Malta: al crocevia delle fedi e della confessioni cristiane

La storia dell’arcipelago si confronta oggi con l’immigrazione

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ROMA, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’articolo di don Hector Scerri, presidente della Commissione Ecumenica e professore di Teologia dogmatica dell’Università di Malta, apparso sul mensile “Paulus” in formato online (Anno II n. 19 – Aprile 2010).

 

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L’isola di Malta, al centro del Mediterraneo e dunque al crocevia delle culture e delle religioni, abbraccia una vocazione ecumenica molto antica. Questa chiamata è intimamente intrecciata con la sua storia plurimillenaria. Gli antichi templi megalitici risalgono al terzo millennio a.C. Allora, Malta era già un’isola dove mercanti e marinai provenienti dalla Fenicia e da altre zone lontane del bacino mediterraneo sostavano non soltanto per ragioni di commercio o di riparo, ma anche per motivi spirituali.

I dominatori dell’arcipelago

Il cristianesimo a Malta risale al periodo apostolico con la predicazione di san Paolo, naufrago nell’isola nell’anno 60. Nei secoli successivi, il cristianesimo ha lasciato un’impronta determinante sulla storia di Malta e sul carattere del suo popolo, pur dovendo fronteggiare vicende alterne, mentre subentravano al dominio dell’arcipelago i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Aragonesi, fino al Sacro Imperatore Carlo V. Dopo la lunga e importante fase dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni (1530-1798), vi fu un breve periodo Francese (1798-1800), seguito dall’impero coloniale britannico (1800-1964).

Malta divenne Nazione indipendente il 21 settembre 1964, Repubblica parlamentare il 13 dicembre 1974 e membro dell’Unione Europea il 1° maggio 2004. Oggi la Chiesa Cattolica, in questo paese, è strutturata in due circoscrizioni: l’Arcidiocesi di Malta con 390.000 abitanti (380.000 cattolici) e la Diocesi di Gozo con 30.000 abitanti (29.500 cattolici).

Il cristianesimo a Malta

Le fonti storiche sono frammentarie nell’illuminare la vita della Chiesa dagli inizi al 1530, quando giunsero da Rodi i Cavalieri di San Giovanni (Ordine di Malta). Nei secoli IV-VI le isole gravitavano nell’orbita di Costantinopoli. Accertati sono i secolari legami con la Chiesa in Sicilia: la diocesi di Malta fu suffraganea di Palermo dal 1156 al 1831. Non esiste una documentazione certa circa il primo Vescovo residente a Malta. Secondo la tradizione, il primo pastore fu San Publio, il protos (governatore) dell’Isola che accolse l’Apostolo Paolo (Atti degli Apostoli 28,7). Nelle fonti, il nome di un vescovo di Malta appare per la prima volta nel maggio 553: Iulianus episcopus Melitensis che firmò il Constitutum de Tribus Capitulis nel contesto del Secondo Concilio di Costantinopoli.

È provato che in periodi antichi (secoli V e VI) Malta sia stata benedetta dalla presenza di monaci e poi, dal tardo Medioevo, dalle congregazioni mendicanti: i Francescani dal 1347, gli Agostiniani intorno al 1370, i Carmelitani dal 1441 e i Domenicani dal 1450. Vi si aggiunsero ben presto i Gesuiti attraverso la vicina Sicilia; si stabilirono regolarmente a Malta nel 1592 fondando il Collegium Melitense, contemporaneo al Collegio Romano e con le stesse finalità.

Il periodo dell’Ordine di San Giovanni (1530-1798) vide una particolare fioritura della Chiesa a Malta, con l’erezione di numerose parrocchie e con la feconda promozione dell’arte barocca nelle chiese. In questo periodo troviamo, nel fecondo archivio dell’Inquisizione a Malta, riferimenti a contatti della gente locale con luterani e altri protestanti, e sporadici tentavi a far circolare a Malta pubblicazioni appartenenti a queste confessioni. Naturalmente, l’Inquisizione faceva il suo dovere.

