Storie di speranza e dolore dall’ostello Caritas di Roma

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di Chiara Santomiero

ROMA, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- “Una città in cui un solo uomo soffre meno è una città migliore”: questa frase di don Luigi Di Liegro risaltava sulla parete alle spalle di Benedetto XVI durante la sua visita ai servizi della Caritas di Roma, presso la stazione Termini, che ha inaugurato ieri gli eventi dell’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale.

A questo ideale di servizio sono dedicati la mensa sociale, l’Ostello e il Poliambulatorio “Don Luigi Di Liegro” e i circa 300 volontari che vi operano e che hanno accolto il Santo Padre con grande entusiasmo e commozione.

Salvatore Sardo ha approfittato del pensionamento dall’impiego presso le Ferrovie dello Stato per dare seguito a un desiderio di condivisione solidale che avvertiva da tempo e da quattro anni, due volte alla settimana, presta servizio alla mensa. “Lo so che può sembrare una frase fatta – afferma – ma io ricevo da questa esperienza molto più di quanto riesca a dare”.

In questi anni “mi è capitato di constatare da vicino il progressivo impoverimento della nostra società. Oggi vedo molti più italiani in fila di quando ho cominciato. Si tratta di persone molto dignitose nell’abbigliamento e nel modo di parlare che sicuramente in precedenza non avrebbero mai immaginato di doversi rivolgere alla Caritas un giorno”.

“L’episodio che mi ha colpito di più? – risponde alla mia domanda -. Quello di un ragazzo somalo con una vecchia ferita agli occhi. Aveva timore di recarsi in ospedale a causa degli accertamenti sugli immigrati e a questo timore preferiva la sofferenza. Ho provato un acuto disagio rispetto al nostro sistema sociale e politico e mi ha fatto riflettere molto sulla legislazione riguardo agli immigrati”.

Il servizio di mensa serale di via Marsala offre ogni giorno 500 pasti caldi a uomini e donne muniti di una tessera rilasciata dai Centri di ascolto diocesani o dai Municipi di appartenenza. Carlo Virtù è l’operatore che da due anni ne ha la responsabilità, ma ha cominciato da volontario dieci anni fa.

“Ho compiuto tutto il cursus honorum – sorride – dal servizio al cancello al guardaroba alle pulizie della mensa…Mi ha aiutato moltissimo a maturare la capacità di relazionarsi con ogni persona”. Lo aspetto mentre spiega l’evento dell’arrivo del Papa ad Antonio, uno degli ospiti venuto a verificare l’insolita animazione che circonda la mensa prima di andare al lavoro che si è inventato aiutando gli automobilisti a trovare posto in un parcheggio non lontano.

L’aspetto più difficile, spiega, è “aiutare le persone che non vogliono essere aiutate”.

“Il nostro servizio – chiarisce – non è dare qualcosa da mangiare, ma accogliere in un luogo da cui ripartire per riprendere in mano se stessi. Occorre il coraggio di dire un ‘no’ a chi, per esempio, continua a presentarsi ubriaco. Alcuni vanno via e non li vediamo più, ma altri accettano di entrare in un percorso per ritrovare quella parte di sé che avevano smarrito nelle vicende della vita”.

Dentro e fuori

In 23 anni di esistenza l’Ostello Caritas ha offerto 1.200.000 pernottamenti “tanti quanti sono gli abitanti di Napoli più quelli di Firenze, il doppio dei cittadini di Palermo e il quadruplo dei residenti di Bologna”, fa notare la brochure pubblicata in occasione della visita di Benedetto XVI.

“Si tratta di uno straordinario campo di osservazione della nostra società – afferma Daniela Lombardi che dopo aver svolto qui il tirocinio previsto dalla Facoltà di antropologia dell’Università La Sapienza ha scelto di continuare come volontaria -. In questo luogo ci sono le stesse categorie di persone che troviamo anche fuori: i divorziati che non hanno più una casa dove stare e che non possono permettersi un altro alloggio perché le loro risorse sono impiegate nel pagare gli alimenti o le ragazze in difficoltà o gli alcolisti o gli anziani che non possono accedere a una casa di riposo. Questa è una delle spiagge cui approdare quando la rete familiare intorno a loro si è dissolta e mancano le risorse economiche”.

