Cardinal Antonelli: Mario Luzi, “profeta di un umanesimo aperto al Mistero divino”

L’Arcivescovo di Firenze ricorda il poeta e Senatore a vita scomparso tre giorni fa

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FIRENZE, giovedì, 3 marzo 2005 (ZENIT.org).- “Mario Luzi è stato testimone di una speranza più forte di ogni dramma e di ogni caducità. E’ stato profeta di un umanesimo aperto al Mistero divino”, ha detto il cardinal Ennio Antonelli, durante la Messa esequiale di quello che è considerato uno dei fondatori dell’ermetismo e il maggiore poeta italiano contemporaneo.

“Il suo messaggio – ha sottolineato il porporato nell’omelia tenuta il 2 marzo nella Cattedrale di Firenze, – è quanto mai attuale e salutare come antidoto alla vertigine e all’angoscia del nulla, che serpeggia nella cultura del nostro tempo. Lo accogliamo pensosi e con profonda gratitudine. Egli dà voce alla speranza che, malgrado tutto, abita in ognuno di noi”.

Di fronte a più di duemila persone, in presenza dei familiari, delle autorità civili e religiose e del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, l’Arcivescovo di Firenze ha citato diversi passaggi dell’opera poetica di Mario Luzi per spiegare quanto il poeta non si sia “mai stancato di cercare la sua via, nella vita e nella poesia, in costante ascolto degli uomini, delle cose e del Mistero ineffabile”.

“Aveva piena consapevolezza che la storia è tutta attraversata dal bene e dal male e soggetta alla caducità”, ha precisato Antonelli. “Tuttavia amava la vita e non finiva mai di stupirsi di essa come di un miracolo sempre nuovo”.

Nato a Castello, presso Firenze, il 20 ottobre 1914, Mario Luzi, che il 14 ottobre scorso, poco prima di compiere 90 anni, era stato nominato Senatore a vita dal Presidente della Repubblica Ciampi, è morto il 28 febbraio scorso nella sua abitazione fiorentina.

“La vita sulla terra è dolorosa, ma è anche gioiosa: mi sovvengono i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali”, scriveva Luzi, che riguardo alla propria religiosità affermava di essere credente, anche se non sapeva precisare la “materia” della sua fede.

“Non mi pongo mai Dio come un’alterità”, sottolineava un pò di tempo fa in una intervista apparsa su “Italica” di Rai International On-Line. “Io non sono un uomo di Chiesa, ma il Cristianesimo è implicito a tutto ciò che io ho pensato e scritto”.

“Il Cristianesimo l’ho ricevuto, primamente, da mia madre, un Cristianesimo primario che ho poi immerso nei miei studi, fortificandolo, trasportandolo in un orizzonte più vasto. C’è stata una continuità, anche quando pareva che non ci fosse”, aveva proseguito.

La fede però non è facile. Secondo Luzi, essa galleggia su esitazioni, inquietudini e paure. A volte è duramente messa alla prova dall’apparente assenza di Dio.

Nel componimento “Via Crucis” scriveva: “Ci sono luoghi in cui tu sembri assente e allora geme perché si sente deserto e abbandonato. Anche la morte pare eterna, è duro convincerli, gli umani. Anch’io, figlio dell’uomo, temo la prova che mi attende. Io che in nome tuo ho risuscitato Lazzaro ho paura e dubito che la morte sia vincibile. Ma a questo mi hai mandato, a vincere la vittoria della morte”.

Nonostante il suo rapporto contrastante con la fede, nel 1999 viene incaricato dal Papa Giovanni Paolo II di scrivere i testi di meditazione per la Via Crucis del Venerdì Santo, successivamente raccolti e pubblicati dalla Garzanti in “La Passione”.

In quell’occasione confessò di avere avuto molti dubbi nel confrontarsi con l’impegno al quale era stato chiamato dal Santo Padre: “Non era solo un dubbio di insufficienza – scrisse nella breve presentazione preparata per il libretto della cerimonia – ma il timore che la mia disposizione interiore non fosse così limpida e sincera quanto il soggetto richiedeva”. “Ero invitato a una prova ardua, un tema sublime, la Passione di Cristo: ce ne può essere uno più elevato?”.

Parafrasando San Paolo, Antonelli nel corso della sua omelia ha poi ribadito che “Cristo è risuscitato non solo per se stesso, ma per tutti gli uomini. L’ultima nemica, la morte, sarà annientata. Perciò dobbiamo rimanere saldi e irremovibili, impegnandoci nel bene con totale e perseverante dedizione”.

L’Arcivescovo ha rilevato che “sebbene l’esperienza dica che il bene e il male distillano insieme il tempo della vita, tuttavia Luzi è certo che la vita: Non è apparenza, è festa veramente. Tutto nella sua necessità risplende”.

“Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”, ha quindi concluso Antonelli prendendo in prestito le parole dell’apostolo Paolo, e “Tutti noi attendiamo, l’avvento della luce che ci unifica e ci assolve”, ha poi aggiunto ricordando alcuni versi di Luzi.

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ZENIT Staff

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