Sui farmaci "poca attenzione dell'ONU ai bisogni degli individui e delle famiglie"

Monsignor Tomasi critico sull’ultimo Rapporto delle Nazioni Unite sull’accesso alle cure farmaceutiche

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Riportiamo di seguito l’intervento pronunciato il 27 maggio scorso a Ginevra dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate, alla XXIII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo sull’accesso ai farmaci.

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Signor Presidente,

La Delegazione della Santa Sede ha esaminato con cura il Rapporto sull’accesso ai farmaci. Mentre il Relatore speciale afferma che “la piena realizzazione dell’accesso ai farmaci esige l’adempimento degli elementi chiave della disponibilità, dell’accessibilità, dell’accettabilità e della qualità”, la mia Delegazione ritiene che il Rapporto non abbia dedicato sufficiente attenzione ad alcuni dei fattori che il Relatore speciale ha indicato come “elementi chiave”.

Per quanto riguarda l’accessibilità, la mia Delegazione ritiene che un’analisi comprensiva di questo tema fondamentale debba andare oltre i quadri legali, per includere un esame delle realtà sociali e politiche che privano milioni di persone della possibilità di godere del più alto standard raggiungibile di salute fisica e mentale, a causa degli ostacoli che pongono all’accesso ai farmaci.

L’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha chiaramente adottato una tale prospettiva comprensiva laddove afferma: “Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà“.

Pertanto, la Delegazione della Santa Sede considera che il Rapporto non dedichi sufficiente attenzione ai bisogni fondamentali degli individui e delle famiglie, in ogni fase del ciclo della vita, dal concepimento alla morte naturale. Spesso queste sfide impediscono l’accesso ai farmaci almeno quanto i diversi fattori legali che sono al centro del Rapporto, se non addirittura di più. Un appianamento efficace di tali ostacoli esige un approccio di sviluppo umano integrale, che promuova sia quadri legali giusti, sia la solidarietà internazionale, non solo tra Stati, ma anche tra tutti i popoli. La Santa Sede osserva quindi con preoccupazione le “difficoltà di milioni di persone ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi” e auspica che s’instauri “una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate” (Il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali, Messaggio di Papa Benedetto XVI ai partecipanti alla XXV Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, 15 novembre 2010)

Il Rapporto fa spesso riferimento all’obbligo degli Stati di creare le condizioni per l’accesso ai farmaci. Mentre l’adempimento di tale responsabilità da parte dei governi è un requisito chiaro, sarebbe stato opportuno riconoscere anche il forte impegno da parte delle organizzazioni non governative e religiose nel fornire sia farmaci, sia una vasta gamma di trattamenti e di misure preventive al fine di assicurare il pieno godimento del diritto alla salute. Con i suoi contatti alle basi, con 5.305 ospedali e 18.179 cliniche (Statistiche della Chiesa, Agenzia Fides, Città del Vaticano, 21 ottobre 2012), ispirati e organizzati in tutto il mondo sotto gli auspici della Chiesa cattolica, la Santa Sede è ben consapevole che queste istituzioni servono i settori più poveri della società, molti dei quali si trovano in aree rurali e isolate o in zone di conflitto, dove spesso i sistemi sanitari governativi non arrivano. Ciò è stato confermato da attività di mappatura professionali, con il sostegno e la collaborazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che riferiscono che “attualmente dal 30 al 70 percento delle infrastrutture sanitarie in Africa sono di proprietà di organizzazioni confessionali” (cfr. Dott. Kevin De Cock, già direttore dei Servizi Aids/Hiv dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Faith-based organizations play major role in fighting HIV/AIDS –UN study, 9 febbraio 2007, http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=21511&Cr=hiv&Cr1=aids#.UbA37-xH7cs).

Signor Presidente, l’agevolazione ottimale dell’accesso ai farmaci è un impegno complesso e merita un’analisi comprensiva e il riconoscimento di tutti i fattori che contribuiscono alla sua promozione, piuttosto che un’analisi più limitata dei quadri legali, economici e politici.

Grazie, Signor Presidente.

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ZENIT Staff

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