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Psicoterapia come missione

Più che di “tecniche”, “procedure” e “standard”, il paziente necessita di compassione e comprensione

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In tempi di crisi sociale, economica e di valori come quelli che oggi stiamo vivendo in Italia, la richiesta di psicoterapia e, più in generale, di cura e di consiglio psicologico tende a farsi maggiormente evidente. Si tratta, in realtà, di una situazione anomala se si tiene conto del fatto che, da un lato, le persone manifestano maggior bisogno di padronanza sul proprio mondo interiore e, dall’altro, il benessere socio-occupazionale e la sicurezza economica tendono a diminuire, quindi a ridurre la possibilità di destinare risorse alla cura di sé, sia fisica sia psicologica. Nonostante tutto, la necessità di capire se stessi e di pervenire ad un sufficiente grado di padronanza della propria vita emergono in varie forme e dimensioni in un gran numero di persone: tali necessità hanno il diritto di essere ascoltate e prese in carico.
La psicoterapia – o per meglio dire, “le psicoterapie”, considerato il panorama assai variegato che si presente al potenziale fruitore di questi servizi – rappresenta una delle risposte che può essere offerta a individui, coppie e gruppi di persone, essendo altre risposte, ad esempio di carattere preventivo e di profilassi culturale e sociale, ugualmente importanti e non in alternativa tra di loro. In effetti, prendersi cura realmente dell’essere umano dovrebbe significare porre in campo un ventaglio di azioni, differenziate per scopi, tempi e per modalità, indirizzate a fasce diverse di popolazione, ma sempre con lo scopo principe di diffondere la possibilità di costruire una vita sufficientemente serena, piena di significato e di soddisfazione, promuovendo la salute psico-fisica e sociale, e l’equilibrio globale della persona.
In questa riflessione vorrei occuparmi di uno dei tanti versanti della psicoterapia, vale a dire rispondere alla domanda “chi è” la persona che si occupa dei propri pazienti, o clienti, in veste di terapeuta. E vorrei indirizzare la risposta dando per acquisito che oggi, in Italia, la psicoterapia può essere esercitata esclusivamente da psicologi e medici che hanno compiuto un percorso peculiare e che sono stati certificati, risultando inseriti, per l’appunto, nella categoria degli psicoterapeuti, istituita e riconosciuto con Legge dello Stato (Legge n. 56, 18 febbraio1989, Ordinamento della professione di psicologo). Dunque, lo scopo di questo breve scritto è riflettere sullo psicoterapeuta in quanto persona. Ed è proprio qui che, dal mio punto di vista, si apre il discorso centrato sull’idea della psicoterapia come una vera e propria missione, cioè come una spinta interiore che il professionista avverte e che è del tutto e costantemente indirizzata a “curare” e, più in generale, ad occuparsi degli altri, soprattutto se sofferenti.
L’attività di terapeuta della psiche non è affatto facile e richiede il possesso di una quantità e qualità di tratti distintivi che solo in parte fanno riferimento alle conoscenze e alle competenze di natura squisitamente scientifica ed applicativa, pur naturalmente indispensabili. Si tratta delle qualità personali, delle caratteristiche psicologiche, etiche e valoriali proprie della persona la quale, se davvero vuole “curare”, ha necessità di offrire tutta se stessa nella relazione terapeutica: offrire se stessa, ad esempio, attraverso l’ascolto comprensivo ed empatico, la comprensione razionale ma anche e soprattutto emotiva, la gestione di un clima relazionale nel qui-ed-ora del colloquio con il paziente che consenta a quest’ultimo di vedere dentro di sé, scoprire elementi nuovi (o precedentemente nascosti), e procedere verso la loro elaborazione. E’ istruttivo notare che il termine che Sigmund Freud utilizzava per indicare la psiche era, in lingua tedesca, Seele cioè anima. Nel corso delle traduzioni dell’opera freudiana (un’opera che, in lingua italiana, è raccolta in tredici volumi) che sono state compiute da circa un secolo ad oggi, la parola Seele è stata mutata in Mind, mente. “Di tutti gli errori di traduzione del lessico freudiano, nessuno ha ostacolato la nostra comprensione dell’umanesimo di Freud quanto quello prodotto dalla soppressione di ogni riferimento all’anima (die Seele)” (Bruno Bettelheim: Freud e l’anima dell’uomo. Feltrinelli, Milano, 1983, p. 91). Infatti, nelle traduzioni inglesi è tutto un fiorire di “mente” e “mentale”, così che l’esperienza della propria spiritualità, o anima, diviene l’analisi della mental life.  Quest’operazione culturale, che probabilmente è servita a suo tempo per dare alla psicoanalisi un carattere maggiormente “scientifico”, ha in realtà stravolto il senso del concetto. Ed essendo la psicoanalisi di Freud e la psicologia analitica di Carl Gustav Jung i due capostipiti delle moderne psicoterapie, allontanare lo sguardo dal mondo interiore, cioè dall’anima dell’uomo, e orientarlo sulla mente, non ha rappresentato una buona scelta.
Proseguendo sul tema dell’umanesimo, o senso dell’umano, indispensabile a chi esercita la psicoterapia, si può ricordare che alcuni psicologi e psicoanalisti di inizio Novecento sostenevano che, in sostanza, si cura per mezzo dell’amore. Un’espressione oggi in disuso, e sicuramente abborrita da coloro che vedono nella psicologia soltanto “tecniche”, “procedure” e “standard”, ma che conserva il suo significato profondo nel senso che il paziente ha necessità di essere trattato con compassione e comprensione, con rispetto e attenzione, con autentico interesse e desiderio di essere di aiuto. Non a caso le ricerche più recenti in tema di efficacia delle psicoterapie continuano ad evidenziare che, al di là dell’orientamento teorico del terapeuta, ciò che rende il processo terapeutico utile e valido è il cosiddetto fattore aspecifico, cioè la qualità della relazione tra paziente e terapeuta.
In conclusione, credo sia davvero importante ricordare che a metà degli Anni Sessanta, papa Francesco è stato professore di letteratura e psicologia presso il Collegio dell’Immacolata di Santa Fé e successivamente ha insegnato queste materie presso il Collegio Universitario del Salvatore a Buenos Aires, un importante centro di formazione gestito dai Gesuiti (cattedra poi assunta dallo psicoterapeuta Francisco Mele). La presenza e l’opera di un Papa che è anche psicologo credo che sia di esempio per tutti noi.

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Andrea Castiello DAntonio

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