Sull'esempio di Giovanni, uomo di verità che ha annunziato Cristo senza "rubargli il mestiere"

Il Papa incentra la sua omelia a Santa Marta sulla figura del Battista, per ricordare che il Vangelo va annunciato con umiltà, senza approfittare della condizione di cristiani

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Concluso il ciclo di omelie sul re Davide, un’altra figura biblica è stata il centro della riflessione di Papa Francesco durante la Messa di stamane a Santa Marta: Giovanni Battista. In particolare, è la morte del profeta – ordinata da Erode su richiesta dell’amante Erodìade e capriccio di sua figlia Salomè – ad offrire al Pontefice lo spunto per la quotidiana pillola di puro cristianesimo. Cioè, che il vero discepolo di Cristo segue la via dell’umiltà senza impadronirsi della profezia, né “approfittarsi” della condizione di cristiano.

Dio – ha detto il Papa – aveva inviato Giovanni “per preparare la strada a suo Figlio”. E Giovanni dedica tutta la sua breve vita per compiere questa missione. “È un uomo che ha avuto un tempo breve per annunciare la Parola di Dio”, ha ricordato il Pontefice, fino a che la sua testa non fu recisa durante il banchetto di una corte in cui “corruzione, vizi e crimini” si intrecciavano.

Giovanni “era un uomo forte”, ha proseguito Bergoglio, era un uomo che “prima di tutto annunziò il Signore. Annunziò che era vicino il Salvatore, il Signore, che era vicino il Regno di Dio. E lo aveva fatto con forza. E battezzava. Esortava tutti a convertirsi. E annunziava Gesù Cristo”. 

Ma, soprattutto, il Battista “non s’impadronì della sua autorità morale, nonostante gli era stata data “la possibilità di dire ‘Io sono il Messia’”, e “tutta la gente andava da lui”, inclusi i farisei e i dottori della legge che lo consideravano “un uomo retto”. Addirittura a Giovanni chiedono se fosse lui il Messia, e “in quel momento della tentazione, della vanità” – ha sottolineato il Pontefice – poteva fare una “faccia da immaginetta” e dire: “Ma, non so…” con una “falsa umiltà”. Invece, risponde: “No! Io non lo sono! Dietro di me viene uno che è più forte di me, cui io non sono degno di piegarmi per sciogliere i legacci dei suoi calzari”. Giovanni “è stato chiaro”, “non ha rubato il titolo”, né “si è impadronito del mestiere”, ha evidenziato il Papa.

“Uomo di verità”, ha annunziato Cristo, non ha “rubato” la dignità a Cristo e ha “imitato” Cristo. Questo è il terzo pregio del profeta: ha imitato Gesù “soprattutto sul cammino dell’abbassarsi”; “si è umiliato, si è abbassato fino alla fine, fino alla morte”. Egli, ha osservato il Santo Padre, ha imitato il Messia perfino con “lo stesso stile di morte, vergognoso”, lasciandosi uccidere “come un brigante, come un ladro, come un criminale”.

“Morti umilianti”, quelle di Giovanni e di Gesù, ha aggiunto Bergoglio. E ha ricordato che “anche Giovanni ha avuto il suo ‘orto degli ulivi’, la sua angoscia in carcere, quando credeva di avere sbagliato, e manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: Ma dimmi, sei tu o ho sbagliato e c’è un altro? E Gesù ha risposto a Giovanni come il Padre ha risposto a Gesù, confortando”.

Il Battista vive un momento di “buio dell’anima”, ha detto Francesco, “quel buio che purifica come Gesù nell’orto degli ulivi. Quel buio dell’uomo di Dio, della donna di Dio”. Lo stesso buio che aveva attanagliato anche la Beata Teresa di Calcutta: proprio lei – ha detto il Papa – “la donna che tutto il mondo lodava, Premio Nobel!”, sapeva “che in un momento della sua vita, lungo, c’era soltanto il buio dentro”.

Giovanni è dunque “icona di un discepolo”. La “sorgente di questo atteggiamento”, ha spiegato il Pontefice, viene dall’incontro tra Maria ed Elisabetta narrato nel Vangelo, durante il quale “Giovanni ballò di gioia nel grembo” di sua madre. Lui e Gesù erano cugini, ha ricordato il Papa, “forse si sono trovati dopo alcune volte. E quell’incontro ha riempito di gioia, di tanta gioia il cuore di Giovanni e lo ha trasformato in discepolo”.

L’esempio del Battista, “uomo che annunzia Gesù Cristo, che non si mette al posto di Gesù Cristo e che segue la strada di Gesù Cristo”, dovrebbe essere la spinta per farci in coscienza qualche domanda “sul nostro discepolato”. Tipo, ha suggerito il Papa: “Annunziamo Gesù Cristo? Approfittiamo o non approfittiamo della nostra condizione di cristiani come se fosse un privilegio? Giovanni non si impadronì della profezia. Andiamo sulla strada di Gesù Cristo? La strada dell’umiliazione, dell’umiltà, dell’abbassamento per il servizio?”.

Se le risposte a questi interrogativi sono per lo più negative, allora è bene fare un passo indietro e chiedersi: “Ma quando è stato il mio incontro con Gesù Cristo, quell’incontro che mi riempì di gioia?”. “Tornare all’incontro, tornare alla prima Galilea dell’incontro”, ha esortato il Santo Padre, “tutti noi ne abbiamo una! Tornare là! Rincontrarci con il Signore e andare avanti su questa strada tanto bella, nella quale Lui deve crescere e noi venire meno”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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