Taizé: formare un unico corpo aprendo percorsi di riconoscenza

“Essere un sol corpo è la cosa più difficile per una Chiesa”, ma attraverso la grazia di Cristo, viviamo di questa speranza attiva. Così le Chiese di Ginevra ai giovani di Taizé

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L’unità vera, che porta le Chiese ad “essere un sol corpo” è da anni ormai l’obiettivo portato avanti dalla Comunità ecumenica di Taizé. Allo stesso tempo è la missione più difficile da compiere per la diversità delle tradizioni, delle storie, delle rivendicazioni e delle preferenze. Tuttavia con la piena fiducia in Dio questa diventa una speranza possibile e i numerosi pellegrini a Roma ne sono già un’anticipazione. Questo il cuore del messaggio delle Chiese di Ginevra ai partecipanti del 35° Pellegrinaggio di fiducia sulla Terra, nelle parole di Christine Hauri, Presidente del Sinodo Cantonale della Chiesa Cattolica cristiana e di mons. Pierre Farine, Vescovo ausiliare della Chiesa Cattolica romana Charlotte Kuffer, Presidente della Chiesa Protestante. Riportiamo di seguito il testo integrale del messaggio.

***

A tutti gli amatissimi di Dio che sono a Roma: alle cristiane ed ai cristiani radunati per questa nuova tappa del pellegrinaggio di fiducia, le Chiese di Ginevra, che hanno sostenuto l’incontro del 2007, vi salutano, sorelle e fratelli di tutte le confessioni che vi riunite nel nome di Cristo, invitati dalle Chiese di Roma con la comunità di Taizé.

Che magnifica apertura vivete! Dopo cinque anni, siamo ancora visibilmente segnati dall’esperienza spirituale e umana vissuta nel 2007, resa possibile perché avevamo la volontà ecumenica di camminare insieme. Dalla base dei credenti fino ai responsabili delle Chiese, da persone con un poco di fede a quelle con il desiderio di spostare le montagne (o che lo hanno fatto!), tutti, preghiamo oggi affinché questo slancio essenziale continui ad attraversare le nostre comunità e le nostre realtà ecclesiali e sociali, fino a voi.

Il nostro tempo è ricco e travagliato. I valori sono diversi, spesso preziosi, talvolta discutibili, e succede che alcune scelte della società siano sconcertanti o difficili da capire. E non tutto si sceglie: certe cose, le più importanti, si ricevono, come la speranza, la fede, l’amore, mentre altre sono il frutto di decisioni prese in modo non sempre democratico né maggioritario né rispettoso dell’uomo. Ma c’è un ambito dove le scelte, come cristiani, ci appartengono: il modo in cui siamo un sol corpo, secondo l’invito di San Paolo e in che
modo diamo testimonianza al modo della fede che ci abita.

Essere un sol corpo è la cosa più attesa e più difficile per una Chiesa. La più attesa perché è ciò a cui noi siamo chiamati, di fronte a Cristo; la più difficile perché i punti di vista divergono, nella Chiesa o fra le Chiese. E laddove la Parola, da sola, dovrebbe unirci,
al di là delle nostre tradizioni, delle nostre storie, rivendicazioni, preferenze e riferimenti più o meno imperativi, vediamo che talvolta la sua lettura ci disunisce, ed è inquietante. Fedeli nella preghiera, preghiamo Dio di rischiarare le nostre letture e le nostre scelte, lui
che ci accoglie con i nostri slanci e le nostre contraddizioni e vuole aiutarci ad essere un sol corpo.

Essere un sol corpo di credenti in una realtà ecclesiale provvisoria ma bella, dove facciamo un cammino di fede, sotto lo sguardo gioioso e attento di Dio. Essere un sol corpo sociale in un’Europa in preda a grandi interrogativi e a nuove precarietà economiche, sotto lo sguardo inquieto ma amorevole di Cristo. Essere un sol corpo come umanità affinché, sotto la spinta dello Spirito Santo, sappiamo superare le strutture e le tentazioni ed accoglierci nella ricchezza delle nostre differenze e di ciò che ci lega, in nuove solidarietà.

Sì, essere un sol corpo nella speranza vuol dire concretizzare oggi dei progetti concreti, anche e soprattutto quando esistono dei disaccordi. Al soffio dello Spirito, vuol dire camminare nella fiducia, anche quando il cammino appare incerto ai nostri occhi: crediamo che Dio ci precede e che Cristo ci accompagna, per rinnovare la nostra vita, la nostra presenza, il nostro mondo.

Essere insieme un solo corpo è infine osare nella fiducia di percorsi di riconoscenza e di accoglienza reciproca, nella dinamica della pace e della condivisione ispirata dalla comunità ecumenica di Taizé da oltre 60 anni. Attraverso la grazia di Cristo, viviamo di questa speranza attiva.

La grazia del Signore sia con voi tutte e tutti.

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ZENIT Staff

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