"Penitenza per il Regno e per la pace"

Lettera pastorale del Patriarca di Gerusalemme per la Quaresima 2012

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ROMA, mercoledì, 22 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo di seguito la lettera pastorale di Sua Beatitudine il Patriarca Latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, per la Quaresima 2012, che inizia oggi, Mercoledì delle Ceneri. Il testo è intitolato Penitenza per il Regno e la pace.

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Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

“Grazia e pace a tutti voi”

1. Nel Vangelo leggiamo che Gesù digiunò “quaranta giorni e quaranta notti” (Mt 4, 2)

Questo digiuno è certamente da situare nella regione desertica quattro chilometri a nord-ovest di Gerico, su una montagna chiamata proprio per questo “Quarantena” (in arabo Quruntul). Nel XII secolo, questa montagna apparteneva ai canonici latini del Santo Sepolcro ed era abitata da alcuni religiosi detti “fratelli della Quarantena”.

Una volta di più, la nostra Chiesa di Gerusalemme può parlare non solo della storia ma anche della geografia e della topografia della salvezza. Il luogo indicato, nei pressi del Giordano, è meta di pellegrinaggio non solo per i cristiani di tutto il mondo, ma anche per i fedeli locali che sono invitati a visitare con devozione i luoghi principali della nostra redenzione.

2. Un digiuno di cui il Signore non aveva bisogno

In teoria, Gesù avrebbe potuto astenersi dal cibo in modo miracoloso. Volle invece essere in tutto “simile ai suoi fratelli“ e alle sue sorelle, “provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” (Eb 4,15). Il Signore non aveva bisogno di fare digiuno, così come non aveva bisogno di essere battezzato da Giovanni. Lo fece per amore nostro, per mostrarci fino in fondo la sua solidarietà e per indicarci il cammino di salvezza insieme a Lui. Per noi, infatti, la penitenza, il digiuno, la riconciliazione, insieme alla preghiera e all’elemosina, sono indispensabili per espiare i nostri peccati. In questo senso, nel Salvatore che digiuna possiamo trovare un meraviglioso esempio per noi, anche se non si tratta di un digiuno come il suo, “quaranta giorni e quaranta notti”, senza prendere cibo alcuno, per noi impossibile. La Chiesa ha però desiderato riprendere cronologicamente, con la “Quaresima” (dal latino Quadragesima, Quaranta giorni) il tempo di digiuno e preghiera trascorso da Cristo nel deserto con un’intenzione precisa: “imitare Cristo” (1 Cor 11,2) che “ha voluto darci l’esempio”, invitandoci non solo a “lavare i piedi gli uni gli altri” (cfr. Gv 13, 15) ma a farlo anche in tutti gli altri ambiti della vita, secondo l’esortazione di S. Paolo “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2, 5).

Il nostro digiuno intende imitare quello di Cristo che, a sua volta, seguiva l’esempio di Mosè, che aveva digiunato quaranta giorni prima di ricevere le tavole dei comandamenti (cfr. Es 34, 28-29). Anche Elia digiunò quaranta giorni prima di incontrare il Signore sul monte Oreb (cfr. 1 Re 19, 8).

Non a caso, nel momento della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor, furono proprio questi due personaggi, che avevano digiunato per quaranta giorni, ad apparire a fianco del Messia nella gloria.

3. Un digiuno preventivo ed espiatorio

Nel suo Messaggio per la Quaresima 2009, Sua Santità Papa Benedetto XVI si è posto la domanda sul valore e sul senso del digiuno per i cristiani di oggi. Che significato può avere per noi l’atto di astenerci dal cibo e dalle bevande che di per sé sono utili per la nostra salute e per la nostra sopravvivenza? Basandosi sulla Scrittura e sulla tradizione cristiana, il Santo Padre ha risposto che il digiuno è in realtà per noi di grande sostegno al fine di evitare il peccato e tutto ciò che ci può condurre ad esso.

Nel Messaggio per la Quaresima 2011, il Papa ha denunciato l’avidità, la bramosia che porta gli uomini a voler possedere il mondo intero. In realtà noi non siamo i proprietari dei beni che possediamo, quanto piuttosto degli amministratori. Proprio per questo i beni dovrebbero essere da noi considerati come dei mezzi che concretizzano in qualche modo la Provvidenza Divina per il nostro prossimo. Grazie a questa condivisione, viviamo la comunione, come nella Chiesa primitiva di Gerusalemme (cfr. “la Vita Apostolica” dei primi cristiani in At 2 e 4; 2 Cor 8 e 9). In proposito, l’apostolo tanto amato, Giovanni, scrisse parole chiare e forti: “Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?” (1 Gv 3, 17).

