Storia di un supereroe… “de noantri”

In Lo chiamavano Jeeg Robot, pellicola di esordio di Gabriele Mainetti, ambientata in una Roma apocalittica, spicca l’estro di Claudio Santamaria

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Se si presentasse Enzo Ceccotti alle amministrative romane: sarebbe lui, il vincitore assoluto, a furor di popolo. In effetti, ci vorrebbe un supereroe, senza dubbio, a sanare la situazione di degrado delle periferie romane. E non è un caso, che Lo chiamavano Jeeg Robot, primo film per Gabriele Mainetti, abbia entusiasmato il pubblico romano, con un buon esordio al box office, sin dal primo week-end d’uscita.
Uno scenario apocalittico – una scelta registica tutt’altro che casuale – tra attentati terroristici e paura dilagante dove a farla da padrona è la criminalità organizzata, rendendo le periferie, la propria casa. Ed è allora che un criminale come tanti, a seguito di un fortuito incidente Enzo Ceccotti – un incommensurabile Claudio Santamaria – si trasformerà in un “supereroe de noantri”, un superman romano, disorientato sull’uso e lo scopo di questi poteri eccezionali.
Sarà il destino a metterlo di fronte alle sue nuove responsabilità, grazie all’incontro con una fatina delicata – la brava esordiente Ilenia Pastorelli – una ragazza traumatizzata da un grave lutto, la cui coperta di Linus, è un dvd con la saga animata di Jeeg Robot d’acciaio. Riequilibra le sorti, per un finale imprevedibile, l’anti-eroe, un “Joker di Tor Bella Monaca” detto lo Zingaro – un convincente Luca Marinelli – il cui nome nel quartiere è sinonimo di crudeltà e illegalità.
Un film egregiamente diretto da Gabriele Mainetti, che già nel cortometraggio Tiger Boy del 2012 – vincitore del Rome Creative Contest e altri concorsi internazionali – aveva mostrato la sua predilezione per i supereroi socialmente impegnati, inserendoci tutti gli elementi a lui cari: la periferia, i superman nostrani e il disagio psicologico.
Non a caso, anche, il soggetto del corto era stato scritto dall’amico sceneggiatore cinematografico Nicola Guaglianone, che in Lo Chiamavano Jeeg Robot lavora in tandem con Menotti (Roberto Marchionni), graphic novelist di successo e a sua volta sceneggiatore. Ed è merito, anche, di questo sapiente sodalizio artistico se Lo chiamavano jeeg robot è un film di successo: il primo superman italiano, degno di questo nome. Ci aveva provato recentemente anche Gabriele Salvatores con Il ragazzo invisibile, con un effetto tutt’altro che verosimile. Il risultato è un testo ironico e misuratamente laconico, che sa dosare abilmente la commozione e la suspense, per mantenere alta l’attenzione dello spettatore.
Memorabile e davvero ben orchestrata da Gabriele Mainetti è la scena dell’acquisizione dei superpoteri che segna il passaggio da Ceccotti criminale qualunque a supereroe con una forza stratosferica. La telecamera centrata dal basso verso l’alto su Santamaria, enfatizza la vis comica insita nella scena, tra incredulità e soddisfazione. All’inizio un banale scatto d’ira: un pugno scagliato a caso, così potente da aprire un varco nel portone del bilocale; poi nel passaggio dallo stupore alla consapevolezza dei superpoteri, Ceccotti si eserciterà spostando armadi e piegando l’unico termosifone, come fosse un giocattolo. Una scena degna del miglior cinema, resa ancor più memorabile dalla ricercatezza dell’ossimoro visivo tra la miseria della casa e l’esplosività dei superpoteri. Una scena quasi sinestetica, che attiva i sensi già noti e anche quelli sovrannaturali, come la vista supersonica, la forza straripante e l’udito finissimo.
Questa e anche tante altre le scene degne di una visione, che sapranno divertirvi e appassionarvi come le saghe dei supereroi della Marvel, ma con uno sguardo privilegiato come solo il cinema italiano di qualità sa fare.
***
Dal 25 febbraio nella sale
Lo Chiamavano Jeeg Robot
di Gabriele Mainetti
Con Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli.
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone e Menotti
Fotografia: Michele D’Attanasio
Montaggio: Andrea Maguolo
Distribuzione: Luckyred

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Rita Ricci

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione