Storia della proclamazione dell'Immacolata Concezione

Un opuscolo racconta della consultazione favorevole al dogma

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di padre Stefano Cecchin
Ordine Francescano Frati Minori (O.F.M.)
Segretario della Pontificia Accademia Mariana Internazionale

ROMA, venerdì, 18 novembre 2011 (ZENIT.org).- Il 1° giugno 1848 il beato Pio IX istituì una Consulta di teologi incaricata di valutare la possibilità della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Su 20 intervenuti solo 2 furono contrari: il domenicano, mons. Andrea Frattini (promotore della fede) e il canonico Filippo Cossa. Il processo fu però interrotto in seguito alla rivoluzione scoppiata a Roma il 15 novembre 1848.

Pio IX, il 24 novembre, dovette rifugiarsi a Gaeta dove il re Ferdinando, su suggerimento di P. Agostino Pacifico di Santa Maria Addolorata, alcantarino e autore di una monografia sull’Immacolata e consultore della corte napoletana, in contraccambio dell’ospitalità gli chiese la definizione del dogma.

In seguito a questa richiesta, il 6 dicembre 1848, il Pontefice istituì nella città di Napoli una “Congregazione Cardinalizia” anti-preparatoria con 8 Cardinali e 5 consultori. Essi dovevano rispondere a due quesiti: l’opportunità della definizione e in quale maniera il Romano Pontefice avesse dovuto procedere.

Il 22 dicembre, la Congregazione si riunì nel collegio dei Barnabiti a Napoli, dando il parere affermativo all’opportunità della proclamazione dogmatica, ma, riguardo al modo di procedere, si ritenne opportuno di attendere e di indirizzare ai Vescovi una lettera enciclica per sondarne il parere e invitare alla preghiera. In conseguenza di ciò, il 2 febbraio 1849, il Pontefice emanò l’enciclica Ubi primum con la quale interrogava l’episcopato cattolico sulla questione e lo invitava a darne risposta, quasi fosse un concilio fatto “per iscritto”.

Su 603 risposte pervenute, 546 furono favorevoli alla proclamazione dogmatica, per cui non si esitò a continuarne i lavori.

Al ritorno dall’esilio, il 12 aprile 1850, Pio IX affidò al gesuita Giovanni Perrone l’incarico di stendere le bozze della bolla che sarebbero state poi analizzate e approvate dalla Consulta teologica.

La prima bozza della lettera apostolica fu inviata ai consultori il 26 marzo 1851. Vista la prima bozza e le risposte dell’episcopato, i membri della Consulta diedero il loro voto. Mons. Alessandro Macioti, Vescovo di Colossi, restò ammirato del lavoro del Perrone ma invitò alla prudenza e propose che non si arrivasse ad una definizione dogmatica ma solo ad una dichiarazione del Pontefice che dichiarasse l’Immacolata Concezione come credenza universale dei cattolici. Chiaramente contrario, invece, fu Mons. Vincenzo Tizzani, Vescovo di Terni, che contestò vivamente il testo del Perrone.

A questa Consulta, il 28 luglio 1851, furono aggiunti altri sei teologi, tra questi i gesuiti Perrone e Carlo Passaglia e il P. Antonio Maria da Rignano, già Procuratore generale dei Frati Minori. Oramai si era preso atto che la Chiesa era, salvo sporadici casi, totalmente unanime nel credere che la Vergine fu concepita senza peccato originale.

Al termine dei lavori la Congregazione cardinalizia e i consultori davano un parere positivo, per cui, l’8 maggio 1852, il Pontefice nominò una “Commissione speciale” sotto la guida del Cardinale Raffaele Fornari con il Tonini (che, venuto meno nel settembre del 1852, fu sostituito dal francescano conventuale Angelo Trullet), Carlo Passaglia e Mariano Spada. Questa Commissione aveva lo scopo di stendere il testo della Costituzione apostolica, che in un primo tempo voleva riunire in un solo atto pontificio la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione e la condanna degli errori dei tempi moderni, progetto che fu poi abbandonato.

