Tentativi di legalizzazione della marijuana

In California, un referendum sponsorizzato da un venditore di droghe

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di padre John Flynn, LC

LONDRA, domenica, 19 settembre 2010 (ZENIT.org).- Gli elettori americani andranno a votare il 2 novembre per coprire tutti i 435 seggi della Camera dei rappresentanti e 37 dei 100 seggi del Senato, nonché per esprimersi su circa 150 referendum sparsi tra i 35 Stati.

Una delle proposte più controverse è la Proposition 19 della California, che legalizzerebbe la coltivazione e il possesso di marijuana per uso personale, per le persone con più di 21 anni.

Secondo una notizia di Associated Press dell’8 settembre, gli ultimi sondaggi mostrano un’opinione pubblica quasi equamente divisa sulla questione.

La California è stato il primo Stato ad aver legalizzato la marijuana per scopi medici, nel 1996. Poiché la legge federale ancora considera illegale l’uso e la fornitura di marijuana vi è stato uno scontro tra le autorità federali e i funzionari californiani sulla vendita di marijuana per motivi medici da parte delle cliniche.

Nell’ottobre dell’anno scorso sembrava che il Governo federale stesse rinunciando a far rispettare le leggi nazionali, con l’annuncio del Dipartimento della giustizia di non voler perseguire gli utilizzatori e i fornitori di marijuana che rispettassero le leggi statali, secondo quanto riferito dal New York Times il 28 ottobre.

In un comunicato stampa del 23 ottobre, R. Gil Kerlikowske, direttore dell’Office of National Drug Control Policy, ha smentito questa linea. “La legalizzazione della marijuana, per qualsiasi motivo, rimane una non-priorità per l’Amministrazione Obama”, ha affermato.

“Per mettere alla prova l’idea della legalizzazione e fiscalizzazione della marijuana, basta dare uno sguardo alle droghe, all’alcol e al tabacco che sono già legali. Sappiamo che le imposte ottenute dalla vendita di queste sostanze sono un’inezia rispetto ai costi sociali e sanitari derivanti dalla diffusione del relativo consumo”, ha osservato. 

Secondo un articolo di Associated Press, dell’8 settembre, quasi tutti i fondi della campagna in favore della Proposition 19 provengono da società controllate da Richard Lee, che gestisce ad Oakland un presidio per la fornitura di marijuana a scopi farmacologici e un caffè. Lee ha anche istituito la Oaksterdam University, che istruisce le persone al commercio della marijuana a scopi medici.

Costi pubblici
 
Tra gli altri argomenti usati dai sostenitori della legalizzazione vi è l’allettante prospettiva di ottenere ingenti entrate per le casse dello Stato, se la vendita di marijuana venisse legalizzata e tassata.

Skip Miller, avvocato e presidente di D.A.R.E. America, un’organizzazione per la prevenzione e l’educazione sull’abuso di droga, ha affrontato la questione in un articolo d’opinione pubblicato sul Los Angeles Times del 28 gennaio.
 
Egli ha sostenuto che la legalizzazione della marijuana porterebbe a maggiori livelli di consumo e che nel lungo periodo i costi derivanti dall’abuso di questa sostanza “eccederebbero di gran lunga i relativamente modesti aumenti nelle entrate dello Stato”.

Miller ha citato dati del National Center on Addiction and Substance Abuse della Columbia University. Tra i dati pubblicati lo scorso anno, si stima che nel 2005 l’abuso e la dipendenza da questa sostanza ha pesato sui bilanci federale, statale e locale per 467,7 miliardi di dollari (360 miliardi di euro).

“Se si riunisse in una singola voce di bilancio le spese derivanti dall’abuso e la dipendenza dalle droghe, questa si collocherebbe vicino a quelle della difesa, della sicurezza sociale e di Medicare”, ha sottolineato.

Inoltre, lo studio ha rivelato che solo il 13% di questi costi è attribuibile al sistema della giustizia. Quindi, i risparmi sull’attuazione del divieto relativo alla marijuana non saranno significativi poiché la grande maggioranza dei costi deriva dalle spese sanitarie.

Antonio Maria Costa, direttore esecutivo di UNODC, l’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta contro la droga e il crimine, ha affrontato l’argomento della legalizzazione delle droghe in un articolo pubblicato il 5 settembre sull’Observer, giornale britannico che esce la domenica.

Solo il 5% della popolazione mondiale fa uso di droga almeno una volta l’anno, ha osservato. “Le droghe non sono pericolose perché sono illegali: sono invece illegali perché sono pericolose per la salute”, ha asserito.

Costa ha sostenuto che è un errore concentrarsi sulla criminalizzazione o favorire la legalizzazione, per risolvere il problema. “La legalizzazione delle droghe scatenerebbe un’epidemica dipendenza nel mondo sviluppato”, ha dichiarato.