Il Messaggio per la Quaresima 2012 del Santo Padre riprende il tema seguente: “Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone” (Eb 10, 24).

“Anche nella preoccupazione concreta verso i più poveri ogni cristiano può esprimere la sua partecipazione all’unico corpo che è la Chiesa. Attenzione agli altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli”.

Per noi peccatori, costantemente esposti ai fallimenti, il digiuno è un modo efficace per dimostrare il nostro pentimento e il nostro desiderio di riparare il male compiuto. È in questo senso che il profeta Giona invitò gli abitanti di Ninive al pentimento con il digiuno.

Gesù ci ha presentato il modo di digiunare e di fare l’elemosina: nella segretezza e nella discrezione, senza ostentazione (cfr. Mt 6, 3-4), senza mostrare la mortificazione (cfr. Mt 6, 16), il che allo stesso tempo non contraddice il suo carattere pubblico e comunitario all’interno della Chiesa, onde evitare eccessi e scelte arbitrarie individuali.

Gesù ha poi definito ulteriormente la specificità del digiuno cristiano, in contrapposizione con quello dei farisei e dei discepoli di Giovanni: i cristiani, parenti dello sposo, “digiuneranno quando lo Sposo sarà loro tolto”, cioè innalzato sulla croce (cfr. Mc 2, 19-20). Proprio per questo i primi cristiani digiunavano durante il Triduo pasquale. In seguito, lo fecero ogni mercoledì e venerdì (Cfr. La Didaché, n. 8).

La penitenza è un atteggiamento salutare che è un “ritorno” al Signore e al bene; un ritorno “al Padre”, come il figliol prodigo (cfr. Lc 15). In effetti, la parola aramaica e araba usata è esattamente “tubu”, “Ritornate”. Questo appello del Battista e del Salvatore è significativo, sulle rive del Giordano e nel resto di questa regione desertica, dove la presenza di Dio raggiunge con forza ogni deserto interiore dell’uomo e d’altro canto anche la bellezza della natura.

4. Digiuno di conversione dei singoli e dei popoli

Nella tradizione della Chiesa, la Quaresima si pone come preparazione al Triduo pasquale, ai “giorni in cui lo sposo sarà tolto” e innalzato sulla Croce.

La Quaresima è un cammino di quaranta giorni, che intende riferirsi simbolicamente ai quarant’anni vissuti nel deserto dal popolo ebraico. Si tratta di un appello:

a) a meditare il mistero della Croce, per configurarci al Signore Gesù, che è morto per noi (cfr. Rm 6, 5), in vista di un cambiamento radicale della nostra vita;

b) a essere docili all’azione dello Spirito Santo che ci trasforma, così come ha trasformato Saulo di Tarso sulla via di Damasco.

c) a conformare con determinazione la nostra vita alla volontà di Dio, liberandoci dal nostro egoismo, superando ogni desiderio di potere e ogni cupidigia, aprendo il cuore all’amore di Cristo e del prossimo, specialmente dei poveri e dei più bisognosi. La Quaresima è, come ricordato dal Santo Padre, un tempo provvidenziale per renderci conto della nostra fragilità e per accogliere la riconciliazione che ci orienta verso Cristo.

Quest’anno la nostra Quaresima è posta tra due Sinodi episcopali di estrema importanza, quello dell’anno scorso, per i cristiani del Medio Oriente, e il prossimo, dedicato alla
nuova evangelizzazione. Come per l’ecumenismo, questo movimento di avvicinamento in vista dell’unità dei cristiani è innanzitutto la “conversione del cuore” che, per grazia di Dio, è la chiave per risolvere problemi ritenuti irrisolvibili e per porre fine ad ostilità che sembrerebbero interminabili ed irrimediabili. La conversione consiste nel capire che “l’uomo non vive di solo pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4), e che “la carne non giova a nulla” in sé, e che è necessario “pregare e vegliare per non entrare in tentazione” (Mt 26, 41). Il digiuno è, all’occorrenza, un ottimo antidoto contro gli eccessi di cibo o bevande.