L’immigrazione di oggi, il colonialismo di ieri

Venendo ad oggi, un grave problema è costituito dalla immigrazione irregolare. Si calcola che dal 2002 siano giunti a Malta su imbarcazioni di fortuna oltre 13.000 africani, in maggioranza di fede islamica, che avevano per destinazione l’Italia.

Malgrado la tradizionale ospitalità del popolo maltese, le questioni suscitate da tale crescente presenza sono molteplici: sociali, politiche, religiose. Atteggiamenti di razzismo s’intrecciano con esemplari casi di accoglienza, mentre i Vescovi maltesi lanciano la sfida si testimoniare e di annunciare il Vangelo ai migranti. I rapporti della Chiesa cattolica con le altre Chiese e confessioni cristiane (anglicani, protestanti, ortodossi) sono buone. Durante il periodo coloniale britannico furono costruiti alcune chiese per le confessioni alle quali appartenevano le forze militari e navali britanniche. Sono stati registrati soltanto pochi tentativi – e senza successo – di proselitismo a Malta da parte di missionari o predicatori britannici. Intanto, il governo coloniale adottava, con grande saggezza, una politica di grande prudenza verso la chiesa cattolica a Malta e, dunque, verso i sentimenti religiosi cattolici della popolazione delle isole. Infatti i rapporti tra cattolici e le altre confessioni cristiane, a Malta, sono stati e rimangono ottimi.

Forte presenza ortodossa

Negli ultimi anni è cresciuto il numero di cristiani di confessione ortodossa (delle chiese chiamate calcedonesi). La maggioranza viene da Paesi dell’Est europeo, specialmente come risultato di una maggiore mobilità tra i Paesi dell’Unione Europea. C’è una comunità di ortodossi greci e ciprioti che fa parte della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta, con sede a Venezia. Esiste una folta comunità di ortodossi russi, ucraini e bielorussi in crescita, anche come risultato dei matrimoni con maltesi. Ci sono poi anche gli ortodossi serbi e montenegrini che insieme formano una parrocchia che fa parte della Diocesi Ortodossa Serba di Gran Bretagna, Scandinavia e Malta. C’è una comunità di ortossi bulgari, parte del Vicariato di Italia, San Marino e Malta, ma sempre sotto la giurisdizione del Patriarca di Bulgaria, e una piccola comunità di ortodossi rumeni. Vi sono infine alcune comunità di ortodossi non-calcedonesi: alcune dei copti ortodossi, altre del Patriarcato ortodosso dell’Etiopia e del Patriarcato dell’Eritrea.

I cattolici maltesi, che sono la stragrande maggioranza della popolazione dell’isola – nonostante essa sia sempre stata, come abbiamo visto, un crogiuolo di culture e di religioni -, mantegono ottimi rapporti con le tutte le altre confessioni cristiane. Fin dagli anni Settanta è stata costituita, infatti, un’attiva Commissione Ecumenica Diocesana che lavora affinché la comunità cattolica sia più informata e consapevole del crescente numero delle altre tradizioni cristiane nel Paese. Su questa realtà ecumenica si cerca di sensibilizzare i sacerdoti e gli operatori pastorali. Questa Commissione collabora tanto con un altro gruppo, il Malta Ecumenical Council, che dalla metà degli anni Novanta raccoglie insieme una rappresentanza di ogni confessione cristiana, con lo scopo di organizzare incontri ecumenici di preghiera e altre attività.

Crescita islamica

Desta qualche apprensione la crescente presenza di musulmani. Essi dispongono a Malta di due imam, di una moschea e di un grande complesso scolastico. È in programma la costruzione di una seconda moschea e di un secondo centro educativo.

Così, da una parte, la comunità cattolica maltese affronta le sfide della secolarizzazione, del relativismo, dell’individualismo, e della presenza di migranti di fede islamica, mentre la percentuale dei praticanti domenicali è scesa al 50% (75% nel 1982). Allo stesso tempo, oggi esiste una maggiore apertura verso i membri di altre confessioni cristiane e di altre religioni. Probabilmente, l’apostolo Paolo, naufrago a Malta 1950 anni fa, oggi avrebbe cercato di dialogare con queste comunità. Avrebbe forse ripetuto la sua esperienza dell’Areopago di Atene.

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ZENIT Staff

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