La nuova Commissione iniziò i lavori il 13 maggio 1852, dandosi un criterio per raccogliere il materiale da presentare come fondamento per un primo schema di Bolla. Fu così stabilito che per la definizione dogmatica non era necessario che nella storia vi fossero state sempre opinioni favorevoli, era sufficiente che “autori autorevoli” si fossero dimostrati “non contrari alla sentenza”. Non era neppure necessaria una testimonianza esplicita o implicita della Scrittura, come anche una serie di testi che risalendo agli apostoli desse prova di una tradizione imperitura.

Come fondamenti del dogma erano sufficienti un certo numero di solenni testimonianze favorevoli, uno o più principi rivelati che contengano la proposizione, il nesso necessario dei dogmi e la predicazione concorde dell’attuale episcopato. Con questi criteri, la Commissione cercò le prove per determinare che la dottrina dell’Immacolata Concezione è contenuta nella divina rivelazione.

Pertanto, secondo le attese della Scuola francescana, ivi rappresentata dal P. Tonini, si accolsero i testi biblici di Gn 3,15 e Lc 1,28 come contenenti la verità dell’Immacolata Concezione e si riconobbe la necessaria importanza, almeno in ambito cattolico, di leggere i testi biblici alla luce dell’interpretazione patristica.

Si riteneva, infatti, che nella Tradizione si può trovare tutto il necessario per una definizione dogmatica; per questo furono raccolti 151 testi dei Padri della Chiesa in cui si parla dell’esclusione di Maria da ogni peccato, distinguendo le testimonianze sicure da quelle soggette a contestazione o non chiare.

I risultati della Commissione speciale furono inviati, l’8 maggio 1853, a Pio IX, e il 2 agosto 1853 furono sottoposti alla revisione dei 20 membri della Consulta teologica. Nella votazione che ne seguì, 18 consultori furono favorevoli a procedere verso la definizione dogmatica, mentre 2 furono contrari.

Il primo fu di nuovo Mons. Vincenzo Tizzani, che non accettò le argomentazioni della Commissione speciale; il secondo fu il domenicano Giacinto De’ Ferrari, commissario del Santo Officio, che ne reputò inopportuna la definizione, perché questa avrebbe contraddetto la stessa Santa Sede che per secoli aveva ritenuta possibile anche la sentenza contraria.

Superate queste difficoltà per le risposte date dal Passaglia e dal Perrone, si raccolsero tutti i risultati dei lavori in una Silloge degli argomenti, che sarebbe servita come base per la stesura della Costituzione apostolica. In essa furono identificati gli argomenti principali: 1. la convenienza di una definizione dogmatica; 2. le fonti bibliche in cui era contenuta; 3. la Tradizione della Chiesa; 4. la festa liturgica; 5. il sensum fidei. Su questi cinque punti di riferimento si sarebbe basata la redazione della bolla dogmatica che avrebbe definito l’Immacolata Concezione.

Il 22 marzo 1854, il Pontefice istituì un’ulteriore “Congregazione cardinalizia consultiva”, con il compito di redigere il documento finale, che sarebbe stato poi sottoposto alla revisione di alcuni Vescovi, che il Papa aveva invitato a Roma per il novembre dello stesso anno da varie parti del mondo. Alla fine dei lavori, si ebbe il testo della costituzione apostolica Ineffabilis Deus, che venne promulgata l’8 dicembre 1854. La mattina di quello stesso giorno, nella Basilica Vaticana fu celebrato il solenne atto della proclamazione del dogma.

*

Per chi volesse saperne di più Stefano M. Cecchin, Maria Immacolata. Il dogma dell’amicizia con Dio, Elledici-Velar, Gorle 2011, pp. 48, euro 3,50. Per l’acquisto Casa Editrice Velar: tel. 035-6592811; E-mail: velar@velar.it; oscar@velar.it.

Dello stesso autore: Stefano Cecchin L’Immacolata Concezione. Breve storia del dogma (Studi mariologici) 

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ZENIT Staff

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