“Ognuno ha la sua storia – prosegue Lombardi – che qui si cerca di aiutare a rielaborare per trovare una soluzione. Alcune hanno buon esito: molto dipende dalla voglia delle persone di affrontare i propri problemi”.

Tuttavia l’Ostello non è solo un luogo di problemi e dolore: “Una volta al mese – racconta Lombardi – si festeggiano insieme tutti i compleanni delle persone che sono nate in quel mese e c’è tanta allegria: sono donne e uomini con un disagio, ma restano persone, con una grande voglia di sorridere”.

Gli “ultimissimi”

In quale giorno della settimana cadeva il 16 maggio 1990? “Mercoledì”, non ha dubbi Daniela Pezzi, che da quel giorno in poi ha dedicato ogni mercoledì alla problematica della salute mentale, dapprima nella Caritas della sua parrocchia e poi nel Progetto di salute mentale del Poliambulatorio di via Marsala. “Noi ci occupiamo degli ‘ultimissimi’ della società: disagio mentale, alcolisti, sieropositivi, senza lavoro e senza famiglia. Alcuni finiscono in carcere o nei manicomi giudiziari, anche se i malati di mente non sono necessariamente criminali”.

“Il nostro ruolo – aggiunge – è fare da ponte con il servizio pubblico che è l’unico che può prendere in carico questo tipo di malati 24 ore su 24. Li accompagniamo e vigiliamo dall’esterno affinché ricevano le cure di cui hanno diritto”.

La Caritas di Roma, con quella italiana, è diventata un punto di riferimento sul problema della salute mentale e partecipa a diversi tavoli istituzionali affermando il principio della inclusione sociale e della cura di questi malati ad opera dei servizi territoriali.

“Un altro dei nostri compiti – aggiunge – è il supporto alle famiglie, dove ci sono, per aiutarle a fronteggiare la situazione: più strumenti si mettono in campo, più è alta la possibilità di guarire”.

Recentemente si constata come “la povertà economica incida sugli stati depressivi, determinando una mancanza di fiducia nel futuro amplificata dalla difficoltà del servizio pubblico di intervenire a causa della scarsità di risorse”.

“Ci sono storie di dolore profondo – conclude Pezzi – di emarginazione, di solitudine rispetto alle quali cerchiamo di far intravedere la possibilità di un aiuto e di un miglioramento”.

Tante storie

Migliaia le storie che la mensa, l’ostello e il poliambulatorio potrebbero raccontare. “Quella di chi stava sempre solo – ha ricordato Giovanna Cataldo a Benedetto XVI -, di chi dipingeva, di chi non aveva talento se non quello di rimanerti per sempre nel cuore”. Anche Giovanna Cataldo, un’ospite dell’ostello, ha talento – per le parole almeno -, forse perché, come mi spiega “amo tanto leggere”.

“La mia storia mi aveva cambiato e qui sono cambiata ancora”, ha detto ancora al Papa sintetizzando il percorso di tanti che sono approdati all’ostello incontrando un’esperienza di accoglienza e amicizia. “Noi pregheremo perché Dio le dia forza per essere sereno come noi – ha assicurato a un Benedetto XVI visibilmente commosso – e lei non pensi a noi, ma anche a noi”.

“Da che parte stiamo noi, quali valori ci guidano?”, ha chiesto il cardinale Agostino Vallini, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, ai sacerdoti, volontari, operatori riuniti per la celebrazione eucaristica seguita alla visita del Papa.

“Troppo spesso nel nostro mondo – ha aggiunto – la prospettiva dell’uomo riuscito è quella dell’uomo sufficiente a se stesso, ma le Beatitudini ci invitano a confidare nel Signore. E’ la fede in Gesù che è Dio e non solo un brav’uomo, un campione di solidarietà, che rende autentico e dà senso a ciò che facciamo”.

Anche
se il momento storico presenta tante difficoltà “siamo ottimisti! – ha concluso Vallini – La gran parte dell’umanità è buona e fa il bene. Abbiamo bisogno di diffondere questo messaggio di fiducia e speranza”.

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ZENIT Staff

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