"Tor Bella Monaca 'luogo abbandonato da Dio'? Per nulla, il Papa troverà una realtà viva!"

Intervista a don Francesco De Franco, parroco di Santa Maria Madre del Redentore che Francesco visiterà la prossima domenica 8 marzo

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Tra tutte quelle visitate finora da Papa Francesco, Tor Bella Monaca si può definire la “periferia” per antonomasia. Non solo dal punto di vista geografico, ma anche per i disagi, la povertà e i casi di delinquenza che vivono gli abitanti del quartiere a sud di Roma. Eppure non è questo il tratto caratteristico di quello che molti definiscono il “Bronx” della Capitale, bensì la bontà e la vivacità della gente.

Persone semplici, umili, dalle poche pretese, se non quella di incontrare da vicino il Papa durante la visita di domenica 8 marzo nella parrocchia di Santa Maria Madre del Redentore. Un evento per cui ognuno ha cercato di dare il proprio contributo, come testimonia il parroco don Francesco De Franco, che tra le mille telefonate dei giornalisti, l’organizzazione a ritmo serrato dell’accoglienza del Papa e le richieste più varie dei parrocchiani (dai biglietti alle udienze private con il Santo Padre) ha trovato il tempo per rispondere ad alcune domande di ZENIT. Di seguito l’intervista. 

***

Tor Bella Monaca, una delle realtà più difficili di Roma. Quale scenario si troverà Papa Francesco davanti agli occhi?

Sicuramente uno scenario in cui l’ambiente non è uno dei più semplici… A Tor Bella Monaca ci sono situazioni che inducono a pensare che sia ‘un luogo abbandonato da Dio e dagli uomini’. C’è tanta gente che vive disagi sociali, come mancanza di lavoro, di una casa, molti sono in carcere o agli arresti domiciliari, perché nelle periferie, quando l’uomo è abbandonato a sé stesso, quando non ha un’occupazione, cede ad altri tipi di guadagni facili come lo spaccio e via dicendo…

Come si inserisce la parrocchia in questo tessuto sociale così complesso?

Noi siamo molto presenti sul territorio come sacerdoti, come parrocchia, ma anche attraverso le Suore di Santa Giovanna Antida che si occupano in particolare dei malati e delle famiglie disagiate, e le Suore di Madre Teresa che nel quartiere hanno la possibilità di esprimere il loro carisma: ovvero vivere con “i più poveri tra i poveri”, secondo le indicazioni dalla fondatrice. Ma oltre a questo abbiamo anche un Centro di ascolto Caritas, gli scout, i volontari di Sant’Egidio, l’Ordine di Malta che si occupa delle consulenze mediche e legali. Inoltre distribuiamo 400 pacchi viveri al mese, gestiamo richieste delle più diverse utenze: medicinali, cibo, vestiti, assistenza alle famiglie ecc.

Insomma, una parrocchia che non sta mica con le mani in mano…

Concorriamo a fare della parrocchia un punto di riferimento spirituale e umano per la gente. Vogliamo che le persone di questo quartiere nel momento del bisogno si rifacciano alla parrocchia. È un lavoro difficile, ma da anni ormai Santa Maria Madre del Redentore lavora così. Io sono parroco da soli 3 anni, ma da quando sono arrivato ho trovato una realtà già molto ben lanciata, grazie all’opera dei miei predecessori. Nei suoi 27-28 anni dalla costruzione, la parrocchia è diventata quindi una realtà viva, fondamentale nel territorio.

Ricordo che nei primi giorni di pontificato di Papa Francesco vennero in tanti ad intervistarmi, in quanto parroco “di periferia”. E un giorno una giornalista mi disse: “Padre, prima di venire da lei ho fatto un giro sul territorio e mai avevo visto un quartiere di questo tipo dove la gente, non solo ama così tanto i preti, ma vedono in loro e nella parrocchia un unico punto di riferimento”.

Immagino allora il fermento di questi giorni per la visita del Santo Padre. Ci racconti un po’…

Beh, c’è stata un po’ la corsa al biglietto… D’altronde la parrocchia comprende 40mila abitanti, 87.500 famiglie, è normale che tutti abbiano il desiderio di incontrare il Papa. C’è comunque tanta gioia, anche tanta curiosità. Noi abbiamo cercato di fare in modo che tutti partecipino quantomeno alle occasioni in cui il Papa incontrerà le diverse realtà. 

Cioè? Come si svolgerà il pomeriggio di Bergoglio a Santa Maria Madre del Redentore?

Abbiamo organizzato la visita in modo da presentare al Santo Padre i due aspetti fondamentali della parrocchia. Innanzitutto la povertà: il Papa incontrerà infatti sette famiglie che vivono in situazioni di gravi sofferenze. Poi ci sarà un incontro con i due diurni di scuole elementari e medie gestiti dalle suore. In parrocchia ci sono infatti tanti tanti bambini che giocano, frequentano l’oratorio, le attività catechetiche, ma anche ludiche, i corsi di teatro, danza, calcetto, grazie anche all’opera dei Cgs, i circoli giovanili socioculturali dei salesiani. Di questi bambini, mille abbracceranno il Santo Padre, insieme anche agli scout, alle cinque comunità del Cammino Neocatecumenale e a circa 200 collaboratori parrocchiali. Dimenticavo anche che il Pontefice incontrerà anche quasi 150 ammalati, di cui oltre una cinquantina sulla sedia a rotelle, accompagnate dalle Suore di Santa Giovanna Antida.  Insomma a Papa Francesco vogliamo raccontare la realtà di questo quartiere che si esplica in certe situazioni di povertà, ma anche nella vivacità della parrocchia e dalla grande partecipazione dei giovani.

