Proteste in Italia per il Nobel a Robert Edwards

Inventore di una tecnica riproduttiva copiata dalla zootecnia

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 5 ottobre 2010 (ZENIT.org).- La concessione del Nobel per la medicina al prof. Robert Edwards ha suscitato in Italia un coro di disapprovazione e sconcerto.

Il prof. Edwards è l’inventore della tecnica di procreazione extracorporea, meglio nota come ‘fecondazione in provetta’.

Secondo il prof. Adriano Pessina, direttore del Direttore Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, nel panorama mondiale ci sono “personalità che hanno dato contributi molto più significativi dal punto di vista della ricerca”, mentre è stato riconosciuto il Nobel ad Edwards che “ha esteso all’uomo ciò che già si praticava in zootecnia”.

Il prof. Pessina ha ricordato poi che “il conferimento di questo premio, che rientra nella responsabilità di coloro che lo assegnano, non muta certo la valutazione etica e scientifica di questa tecnica” sottolineando che “resta aperto il problema etico della selezione embrionale e l’alta percentuale di embrioni sacrificati per ottenere una gravidanza”.

Pochi sanno che “quasi il settanta per cento delle donne che ricorre a questo procedimento non riesce ad avere un figlio e si trova a dover affrontare in solitudine il peso di una tecnica invasiva fisicamente e psicologicamente”.

“La storia della scienza e della medicina non può essere scritta ignorandone i fallimenti e i costi etici – ha aggiunto Pessina – un premio Nobel non muta né i fatti né la valutazione etica, ma può essere forse l’occasione per riaprire una seria riflessione sul significato umano della procreazione e sul dovere di tutelare la vita di tutti i figli, anche allo stato embrionale”.

Monsignor Ignazio Carrasco de Paula, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in via confidenziale ha riconosciuto che Edwards ha “inaugurato un capitolo nuovo e importante nel campo della riproduzione umana”, ma ha anche espresso tante perplessità perchè “senza Edwards non ci sarebbe il mercato di ovociti; senza Edwards non ci sarebbero congelatori pieni di embrioni in attesa di essere trasferiti in utero o, più probabilmente, di essere usati per la ricerca oppure di morire abbandonati e dimenticati da tutti”.

A questo proposito Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita (MpV), ha spiegato: “Suscita profondo dolore l’assegnazione del Premio Nobel per la scienza al professor Edwards perché non tiene conto delle centinaia di milioni di esseri umani allo stato embrionale – figli – di cui proprio la fecondazione in vitro ha causato deliberatamente la morte in tutto il mondo”.

“Il ricordo dei bambini nati con questa tecnica e il riconoscimento di valore del desiderio di maternità non possono nascondere la selezione dei figli” ha precisato il Presidente del MpV.

“In Italia – ha aggiunto Casini – per impedire almeno l’uccisione premeditata e diretta di questi piccolissimi figli dell’uomo e della donna è stata approvata meritevolmente la legge 40 che, almeno, vorrebbe lasciare una speranza di vita, nel massimo grado del possibile, ad ogni figlio della provetta. Anche se resta inquietante il fatto che dei molti embrioni trasferiti nel seno materno, ben pochi riescono a nascere”.

“Sicché – ha concluso il Presidente del MpV – il giudizio sulla fecondazione in vitro come tale resta negativo, e che il Premio Nobel venga assegnato a chi, indipendentemente dal suo valore scientifico e dalla sua persona, ha contribuito a inventare questo potente strumento utilizzato anche per l’ennesima aggressione contro la vita nascente, ci offende come membri della famiglia umana”.

Il prof. Lucio Romano, copresidente di Scienza & Vita, ha ribadito che “il progresso delle biotecnologie non significa sempre progresso etico”, ed ha spiegato “vicini alla sofferenza delle coppie sterili e favorevoli agli interventi che coniugano coerentemente scienza ed etica, non possiamo non ricordare la visione riduzionistica della vita insita nelle procedure di fecondazione artificiale, nelle quali l’essere umano si traduce da soggetto a oggetto, vale a dire a mero ‘prodotto del concepimento’”.

Scienza & Vita ha quindi evidenziato “le derive antropologiche, etiche e sociali che scaturiscono dal ricorso, ad esempio, alla fecondazione artificiale eterologa o alla maternità surrogata” perchè “queste tecniche sovvertono il concetto naturale di genitorialità e alterano il diritto fondamentale da parte di un figlio di riconoscere non solo la propria identità genetica, ma che questa sia anche in sintonia con quella biologica e sociale”.

“La legge 40 – ha concluso il prof. Romano – ha il merito di aver posto un argine alla legittimazione di una visione puramente meccanicistica della vita, assicurando i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”.

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ZENIT Staff

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