessi delle lobby di potere contrapposti a quelli delle comunità nazionali e dello sforzo talora svilito di trovare la via di un checks and balance system (i pesi e contrappesi del sistema istituzionale). Uno sforzo che sottopone la democrazia agli interessi dei potentati apolidi e danneggia il bene comune dei paesi interessati.

Questo strano “ircocervo” nel caso dello shutdown – il Tea-party, la frangia più radicale del Partito Repubblicano americano – tiene in ostaggio oltre che lo stesso partito, anche il Congresso, l’intero Paese e il mondo intero. Ma quale è la posta in gioco? Il Tea-party, forte della retorica del fondamentalismo religioso, propone una ideologia anarco-liberista e un’agguerrita  propaganda contro lo Stato, luogo di potere contro coloro che pensano di usarlo per una buona causa di giustizia.
A differenza dei populismi europei “governati” da un leader carismatico, il Tea Party è un movimento federalista come il Paese nel quale è nato.

Il suo obiettivo è “cut back, pay back, take back”, ossia “taglia (le spese statali), rimborsa (il debito pubblico), fai ripartire (l’economia senza se e senza ma)”. Il tutto senza preoccuparsi delle crescenti diseguaglianze.
Come testimoniano tutte le ricerche mondiali sulle diseguaglianze economiche e sociali, ormai così radicali da aver dato vita a due popoli, un po’ come nell’antica Atene. Anche oggi, infatti, gli oligarchi e le lobby di potere, benché dentro il sistema democratico, scalpitano per avere privilegi e non sottostare alla regola dell’eguaglianza, della giustizia sociale e del bene comune.

In altre parole, si tratta di una antropologia neofeudale fondata sull’egolatria che domina e regola le società postmoderne. Tale ideologia non vuole contribuire al bene comune perché giudica i deboli e i poveri come dei “parassiti” che si prendono tutti i benefici.

Come ha sottolineato Papa Francesco a Cagliari, in questa società egolatrica c’è “un tradimento del bene comune sia da parte di singoli che da parte di gruppi di potere”. Quindi è necessario “togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona e il bene comune”. Queste lobby, al nord come al sud del mondo, si domandano: “Perché dovrei pagare per il bene comune, pagare più tasse quando i benefici che ne ricevo sono molto scarsi o del tutto nulli? Meglio pensare al mio bene totale”.

Le politiche egolatri che, insomma, vogliono smantellare lo stato sociale, il welfare civile, non comprendendo che in questo modo si da vita ad una società inumana, anarchica, ad un mondo sempre più incivile che crea una “cultura dell’indifferenza” distante dai problemi di larghi strati della popolazione. Siamo tornando, cioè, alla vecchia questione della lotta di classe a parti contrapposte. Questa volta, però, sono i potenti a tagliare qualsiasi legame con il mondo civile, dando vita ad una “società dell’indifferenza”, chiusa alla fraternità, al dono e alla reciprocità.

“La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”. Lo ha affermato lo stesso Papa Francesco nell’omelia dell’8 luglio scorso a Lampedusa, aggiungendo che: “In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. La globalizzazione dell’indifferenza – ha detto il Pontefice – ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto”.

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NOTE

(1) Nella politica americana il termine indica il blocco, da parte del Governo, di programmi e servizi pubblici, ad eccezione di quelli essenziali (come quelli forniti da polizia, esercito, poste). Lo shutdown si verifica quando il Congresso non trova un accordo per finanziare i programmi del Governo nell’anno fiscale in corso. Per scongiurare questa eventualità, i parlamentari devono trovare un’intesa per alzare l’attuale tetto al debito pubblico (14.294 miliardi di dollari) entro il 2 agosto.

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Carmine Tabarro

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