Non è forse giunto il momento per i popoli della nostra regione, costantemente in conflitto, di “ritornare” al Signore, vivendo i Dieci Comandamenti, in particolare il rispetto della vita, della proprietà e dei diritti delle persone? Non sarebbe forse questa la soluzione, una “metanoia”, una rivoluzione, un cambiamento radicale, ove il bene delle nazioni e dei popoli sostituisca gli interessi di alcuni “grandi” a scapito dei loro popoli?

5. Un digiuno in tempo di crisi

In mezzo a difficoltà e avversità, dobbiamo agire con saggezza e aiutarci gli uni gli altri. Nel corso della crisi finanziaria mondiale, il Papa ha dichiarato senza esitare che chi costruisce sul denaro costruisce sulla sabbia. Il Santo Padre a più riprese ha evidenziato che la crisi fondamentale è una crisi di valori, è una crisi etica, che fa seguito ad una crisi di fede.

6. Il nostro digiuno: un mezzo e non un fine

Noi non digiuniamo per digiunare. Noi digiuniamo per imitare Cristo, per sentire vicino coloro che hanno fame e sete. Come dice il Prefazio IV di Quaresima: “Con il digiuno quaresimale tu vinci le nostre passioni, elèvi lo spirito, infondi la forza e doni il premio”.

7. Digiuno per la pace

In Terra Santa e nel resto del Medio Oriente, soffriamo ancora per le violenze e i conflitti. La pace è una delle più grandi grazie che il Signore accorda all’umanità. Alla nascita del Salvatore, che è la Pace incarnata, a Betlemme-Efrata (cfr. Mic 5, 1 e 5), gli angeli cantarono “Pace in terra agli uomini che Dio ama” (Lc 2, 14). Il Signore ci chiede di lavorare per la pace, ed è contento se lo facciamo con mitezza e dolcezza (cfr. le beatitudini, Mt 5, 3 e 9). Prima della Sua Passione, Egli disse ai suoi discepoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14, 27). Nel suo corpo crocifisso sulla croce, Gesù ha abolito il muro di separazione tra i popoli (cfr. Ef 2, 14), facendo la pace. È questa pace che desideriamo raggiungere, per grazia di Dio, e per questo offriamo le nostre preghiere, il nostro digiuno, la nostra penitenza.

8. Come digiunare?

La Chiesa ci chiede un minimo di digiuno e di astinenza, come segue:

a) Dall’età di 14 anni, i fedeli sono tenuti ad astenersi dalla carne tutti i venerdì di Quaresima e nel Venerdì Santo, così come il Mercoledì delle Ceneri.

b) Da 21 ai 60 anni, i fedeli sono esortati ad accontentarsi di un solo pasto al giorno. I malati e gli anziani sono dispensati da queste pratiche.

c) Oltre all’astinenza e al digiuno, che ci privano di alcuni alimenti e bevande, c’è anche il digiuno “spirituale”, ancor più gradito al Signore, che consiste cioè in un digiuno dei sensi, per non peccare “in parole, opere e omissioni”.

d) Si consiglia di evitare, durante la Quaresima, pietanze troppo prelibate e bevande alcoliche. È bene astenersi o almeno limitarsi nel fumare. Per promuovere un clima di raccoglimento e di preghiera, sarebbe conveniente anche evitare o ridurre gli spettacoli mondani, specie del piccolo schermo e internet.

e) Perché la carità e l’elemosina accompagnino il nostro digiuno, suggeriamo di offrire ai poveri e ad un progetto importante della nostra Diocesi i frutti dei nostri sacrifici e delle nostre rinunce. Vorrei proporre, in particolare, di destinare tali offerte per la costruzione della Chiesa del Battesimo del Signore, e dell’annesso convento, al di là del Giordano.

Conclusione

Nella Chiesa Madre della Città Santa, nella Chiesa del Calvario e della tomba vuota di Cristo Risorto, nella Chiesa dell’Ascensione e della Pentecoste, preghiamo con fervore. Supplichiamo il Signore di accogliere la nostra penitenza e di condurci, nonostante le nostre debolezze, verso quel corteo celeste che celebra la Sua vittoria definitiva sul male, sul peccato e sulla morte (cfr. Ef 1, 15-23).

E che “il Signore, il Creatore del cielo e della terra, vi benedica tutti i giorni della vostra vita” (cfr. Sal 128 (127), 5).

Auguro a tutti voi una Santa Quaresima
e una felice Pasqua di Risurrezione!

† Fouad Twal, Patriarca Latino

Copyright © 2012 Patriarcato latino di Gerusalemme. Tutti i diritti riservati.

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ZENIT Staff

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