Embrione: una definizione in tre punti

Come spiega il Glossario di Bioetica, dal greco “en-brion” (“fiorisco dentro”), è l’essere umano dal concepimento fino a 2 mesi di gestazione, che già ha una appartenenza sessuale, un DNA diverso da quello dei genitori

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Embrione: dal greco “en-brion”, cioè “fiorisco dentro”, è l’essere umano dal concepimento fino a 2 mesi di gestazione, che già ha una appartenenza sessuale, che ha un DNA diverso da quello dei genitori, di cui porta solo una traccia.

Realismo

E’ un essere vivente (cresce, ha un metabolismo) con 46 cromosomi (in caso di malattia genetica i cromosomi possono variare di numero), ottenuti dalla fusione e dal rimodellamento del DNA dei 23 cromosomi presenti nell’ovocita, e dei 23 cromosomi presenti nello spermatozoo. Dal momento della fusione di ovocita e spermatozoo, si crea un DNA nuovo, che non appartiene né alla madre né al padre, ma ha caratteristiche tutte sue, pur mostrando in tanti aspetti il legame con le due figure di provenienza. L’embrione si dice tale – per convenzione – fino a 8 settimane dal concepimento, quando è già presente un cuore che batte. Lo sviluppo di un embrione è tumultuoso e rapido: aumenta di dimensioni con una rapidità che non si riscontra in nessuna altra epoca della vita.

La ragione

A chi sta a cuore l’embrione umano? A chi lo studia, a chi lo fa crescere in sé, a chi sa di esserlo stato e ne vuole la protezione per un senso di giustiza: se si protegge l’adulto sano e responsabile, tanto più va protetto l’embrione umano, che non è un “uomo in potenza”, ma un “uomo all’inizio”. Certo che ogni manipolazione ne mette a rischio la sopravvivenza, la salute e di conseguenza la futura salute nel corso della seguente vita.

Cosa ci aiuta ad identificare l’embrione come persona umana? In primo luogo la sua vitalità ne mostra lo stato di essere vivente e il suo corredo cromosomico ne mostra l’appartenenza al genere umano. Ma colpisce che l’embrione ha un rapporto speciale e diretto con il corpo della madre, che non si riscontra assolutamente in altri analoghi fenomeni di contatto tra due esseri geneticamente diversi. Infatti ha un rapporto di “dialogo” con le cellule della tuba uterina (il breve canale attraverso cui l’ovocita arriva dall’ovaia nell’utero se non avviene la fecondazione, o in cui si forma l’embrione se avviene la fecondazione). Questo dialogo avviene attraverso lo scambio di ormoni e proteine che hanno lo scopo di indicare al sistema immunitario della madre che l’organismo appena concepito non è un “corpo estraneo” da attaccare, pur essendo di altra composizione genetica. E’ questo il punto più spettacolare: laddove tutto in natura fa sì che il corpo estraneo piccolo venga distrutto dall’organismo grande in cui si introduce, in questo caso c’è collaborazione, dialogo, pur essendo chiaro che l’embrione non è parte del corpo della madre: il suo DNA è assolutamente diverso.

Il sentimento

Eppure lo siamo stati tutti! L’embrione e la madre iniziano un cammino a due, in cui anche nel segreto dell’intimità fisica “la madre fa la madre”: il suo corpo accoglie in modo paradossale questo “corpo estraneo”; ma anche “il figlio fa il figlio” pur all’alba della sua comparsa, mandando addirittura delle cellule embrionali in circolo nel corpo della madre, cellule che incredibilmente non solo non vengono distrutte dal soggetto adulto, ma che possono in alcuni casi essere terapeutiche per lei. E’ evidente che ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo e di sostanzialmente e naturalmente buono.

Link esterni:

DONUM VITAE

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Carlo Bellieni

Carlo Bellieni è neonatologo, dirigente medico presso l'Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale Policlinico Universitario di Siena e consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita

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