"Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in te"

L’omelia del cardinale Caffarra per la solennità dell’Immacolata

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BOLOGNA, giovedì, 8 dicembre 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia del cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, tenuta questa mattina nella basilica di San Petronio in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione.

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1. «Entrando da lei le disse: ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». Inizia con questo saluto il dialogo dell’angelo con Maria: il dialogo che è alla base della nostra salvezza. Esso infatti si conclude col consenso di Maria a divenire la madre di Gesù: «eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto».

L’angelo si rivolge a Maria chiamandola «piena di grazia». Nessuna persona nella S. Scrittura è indicata con questo nome e salutata in questo modo. Esso denota una singolare santità della Vergine Maria.

La Chiesa, meditando su questo saluto dell’angelo che ci rivela la santità singolare di Maria, è arrivata a comprendere che ella è stata redenta fin dal suo concepimento. Oggi noi celebriamo il fatto che «la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia di peccato originale» [Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus, DS 2803]. Tota pulchra es Maria – canta la Chiesa – et macula originalis non est in te.

Per avere una qualche comprensione di questo singolare dono fatto a Maria, è necessario che riascoltiamo nel cuore la prima lettura.

«Dopo che Adamo ebbe mangiato dell’albero»: la prima lettura inizia con queste parole. L’uomo ha abusato della sua libertà disobbedendo al suo Creatore; ha voluto essere padrone assoluto di se stesso, pur essendo creatura.

La prima lettura mostra poi le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza: l’uomo e la donna hanno paura di Dio; l’armonia interna alla persona si è disintegrata; l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni. Infrangendo l’ordine nei riguardi di Dio, anche l’orientamento verso se stesso e gli altri è infranto.

Ma il peccato di cui parla la prima lettura non ha riguardato solo il primo uomo e la prima donna. Il loro peccato intacca la natura umana, che da loro di generazione in generazione viene trasmessa in una condizione decaduta e di ingiustizia. Ciascuno di noi contrae questa condizione semplicemente a causa del suo essere concepito nella natura umana. Maria, per un singolare privilegio, ne fu preservata: la sua concezione fu immacolata. È questo evento di grazia che noi stiamo celebrando.

2. Perché Maria fu dotata di questo singolare privilegio? Come vi dicevo all’inizio, il dialogo dell’angelo con Maria termina col consenso che ella dà a divenire la madre di Gesù. È in ordine alla sua divina maternità che ella fu preservata dall’ingiustizia originale. Fra poco nel Prefazio diremo: «Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio».

È a causa della sua singolare relazione a Cristo, che Maria è stata redenta e santificata in modo singolare. Ma questo è il progetto di Dio su ciascuno di noi.

Ciascuno di noi è stato scelto prima della creazione del mondo, per essere santo ed immacolato al cospetto di Dio nella carità. Questa scelta divina non è stata compromessa dalla condizione di ingiustizia in cui nasciamo. Subito dopo la caduta del primo uomo Dio la conferma, predicendo all’uomo stesso che il male sarà vinto e l’uomo sollevato dalla sua caduta; «io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa, e tu le insidierai il calcagno».

Cari fratelli e sorelle, la nostra condizione è dunque drammatica perché in ciascuno di noi confliggono due poteri: il potere della grazia redentiva di Cristo e il potere del peccato e dell’ingiustizia. Come insegna il Concilio Vaticano II: «tutta intera la storia umana è … pervasa da una lotta tremenda contro il potere delle tenebre … inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio» [Cost. past. Gaudium et spes 37].

La contemplazione della santità di Maria produca nella nostra libertà una profonda affezione al bene, una forte attrazione verso «tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode» [Fil 4, 8]: convinti che il male e non il bene è tristezza, noia, e monotonia.

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ZENIT Staff

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