Se la aspettava questa grande partecipazione?

Sinceramente sì… Anche se devo dire che sono rimasto molto colpito dal coinvolgimento emotivo della gente. Le racconto un aneddoto: una coppia di parrocchiani l’altro giorno mi ha chiesto: “Don Francesco ha un biglietto per nostro figlio per il Papa?”. “Vostro figlio?” ho risposto, sapendo che era molto lontano dalla Chiesa e da Dio. “Sì, nostro figlio”, mi hanno detto, “è da un po’ di tempo che si sta riavvicinando alla Chiesa e l’incontro con il Papa suggella questo riavvicinamento”. Un altro signore, invece, mi si è avvicinato domenica dopo la Messa delle 9.30 e mi ha sussurrato: “Padre, volevo chiederle una cortesia. Sicuramente non incontrerò il Papa domenica, lei però sì. Può fissarmi un appuntamento con lui in Vaticano? Avrei bisogno di parlargli…”. Racconto questo perché per me è molto bello poter presentare al Santo Padre queste realtà così umili, semplici, ma vive…

Un altro aneddoto è come lei è venuto a conoscenza della visita del Papa…

Sì, è stata una sorpresa. Io già qualche tempo fa avevo detto al cardinale Vallini che la parrocchia si rendeva disponibile ad ospitare il Papa. Anche il vescovo di settore, mons. Marciante, ne era al corrente. La data si sarebbe dovuta rivelare dopo la visita nella parrocchia di Pietralata. Invece una mattina mi ha telefonato una suora dal centralino vaticano e mi ha iniziato a fare domande sulla visita del Papa… l’8 marzo… il pomeriggio… sono rimasto senza parole. Il giorno stesso ho avuto la conferma dell’evento.

E quando l’ha annunciato ai parrocchiani cos’è successo?

L’ho detto la sera stessa per evitare che lo sapessero dai media, ho chiamato tutti i collaboratori parrocchiali e ho dato l’annuncio. C’erano 250 persone in chiesa. Una gioia incredibile!

Parlava di una ‘corsa al biglietto’. Come avete risolto il problema?

Prima abbiamo dovuto risolvere la ‘questione’ delle tre persone che si confesseranno dal Papa. Abbiamo deciso di procedere per estrazione, abbiamo quindi raccolto i nominativi, comprato un bussolotto, e durante un incontro di preghiera il vescovo ha estratto i tre nomi. Personalmente posso dire di aver visto anche in questo il segno della volontà di Dio, perché sono uscite una ragazza del Cammino Neocatecumenale, una ragazza dell’oratorio, una signora della Caritas. Tre persone quindi che rappresentano perfettamente le tre realtà della parrocchia. Poi alcune sere fa abbiamo ricevuto i 412 biglietti da distribuire. Per evitare che la gente si lamentasse di favoritismi, abbiamo annunciato che alle 18, in parrocchia, i volontari avrebbero dato i biglietti. I primi ad arrivare li av
rebbero presi…

Ci sarà stata la calca…

Abbiamo avuto la calca, ma senza particolari problemi. Il Signore ci ha aiutato perché ha iniziato a piovere e qualcuno si è scoraggiato (ride). Scherzi a parte posso affermare che tutto, non solo la distribuzione dei biglietti, è andato per il verso giusto. Certo, difficoltà, piccoli disagi non sono mancati, ma nel complesso la macchina organizzativa ha funzionato benissimo. Questo grazie anche al lavoro di tanti laici e collaboratori parrocchiali che hanno dato il loro contributo. Chi nelle piccole cose, come la pulizia della chiesa e dei locali, chi in quelle più importanti. L’organizzazione della visita del Papa mi ha fatto toccare con mano quanto sia davvero buona la gente e posso dire di avere una buona task force per l’impegno sociale e pastorale.

Un’ultima domanda, anzi una curiosità: poco prima accennava al fatto che molti nel quartiere sono agli arresti domiciliari. Saranno quindi tagliati fuori da questo grande evento…

Non tutti, una parte ha infatti delle ore al mattino per uscire, a meno che non siano in una condizione di ristrettezza totale. So che molti hanno chiesto di impiegare questa ‘ora d’aria’ per venire ad incontrare il Papa. È bello questo… Mi capita spesso durante il mese di andare queste persone rinchiuse in casa. Molta gente non si rende conto di quanto sia difficile e pesante: sì, si sta in casa propria, con i propri familiari, ma è difficile, stare rinchiusi tutto il giorno in due stanze, per anni. Spesso alcuni di questi, scontata la condanna, mi dicono di voler voltare pagina e cambiare vita. Però è proprio lì che inizia il difficile, perché il marchio ti resta addosso, non tutti trovano lavoro, e quando impattano con la realtà – bollette, spese per i figli, cibo –  cadono nella tentazione di guadagni facili ma illeciti. Come dico spesso, a Tor Bella Monaca è facile trovare lavoro, ma nella delinquenza. Spero che anche su questo il Papa possa darci una parola.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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