Sicurezza e accoglienza: una contraddizione insuperabile?

Religions for Peace commenta l’operazione “White Christmas”

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ROMA, lunedì, 23 novembre 2009 (ZENIT.org).- Le differenze culturali possono essere non una minaccia, ma “un’occasione di crescita”. Ne è convinto il movimento multireligioso internazionale Religioni per la Pace.

L’organizzazione ha commentato in un comunicato inviato a ZENIT l’iniziativa “White Christmas”, organizzata da Coccaglio (Brescia), comune con 7.000 abitanti di cui 1.500 stranieri in cui la giunta ha avviato una campagna di controllo a tappeto del territorio per verificare l’eventuale presenza di clandestini (cfr. ZENIT, 19 novembre 2009).

“Quando ci si rifà al Natale, non si può trascurare che i racconti evangelici sulla nascita di Gesù riferiscono con tristezza il rifiuto opposto a Giuseppe ed alla sua sposa Maria che cercavano un luogo ospitale, nel quale ella potesse partorire il figlio; tale rifiuto viene attribuito proprio al loro essere forestieri; i presepi, poi, ci hanno mostrato l’avvenuta nascita in una stalla riscaldata da animali domestici”, ricorda Religioni per la Pace.

“Al di là di una lettura più o meno letterale di tali racconti, il messaggio sembra non prestarsi ad equivoci e si potrebbe ricollegare all’insistenza biblica sull’accoglienza dello straniero, che viene ripetuta più di 50 volte (a differenza dell’amore del prossimo il cui ‘comandamento’ compare solo due volte), a sottolineare, realisticamente, che la diffidenza verso gli sconosciuti può essere istintivamente molto forte e non così facile da superare”.

Lo straniero, che ha una condizione caratterizzata da “maggiore instabilità e vulnerabilità”, può “far emergere ed amplificare l’intima sensazione di precarietà insita nella condizione umana che si trova esposta alle sofferenze più varie anche quando appare relativamente più solida”.

“Può la tranquillità personale, che rappresenta l’obiettivo della sicurezza, essere raggiunta al prezzo dell’angoscia e del risentimento che si semina negli esclusi? – si chiede l’organizzazione –. Quali conseguenze potrà avere nel tempo la frustrazione per una dignità umana non considerata e perciò sostanzialmente violata?”.

Se da un lato, riconosce, “non si possono sottovalutare le preoccupazioni degli abitanti ‘storici’ che, raggiunti da un’immigrazione crescente e tumultuosa, hanno la sensazione di avere degli ‘estranei in casa’”, dall’altro “dovrebbe essere considerato un compito civile per tutti l’impegno costante per la riconciliazione in comunità divise, rese inquiete da timori e sospetti reciproci, e perciò potenzialmente inclini alla violenza nelle sue molteplici manifestazioni”.

L’“orizzonte permanente”, osserva Religioni per la Pace, dovrebbe essere “il raggiungimento di un livello sempre migliore di integrazione, rispettosa delle differenze”.

“Attraverso esperienze di incontri di conoscenza e condivisione a vari livelli, condotte con intelligenza, responsabilità e delicatezza, le differenze culturali in senso lato (incluse le diverse tradizioni religiose ed i comportamenti che ne derivano) potrebbero rivelarsi un’occasione di crescita più che una minaccia per il futuro”, conclude.

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ZENIT Staff

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