Libertà religiosa a rischio

Un recente rapporto dell’USCIFR mette in luce le minacce per i credenti in varie parti del mondo

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di padre John Flynn LC

ROMA, lunedì, 2 aprile 2012 (ZENIT.org) – La Commissione USA sulla Libertà Religiosa Internazionale (USCIFR) ha pubblicato il suo rapporto annuale 2012, con raccomandazioni al Segretario di Stato, riguardo a quali paesi debbano essere inclusi nella lista dei “paesi a rischio”.

Nella lista sono inclusi: Myanmar, Egitto, Eritrea, Iraq, Iran, Nigeria, Corea del Nord, Sudan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam.

“Paesi che calpestano i diritti fondamentali, tra cui la libertà di religione, creando terreno fertile per la povertà e l’insicurezza, guerra e terrore, movimenti ed attività violenti e radicali”, ha commentato il chairman di USCIRF, Leonard Leo.

Il rapporto, lungo più di 300 pagine, contiene informazioni dettagliate sia sui paesi a rischio che su un altro gruppo, inseriti in una Watch List che monitora il periodo che va dal 1 aprile dello scorso anno fino alla fine dello scorso febbraio.

Nella sua introduzione il report afferma che, se da un lato molta attenzione è rivolta agli attuali problemi economici, dall’altro si consuma un’inosservata crisi di uguale gravità, riguardo alla libertà religiosa.

“In maniera allarmante la libertà di pensiero, coscienza e religione o credo, hanno subito restrizioni, spesso con la minaccia della sicurezza e della sopravvivenza di persone innocenti, tra cui i rappresentanti di minoranze religiose”, afferma il rapporto.

L’introduzione, inoltre, critica l’inerzia del governo federale riguardo alle raccomandazioni dell’USCIRF. Attualmente solo otto paesi sono stati schedati dal Dipartimento di Stato come “a rischio” e per due di loro, Arabia Saudita e Uzbekistan, sono state garantite delle deroghe presidenziali, ovvero che nessuna azione sarà intrapresa contro di essi.

La Primavera Araba

Il rapporto esamina le conseguenze della Primavera Araba in Egitto. In generale essa ha portato ad un declino della libertà religiosa. I Cristiani Copti e le loro chiese hanno subito ripetuti attacchi e le forze militari, invece di difendere i Cristiani, hanno puntato le armi contro di loro.

“Le violenze in corso e la mancata condanna dei responsabili, continua a favorire un clima di impunità, specialmente nell’Alto Egitto”, riferisce il rapporto.

Infatti, durante il 2011, circa 100 Cristiani Copti sono rimasti uccisi in attacchi settari: un numero superiore a quello dell’intero precedente decennio. Ciò sollecita il governo di transizione a intraprendere riforme per garantire la libertà religiosa.

Le discriminazioni contro i Cristiani stanno a significare che il loro numero nei ranghi governativi e militari è assai esiguo. Ci sono soltanto pochi cristiani in parlamento e nessuno tra i decani universitari o in magistratura.

Un altro “paese a rischio” preso in esame dal rapporto è la Nigeria. Più di 800 persone sono rimaste uccise nei tumulti nel nord del paese, a seguito delle elezioni presidenziali dello scorso aprile, con oltre 430 chiese bruciate o distrutte.

Secondo il rapporto il gruppo militante Boko Haram ha sempre più nel mirino i Cristiani e ha minacciato di morte tutti quelli che rimangono nel nord.

Dal 1999 più di 14mila nigeriani sono stati uccisi in scontri di carattere religioso. Mentre la religione è solo una dimensione delle aggressioni settarie, essa è spesso usata per fomentare la discordia.

Il rapporto usa termini forti per descrivere la situazione in Pakistan, accusando il governo di tollerare “continue, sistematiche ed egregie violazioni della libertà di religione o di credo”.
Non solo ci sono repressive leggi anti-blasfemia ma il governo non è nemmeno riuscito a consegnare alla giustizia i persecutori dei cristiani, né ha adottato provvedimenti contro coloro che incitano alla violenza.

Un recente caso, citato nel rapporto, ha avuto luogo a gennaio, quando un gruppo di uomini ha attaccato una chiesa nella provincia di Sindh rispondendo così a bambini che intonavano canti religiosi. Costoro hanno picchiato i bambini e vandalizzato la chiesa. La polizia locale non fa nulla e la comunità Cristiana si è dovuta scusare con gli aggressori.

Conversioni forzate

Le giovani cristiane sono sotto attacco. Il rapporto afferma che, secondo le ONG cattoliche, ogni anno, almeno 700 bambine e ragazze vengono rapite e costrette alla conversione all’Islam.
Venendo alla Cina, l’USCIFR riporta che il governo continua a violare i suoi obblighi internazionali di proteggere la libertà religiosa. I Buddisti Tibetani, gli Uighuri Musulmani e i Cristiani appartenenti alle comunità clandestine sono tutti oggetto di persecuzione.

Secondo il rapporto, centinaia di Protestanti clandestini sono stati arrestati dalle autorità lo scorso anno: secondo una fonte sono quasi un migliaio. Dozzine di sacerdoti cattolici clandestini sono stati anch’essi rimasti imprigionati o sono spariti nel nulla. Una fonte citata nel rapporto, afferma che almeno 40 vescovi cattolici sono in carcere o detenuti.

Secondo le stime del governo, sono circa 100 milioni gli appartenenti a qualche fede religiosa in Cina, tuttavia il rapporto afferma che il numero di credenti è ben più alto e in rapida crescita. Si parla di centinaia di milioni di cinesi che manifestano apertamente la loro fede e persino di qualche funzionario del governo che ha elogiato l’opera delle comunità religiose.

“Gli abusi contro la libertà religiosa vanno sempre affrontati”, afferma l’introduzione del rapporto. Un’attitudine non ancora condivisa da molti, a danno di quelli che continuano a soffrire per la loro fede.

[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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ZENIT Staff

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