“In un mondo di droghe libere, i ricchi privilegiati possono permettersi cure costose, mentre i poveri sono condannati ad una vita di dipendenza”, ha aggiunto Costa.

Rischi per la persona

L’argomento, tuttavia, va ben oltre questioni di politiche pubbliche. L’uso personale di marijuana non è semplicemente una scelta di vita.

Come ha sottolineato Sarah Boseley, esperta di salute del quotidiano Guardian, in un articolo pubblicato lo scorso 1° dicembre, Skunk, la più potente forma di marijuana che domina il mercato della strada, ha una probabilità sette volte maggiore di provocare malattie psichiche come la schizofrenia, rispetto alla normale cannabis tradizionale.

I ricercatori dell’Institute of Psychiatry di Londra hanno esaminato il consumo di marijuana di 280 persone che, con un primo episodio di psicosi, sono entrate nel South London and Maudsley NHS Foundation Trust. Queste sono state messe a confronto con 174 persone sane della stessa area.

È risultato che quelli che facevano uso di skunk aveva quasi sette volte maggiori probabilità di sviluppare malattie psichiche come la schizofrenia, rispetto agli utilizzatori della normale cannabis.

In un articolo pubblicato lo scorso 3 novembre sul quotidiano London Times newspaper, Robin Murray, professore di ricerca psichiatrica presso l’Institute of Psychiatry del King’s College di Londra, ha sostenuto che non si può confrontare il fumo di marijuana con il fumo di sigarette o con il consumo di alcol.

“Nel corso degli ultimi sei anni sono costantemente aumentate le dimostrazioni che l’utilizzo quotidiano di cannabis da parte di persone inizialmente sane ha maggiori probabilità di generare forme di paranoia e psicosi”, ha affermato.

Sebbene il 90% di chi ne fa uso quotidiano non svilupperà schizofrenia, così come la maggior parte di chi fuma sigarette non morirà di cancro ai polmoni, secondo Murray, gli utilizzatori quotidiani di cannabis hanno maggiori probabilità di insuccesso nella loro carriera e nel matrimonio, e di soffrire di problemi psicologici minori come l’ansia e la depressione.

I fattori di rischio

Il White House Office of National Drug Control Policy ha ampiamente documentato gli elementi di rischio derivanti dall’uso di marijuana.

Il pamphlet intitolato “What Americans Need to Know About Marijuana” (ciò che gli americani devono sapere sulla marijuana), afferma che la marijuana è lungi dall’essere inoffensiva. Il fumo di marijuana contiene molti più elementi cancerogeni rispetto al fumo da tabacco, inoltre causa problemi all’apparato respiratorio e influisce sullo stato vigilanza, di concentrazione, percezione, coordinazione e sul tempo di reazione.

Inoltre, i consumatori di marijuana risultano avere maggiori pensieri suicidi e sintomi di depressione, rispetto alle persone che non ne hanno mai fatto uso.

Contrariamente ad una convinzione diffusa, l’uso di marijuana non è un rito di passaggio. È invece un comportamento che ha gravi conseguenze”, dichiara il documento.

L’alcol e il tabacco già costano molto in termini di criminalità e perdita di produttività – osserva il pamphlet – “perché legalizzare la marijuana e aggiungere così una terza drog
a all’attuale elenco di rischi legali”?

In aggiunta, mente un rapporto diretto di causa ed effetto tra l’uso di marijuana e il successivo uso di altre droghe è difficile da dimostrare, l’organo della Casa Bianca ha sostenuto che, tra le persone che fanno uso di marijuana, quelle che hanno iniziato prima hanno maggiori probabilità di sviluppare successivamente altri problemi.

Per esempio, gli adulti che avevano iniziato presto a fare uso di marijuana risultano avere una probabilità otto volte maggiore di aver fatto anche uso di cocaina e 15 volte maggiore di aver fatto uso di eroina.

Per quanto riguarda gli argomenti connessi con l’uso farmacologico della marijuana, il pamphlet osserva che, mentre il componente principale della marijuana – il THC – è stato approvato come farmaco in pillole, il fumo della marijuana contiene più di 400 elementi chimici e aumenta il rischio di tumore, di danni polmonari e di problemi di gravidanza.

“Anche se fumare marijuana fa ‘sentire meglio’, ciò non è sufficiente per poterla considerare una medicina”, afferma. Del resto, “se così fosse, anche le sigarette potrebbero essere considerate medicina, in quanto spesso si dice che fanno sentire meglio”.

Che siano le questioni del matrimonio omosessuale o quelle di politica tossicologica, la California si è trovata spesso all’avanguardia di cambiamenti culturali e comportamentali. Rimane da vedere se gli elettori seguiranno il richiamo dell’ultima moda o se si fermeranno a riflettere sulle conseguenze di lungo periodo derivanti dalle loro scelte.

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ZENIT Staff

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