Sulle orme dei Re Magi

Nel chiasso che domina la festa della chiamata, molti sono più intenti a seguire i saldi, il calo dei consumi o le befane, e risulta problematico penetrare nel mistero dell’Epifania del Signore

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«Fu per noi un freddo avvento per un viaggio lungo come questo. Le strade fangose e i cammelli pustolosi, i piedi sanguinanti. Vi furono momenti in cui rimpiangemmo i palazzi d’estate sui pendii, i terrazzi, le seriche fanciulle che portavano i sorbetti».

Così, in una delle sue famose ballate, Thomas Stearns Eliot descrive Gasparre, Melchiorre e Baldassare, i magi guidati da una stella fino a Betlemme perché vi trovassero, testimonia Matteo nel suo Vangelo, «il re dei Giudei che è nato». Aggiunge l’evangelista: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono».

Venivano, i tre saggi, dall’Oriente (dove “Oriente” è indicazione quanto mai indeterminata). La ricerca, l’astro che appare in cielo, la vista e l’adorazione del Messia sono le tappe che popoli e singole persone devono (meglio: dovrebbero) percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo.

Difficile, oggi, accogliere con cuore e mente di fanciulli la chiamata di Dio: nel chiasso e nel marasma che dominano sovrani la grande festa della chiamata, molti sono più intenti a seguire i “saldi”, il calo dei consumi o le befane che scendono dai cieli del consumismo. Ovvio che risulti problematico penetrare nel mistero dell’Epifania del Signore. Eppure, proprio in questa temperie, l’esempio dei Magi diventa, paradossalmente, stella polare nel cammino dell’uomo moderno. La loro è la storia di un’avventura rischiosa, sul modello di quella di Abramo che «partì senza sapere dove sarebbe andato» (Ebrei, 11, 8). È l’emblema della vita cristiana intesa come sequela, discepolato, ricerca.

Il viaggio, in effetti, esige il coraggio di districarsi alla ricerca della speranza: chi è legato a terra dai pesi delle cose non riesce ad essere pellegrino. Chi crede di possedere tutto e di avere già il monopolio della verità non può essere mosso dall’ansia della ricerca: egli è simile ai sacerdoti di Gerusalemme del racconto matteano, freddi interpreti di una parola biblica che non li coinvolge né li converte. Tuttavia, per come osservava Paolo VI, «se il mondo si sente estraneo al cristianesimo, il cristianesimo non si sente estraneo al mondo». La missione dei cristiani autentici è missione di amicizia, di comprensione, di incoraggiamento, di elevazione, di salvezza. Ed a Cristo, non a caso, per strade misteriose giungono schiere di cristiani anonimi, come i Magi che lo cercano senza conoscerlo ed ignorandone il nome.

La luce e il suo richiamo, allora, non sono cose passate, giacché ad esse si richiama la storia della fede di ognuno. E ricordano che ogni ricerca umana ha all’origine una decisione iniziale di Dio, che per primo entra nelle strade del mondo e nella carne stessa dell’umanità, spingendo i Magi e tutti coloro che non vogliono chiudere gli occhi per smarrirsi deliberatamente nella superficialità: trovarlo ed abbracciarlo non costa molto. Basta volerlo. Come scriveva Robert Musil: «Non è vero che è il cercatore a inseguire la verità. È la verità che insegue il cercatore».


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Vincenzo Bertolone

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