Sudan. A un anno da Meriam, due cristiani rischiano la pena capitale

Si tratta di due pastori cristiano-evangelici che rischiano la morte per motivi religiosi. Il caso al centro di un’interrogazione del senatore Manconi 

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Torna in Sudan il fantasma della cristianofobia, ad un anno esatto dalla vicenda di Meriam Ibrahim, la donna e madre cristiana arrestata all’ottavo mese di gravidanza e condannata a morte per apostasia, poi liberata grazie ad una mobilitazione internazionale. 

Due pastori cristiano-evangelici rischiano infatti attualmente la pena di morte per motivi religiosi nel paese. A denunciarlo è lo stesso avvocato della giovane sudanese, Mohaned Mustafa Alnour. Il caso è inoltre al centro di un’interrogazione presentata dal senatore Luigi Manconi (Pd), presidente della Commissione Diritti umani a Palazzo Madama, al ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni.

Le due ‘vittime’ in questione sono il pastore presbiteriano Yat Michael e il pastore della Chiesa evangelica di Khartoum, il reverendo Peter Yein Reith. Il primo – come ha raccontato Manconi – è stato prelevato dopo il culto domenicale da funzionari del Servizio di sicurezza e dei servizi segreti. “Il prelato si trovava a Khartoum con la famiglia per sottoporre i figli a controlli medici e per fare visita alla congregazione della Sudan Presbyterian evangelical church che aveva subito per due settimane le incursioni della polizia e l’arresto di 38 membri della congregazione che si erano opposti all’abbattimento di parte della chiesa”.

Successivamente è stato arrestato il reverendo Reith, bloccato dagli agenti mentre stava tornando a casa da una riunione di preghiera. “Alle ripetute richieste dei motivi del fermo rivolte dalla moglie di Reith al Niss, un funzionario aveva solo confermato che il pastore era in carcere e che lo stavano ancora interrogando”, ha spiegato Manconi. Aggiungendo: “Entrambi i pastori sono tenuti in custodia senza garanzia del rispetto dei propri diritti, come denunciato da Kate Allen, direttrice di Amnesty International UK, e sono accusati di otto capi di imputazione per i quali è prevista la pena capitale o l’ergastolo”.

Attraverso l’interrogazione, il senatore vuole quindi chiedere alla Farnesina di ricavare maggiori informazioni sulla vicenda e sulle condizioni dei due pastori – soprattutto informandosi se siano rispettati i diritti dei due uomini – attraverso l’ambasciatore a Karthoum. Inoltre Manconi domanda al governo di sollecitare l’esecutivo sudanese – in virtù dei positivi rapporti reciproci – sulla questione della tutela delle minoranze religiose, in particolare cristiane.

L’obiettivo è di intraprendere azioni concrete affinché il Sudan rispetti la Costituzione – nella quale è gia garantita la libertà religiosa in contrasto con quanto previsto dalla Sharia (la legge islamica) – e magari avviare iniziative di cooperazione che, in collaborazione con l’Unione europea, possano esercitare pressioni affinché il Sudan arrivi ad abolire le leggi sull’apostasia.

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ZENIT Staff

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