Stephen Hawking non parla da scienziato negando l'opera creatrice di Dio

Secondo il docente di Oxford William Carroll

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SANTIAGO DEL CILE, lunedì, 6 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Non ci sono affermazioni o scoperte scientifiche che possano mettere in dubbio l’opera creatrice di Dio, afferma il professor William Carroll, dell’Università di Oxford (Gran Bretagna).

“Nessuna spiegazione del cambiamento cosmologico o biologico, per quanto affermi di essere basata radicalmente sul caso o sulla contingenza, mette in discussione la considerazione metafisica della creazione, cioè la dipendenza di tutte le cose da Dio come causa. Quando alcuni pensatori negano la creazione basandosi su teorie delle scienze naturali, stanno comprendendo in modo errato la creazione o le scienze naturali, o entrambe le cose”, afferma nel numero 60 di “Humanitas”, rivista di antropologia e cultura cristiana della Pontificia Università Cattolica del Cile.

Con ciò ribatte alla teoria postulata dallo scienziato Stephen Hawking, secondo la quale la creazione di universi multipli a partire dal nulla “non richiede l’intervento di un essere soprannaturale o di un dio”, perché “sorgono naturalmente dalle leggi fisiche”.

Per Carroll, “gli interrogativi sull’ordine, il disegno e il caso nella natura si riferiscono al ‘modo o maniera’ della formazione del mondo. I tentativi delle scienze naturali di spiegare questi aspetti della natura non mettono in discussione il ‘fatto della creazione’”.

Il docente di Teologia compie una considerazione sul recente libro “A Brief History of Time”, in cui Hawking afferma che gli interrogativi fondamentali del carattere dell’esistenza che hanno affascinato per millenni i filosofi sono ora nella sfera di competenza della scienza e “la filosofia è morta”.

A partire da ciò, Carroll invita a una riflessione su ciò che significa la parola “creare”, insieme a un’analisi della capacità di risposta a questa domanda a partire dalle scienze naturali: “l’affermazione – di carattere ampiamente filosofico e certamente non scientifico – che l’universo è autosufficiente e non esiste alcuna necessità di un Creatore per spiegare perché esiste qualcosa e non il nulla è prodotto di confusioni fondamentali circa gli ambiti esplicativi delle scienze naturali e della filosofia”, osserva.

Avverte anche che spesso si cade in un “naturalismo totalizzante”, che elimina la necessità di basarsi su spiegazioni che trascendano le cose fisiche. “La conclusione che a molti sembra ineludibile è che non è necessario ricorrere all’idea di un Creatore, cioè a qualsiasi causa che sia fuori dall’ordine naturale”.

La negazione dell’esistenza di un Creatore si deve, secondo Carroll, al fatto che si suppone che essere creati richieda un inizio temporale. E’ così che si vincola l’accettazione o il rifiuto di un Creatore a quella dell’accoglienza della spiegazione di un fenomeno come il Big Bang, pensando che scartando la possibilità di questo evento originale si elimini la necessità di ricorrere a un Dio come spiegazione causale. Ad ogni modo, prosegue l’autore, “un universo eterno non sarebbe meno dipendente da Dio di un universo temporale”.

La creazione, commenta, non è un cambiamento a partire da qualcosa di già esistente: “è causa radicale di ogni esistenza o di tutto ciò che esiste. La creazione non è un cambiamento. Causare del tutto l’esistenza di una cosa non è produrre un cambiamento in altro, o lavorare su un materiale esistente o con lo stesso. Quando si dice che un atto creativo di Dio avviene ‘a partire dal nulla’, ciò vuol dire che Dio non utilizza nulla per creare tutto ciò che è; non significa che ci sia un cambiamento dal ‘nulla’ a ‘qualcosa’”.

Con ciò si oppone alla teoria di Hawking, secondo la quale la creazione significa semplicemente “mettere in moto l’universo”.

“E’ un errore impiegare argomentazioni delle scienze naturali per negare la creazione, ma è un errore anche ricorrere alla cosmologia come conferma della creazione. La ragione può condurre alla conoscenza del Creatore, ma il cammino si trova nella metafisica e non nelle scienze naturali”, dice.

Ciò è dovuto al fatto che la causalità di Dio rispetto alle creature è di natura diversa dalla causalità e interdipendenza a livello del creato su cui indagano gli scienziati: “La causalità di Dio è così diversa da quella delle creature che non esiste competizione tra le due, cioè non abbiamo bisogno di mettere limiti (…) alla causalità di Dio per dar luogo alla causalità delle creature”.

La domanda sulla causa creatrice si distingue dalla spiegazione del disegno dell’universo. Hawking, sostiene Carroll, nega la necessità di ricorrere a un Gran Disegnatore, ma il postulato di un Creatore risponde a una domanda che si trova a un livello superiore alle affermazioni cosmologiche o biologiche che si rifanno alla possibilità del cambiamento.

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ZENIT Staff

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